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I DUE SECOLI DI VITA DEL R. EDUCATORIO DELLA PROVVIDENZA

nielli, in contrada detta de' Coriari o dei Conciatori,

cantone di S. Eufemia. Le trenta fanciulle della Casa

della Provvidenza attesero per otto mesi il ritorno

della loro fondatrice, vivendo in gravi angustie: pa­

recchie «figlie» dovettero essere licenziate, e parve

che la nascente e non ancor sistemata pia Opera

dovesse rovinare. Ma la pia Madre Lodovica Am­

brosia, donna d'invitta fede nella Divina Provvidenza,

non si perdette d'animo, e deliberò di supplicare

S. M. a degnarsi di ricevere le Figlie della Provvidenza

sotto la sua immediata protezione, affidando a qualche

pia persona, ragguardevole e zelante, la cura della

Casa della Provvidenza. A realizzare questo suo pro­

getto la Madre Lodovica Ambrosia fu validamente

aiutata dal Presidente Prunerij della Rocchia, molto

affezionato alla pia Opera; e, mentre si stendeva la

supplica, si presentò il Conte Renato Birago di Bor-

garo, cavaliere dell’Annunziata, Luogotenente Gene­

rale di Cavalleria e Gran Mastro in secondo della

Casa Reale, il «quale si offerì protettore della Casa

di Provvidenza, quando fosse stato in grado a S. M.

supplicata ».

La supplica presentata dall

’Eccell.mo

Presidente

Siccardi nel mese di giugno dell'anno 1731 ebbe

l'esito sperato, poiché il giovane Re Carlo Ema­

nuele III, pur trovandosi in uno dei momenti più

critici della sua vita, come figlio e come Re, per il

minacciato ritorno al potere di suo padre, Vittorio

Amedeo II, si degnò di accordare verbalmente alla

Casa delle Figlie della Provvidenza la sua immediata

reai protezione, e di chiamare quale protettore il

conte Renato Birago di Borgaro, con facoltà di sce­

gliersi altri collaboratori per la buona amministra­

zione dell'Opera. Il conte Birago scelse come Dama

Direttrice la Marchesa di Caraglio, che, dopo qualche

tempo, per ragione di salute, lasciò la carica, e quale

economo il mercante Spirito Borbonese, molto affe­

zionato all'Opera della Provvidenza.

Grande fu l'attività di queste tre benefiche e

zelanti persone per dare nuovo vigor di vita alla

Casa delle Figlie della Provvidenza. Il conte Birago e

la Marchesa di Caraglio vollero che rigorosamente

si osservassero i regolamenti e le consuetudini, che

già avevano fatto sì buona prova; mentre il sig. Bor­

bonese si adoperò, mediante il frutto del lavoro delle

«Figlie» e i contributi dei benefattori, a risolvere

il problema, non sempre facile, di procurare il pane

quotidiano. Il desiderio di una completa sistemazione

dell'Opera era vivissimo nel conte Birago e nel

sig. Borbonese, e, per quanto stava in loro, l’anda­

vano preparando col redigere regolamenti adatti

all'Opera, mentre sino al 1734 questa non aveva mai

avuto alcun regolamento scritto.

Ma non si poteva procedere all'erezione canonica

della Casa di Provvidenza, se qualche benefattore

non veniva in suo aiuto con un capitale che le per­

mettesse una vita sicura, sia dal punto di vista dei

locali sia per il suo mantenimento. I voti dei due

zelanti protettori dell’Opera

non

tardarono ad essere

esauditi.

Carlo Emanuele III erige in opera stabile

e perpetua la Casa della Provvidenza (1735)

Sul finire del 1733 e all'inizio dell’anno seguente

due notevoli atti di beneficenza valsero finalmente a

consolidare la situazione finanziaria della nascente

Opera Pia e a renderne possibile la definitiva siste­

mazione giuridica.

Il banchiere torinese Bogetti, con una sua dispo­

sizione testamentaria, legò « in capo del p. Dome­

nico Perardi dell'Oratorio di San Filippo a favore

della detta Casa delle Figlie della Provvidenza lire

diecimila da impiegarsi in compra o costruzione d'una

casa per fissa abitazione delle dette Figlie, e che

intanto si dovesse convertire il provento di dette

lire 10.000, impiegate in tanti luoghi di Monti di

S. Giovanni Battista della città di Torino, nel paga­

mento dell'annuo fitto della casa per l'abitazione

delle medesime ».

Pochi mesi dopo, con suo testamento del 25 feb­

braio 1734 (rog. Moia) l'Abate Giuseppe Gianazzo

di Pamparato, già canonico della ven. Collegiata di

Carmagnola, legò tutti i suoi beni per l'erezione di

un canonicato nella Chiesa Metropolitana di Torino

o nella Collegiata di Chieri, col patronato attivo

della famiglia Gianazzo, e, in difetto di detta erezione

di canonicato, tutti i suoi beni cadessero in favore

della Casa delle Figlie della Provvidenza di Torino.

Si verificò appunto quest’ultimo caso; ma, avendo

la famiglia Gianazzo prospettato a S. M. il Re Carlo

Emanuele III il bisogno in cui essa si trovava di tale

eredità, per il « necessario e decoroso sostenta­

mento del suo stato e condizione», S. M. il Re,

udito il parere del suo Consiglio, deliberò che l'ere­

dità dell'Abate Giuseppe Gianazzo venisse divisa in

due parti eguali tra la famiglia Gianazzo e la Casa

della Provvidenza. Con la metà spettante alla famiglia

Gianazzo si doveva erigere una Commenda perpetua

nell'Ordine de' Ss. Maurizio e Lazzaro, col patronato

attivo nella famiglia suddetta, «a favore di tutti

quelli che venivano chiamati alla ragione del canoni­

cato in detto testamento. Qual Commenda o Patro­

nato, estinte le famiglie Gianazzo in esso destinate,

cadesse alla detta Religione de' Ss. Maurizio e Laz­

zaro, con obbligo a detta religione di obbligare ogni

soggetto investito di tale commenda al pagamento

in perpetuo di lire 500 annue di pensione alla sud­

detta Casa della Provvidenza».

La parte dell'eredità Gianazzo, che spettò alla

Casa delle Figlie della Provvidenza, fu di lire 61.942

e soldi 18, somma, per quel tempo, molto notevole,

che, aggiunta al legato Bogetto, permise a S.

M.

il

Re Carlo Emanuele

III

di accogliere la supplica, che il

Conte Renato di Borgaro gli aveva rivolta, per l’ere­

zione canonica in opera stabile e perpetua della Casa

delle Figlie della Provvidenza. E ciò avvenne per le

RR. Patenti in data 4 maggio 1735.

La benevolenza del Re Carlo Emanuele III verso

la Casa delle Figlie della Provvidenza, si rese mani­

festa non solo con il riconoscimento ufficiale e con