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PEDRO ANTONI O DE ALARCON

E LE SUE GI ORNATE TORINESI

All'opera «li IVdro Antonio «le M arn ili, il grande

narratore spagnuolo «lei secolo scorso, la fortuna

ha arrido.

11011

meno che al «li là «lei Pirenei, iu

Italia. Quattro versioni «lei «in» capolavoro,

E l Som­

brero de Ires

jh c o s

( Il cappello a tre punte) ( 1). «lue

«le

E l Escomialo

(2). una rispettivamente «le

E l Nino

de la boia

( I l fanciullo «lei gl«ih«i)(3) e «le

Im Prò-

dipoi

4) hanno diffuso tra «li noi il mime dello scrii-

t«ire «‘he seppe ritrovare, più «l'ima volta, l'incisivo

realisnni. la classica misura, il pensoso umorismo

del Cervantes.

La vita dell'A lareón costituisce, come «juella di

molti altri scrittori della Penisola iberica, un vero

romanzo vissuto. Nato a Cuadix (G ranata) il

10 marzo 1833. abitandomi, diciannovenne appena,

la casa paterna e raggiunse Madrid, dove iniziò la

sua attività letteraria e giornalistica. Al

pronuncia-

mientu

della Guardia Reale di \ icàlvaro (Madrid),

nel 1854. a cui >eguì la riv«ilta di varie città anda­

luse. l'A larciin assunse il comando defili insorti di

Granata, in nome dei principi democratici, pubbli­

cando anche un fogliti anticlericale.

Diresse successivamente un settimanale satirico ma-

drilegno,

E l Lotico

( La sferza), i cui fenici attacchi

ad Isabella I I valsero aU'Alarcón un duello col poeta

venezuelano José Heriberto Garcia de Quevedo

(1819-71). «luelbi da cui uscì incolume per la ge­

nerosità dell'avversari«>. A l s«ipraggiungere della

guerra ispano-marocchina ( 18S9-60) si arruob'i vo­

lontario, combattendo con singolare valore. Il suc­

cesso del suo cohirito giornale di guerra.

Diario de

un testilio de la guerra de Africa

( 1859-60) gli per­

mise di compiere una lunga peregrinazione attra­

verso la Francia, la Svizzera e. più particolarmente,

l'Ita lia , peregrinazione ch'egli descrisse nel volume

De Madrid à ISàpoles

(1861). Deputato per tre le­

gislature alle C«irtes, si ritiri) dalla Politica alla pro­

clamazione di Alfonso X II. per dedicarsi tutto alla

Letteratura.

Appartengono, tra l'altro, a «|uest«i peri«ulo della

sua attiv ità di scrittore

La Alpujarra

( 1874).

E l Som­

brero de tres picos

( 1874).

E l Escóndalo

( 1874) (5),

E l !\ino de la boia

(1880).

E l ca/iitàn Veneno

(1881) e varie raccolte di novelle e di articoli.

Moriva a Yaldemoro (M adrid) il 15 luglio 1891.

I libri di viaggi — si chiamino pure i loro autori

Heine, o Gautier. o Loti — sono inevitabilmente de­

stinati a scontare con un rapido sfiorire la loro trion­

fante freschezza giovanile. A circa «ittant anni dalla

sua comparsa, la già citata cronaca della sc«irri

banda europea dell'Alareón.

De Madrid à ISàfHtles

in cui troviamo alcune curiose impressioni sa

T«irin«i. che ci proponiamo di rievocare ( 6) — non

pini naturalmente più presentare che un interesse

puramente retrospettivo e psicologico. Cronaca fret*

tolosa. d'un impressionismo a volte s«*heletrico, ma

non senza fascimi in «|iiesta sua stessa immediatezza,

anche se talora pu«'i apparire troppo ingenua —

con i suoi entusiasmi, i suoi stupori, le sue rifles­

sioni morali, i suoi abbandoni romantici — a noi

«irmai Impilo smaliziati lettori.

