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guardato con odio da fortissime Potenze elle atten­

dono il momento propizio per annichilirlo: vin ci­

tore fortunato, ma che forse non avrebbe disposto

mai ili un *olo istante per assaporare i suoi trionfi,

strumento fatale eletto della Rivoluzione... cam­

pione della imitile impresa di sottrarre l ’Italia alla

dominazione «traniera ».

<^uel ohe più interessò I*M arn ili nel Palazzo Reale