Il 31 ag«ist«i 1860 Pedm Antonio «le A lam in . partito

la imtte innanzi da Valencia, giungeva a Parigi, al*

lora nel pieno fulgore del second«i Impero. I na

delle sue prime cure fu di recarsi a trovare lo scrii

t«ire e disegnatore Charles Y ria rte (7 ). suo con»

pagno di tenda durante la guerra marocchina, ed

illustratore del suo diario africano. ««Accoglienze

«meste e liete » : «pialche minuto dopo era convenuto

che l'Y ria rte avrebbe accompagnato 1 Alarcon ia

Italia.

Dal mese e mezzo trascorso nella « Metrop«*li del

mondo » l'Alarctin ritrasse un profondo disgusto per

la « civiltà ». Flibe tuttavia la fortuna d'incontrare

a Parigi il celebre baritono Giorgio Ronconi; egli

presentò hi scrittore al Rossini che I accolse con la

più simpatica cordialità.

G ra vi avvenimenti s'erano intanto svolti al di l i

delle Alpi. Il Cialdini aveva battuto il Lamoricièrc

a Castelfidardo (21 settembre) e Garibaldi s'era im*

padronito del Regno di Napoli. Tutto un vecchia

mondo stava per crollare, senza speranza di risur*

rezione. I due amici decisero di affrettare la lora

partenza per l'Ita lia , proponendosi di entrarvi pel

la Savoia, di recente annessa alla Francia, di salin

il Monte Bianco e di là scendere — « Annibali I

Napoleoni dell*Arte » — per il Gran San Bernardi

o per il Sempione. Passarono in Italia per quest'ul*

tima via. Orgogliosi di a*er superato il Monti

Bianco, in una stagione così inoltrata, essi voliere

eternare le proprie gesta sul libro de

La Flechèm

• Dia 17 de Octubre.

Mostro» seremos los ultimo* viajeros que pongati

nombre en este libro en el presente ano

».

Effimero trionfo! Appena oltrepassata la frontier

svizzera, s imbatterono in due graziosissime ingle-

«ine che, in compagnia d'un fratello e di alcune

guide, trotterellavano con sorridente serenità sui

|«>ro muletti, dirette a Chamonix. I due...

torta-

rins

sentirono salirsi il rossore al volto al pensiero

rlie le loro emule avrebbero letto l'imprudente fan­

faronata.

San Marco, Isselle, Domo d'Ossola, Baveno...

Anuia— Novara... V ercelli... Chivasso...

« Torino! », « Torino! ».

I «lue balzano a terra. Sono le dieci di notte. F sul

piazzale della stazione, nereggiante di carrozze,

hanno subito uno stupefacente incontro.

Mentre l'A lam in posa il piede sul predellino della

vettura dell

'Hotel d'Europe

, si sente afferrare da

due braccia vigorose, ed una voce potente gli grida

in uno spagnuolo dall'accento barbaro:

i Còrno esta*?

Si volge, e«l « all'incerta luce della luna e... del-

I*" illuminato pubblico» vede uno strano perso­

naggio. elegantemente vestito di nero, alto e f«irte

mine un Sansone, dalla pelle bruna, quasi di mu­

latto, «li cui ricorda aver visto altre volte, non sa

ben dove, gli occhi leonini, i denti d'avorio e la

bella barba corvina.

1

Y Cabotiero? !\o venir contipo?

A «piella domanda. I*Alarcon lo identifica; è Yus-

suf, un marocchino puro sangue, ch'egli e l'Y ria rte

avevano conosciuto durante la guerra d'A frica. V e ­

nuto aU'accampamento spagnuolo durante la tregua

tra la battaglia di Tetuan e quella di Uad-Ras —

dopo aver fieramente combattuto gli invasori —

s'era affezionato ad un loro compagno d'arm i, José

dei Saz Cahallero. Assai avventurosa la storia che

Yussuf narrò di se stesso. Condotto da don Cahal­

lero in Europa, in qualità di maestro d'equitazione,

aveva con lui percorso la Spagna, la Francia e la

Svizzera, sempre vestito all'araba; aveva avuto

l'onore di parlare ad Isabella I I , a Napoleone I I I ed

all'imperatrice Eugenia. Ottenuto dal «suo am ico»

(che doveva giungere a Torino da un momento al*

I altro), il permesso di vestire all'europea, era d i­

venuto l'idolo di tutte le cameriere d'albergo. O r­

mai — egli affermava ai due nuovi ospiti di Torino

— egli conosceva questa città come se vi fosse nato,

poiché viveva all

'Hotel d'Europe.

ed avrebbe loro

fatti» da cicerone.

Mentre Yussuf spiegava così la sua eloquenza, in

un composito linguaggio ispano-arabo-franco-ita*

liano, l'Alarctin gettava dalla vettura uno sguardo

sulla città, che gli produsse subito un'impressione

di dignità e di deganza. Piazza Castello con i suoi

portici tutt'intorno, gli ricordò la P I aia Mavor di

Madrid.

Intorno ai suoi primi contatti con gli abitanti di

Torino egli si esprime con ditirambico entusiasmo:

« G li impiegati della strada ferrata e quelli d e ll'a l­

bergo min la cedono in diligenza e premura a quelli

francesi, ma sono meno teatrali e ridicoli; il coc­

chiere mi è sembrato un uomo onorato; gli agenti

dell'ordine hanno un viso da padre di fam iglia; i

«piadri che adornano la nostra camera rappresen­

tano nobili scene delle tragedie d 'A lfieri... ».

Ve ne sarebbe più che a sufficienza per lusingare

l'ainor proprio dei Torinesi, se l'Autore non insi­

nuasse il dubbio che a sì rosee impressioni abbia

potuto contribuire la visione di una bellissima du­

chessa fiorentina che, coronata di fiori ed avvolta

in un fastoso mantello bianco, attraversò il vasto

salone da pranzo «veramente regale», preceduta

da un cameriere armato di candelabri e seguita da

un ben composto lacchè...

All'indomani del loro arrivo — 22 ottobre — i tre

viaggiatori iniziarono l'esplorazione di Torino.

Dopo un cenno alla travagliatissima storia della no­

stra Città, l'Alarctin passa a descrivere piazza Ca­

stello che gli parve degna d'una grande Capitale.

« Le sue vaste dimensioni, la severa regolarità degli

etlifizi, l'ampiezza dei suoi portici dove "1: «Osanti

disoccupati si dànnti convegno al mattino per veder

passare le dame che vanno a fare acquisti, e soprat­

tutto il venerabile aspetto del

Palais-Madame,

che

campeggia solitario nell'estesa spianata, come un

monumento, un diploma di nobiltà, un ricordo sto­

rico, sorprendono gradevolmente il viaggiatore, di­

sponendo il suo animo in favore del piccolo Stato

che seppe crearsi una sì decorosa M etropoli».

Via di Po, piazza Vittorio Emanuele «u n a delle

più spaziose del mondo », via Dora Grossa (l'attuale

via Garibaldi) al cui termine si distingue piazza

dello Statuto, dominata in lontananza, dalle A lpi

«come uno scenario di teatro... », via Nuova (l'a t ­

tuale via Roma), piazza Carlo Felice... «questa suc­

cessione di piazze e di vie, il cui limite definitivo

è la congiunzione apparente della verde campagna

e del cielo azzurro, presenta — scrive l ' Alarcon —

un aspetto maestoso assai superiore alla decantata

vista di rue de la Paix , della colonna Vendóme e

di rue de Castiglione a Parigi ».

La statua di Emanuele Filiberto, nella « piazza più

beila di Torino ». gli rirordò come gli Spagnuoli do­

vessero, non meno dei Piemontesi, amore e grati­

tudine al grande Condottiero, vincitore dei comuni

nemici.

Mentre saliva la scala del Palazzo Reale, egli si

sentiva invadere da un sentimento, non sapeva se

di tristezza o di timore, al pensiero della terribile

responsabilità in cui il destino aveva collocato Vit­

torio Emanuele II, «impegnato in un'audace im­

presa in coi giocava il tutto per il tutto; anate-

minato e maledetto da intere classi della società.

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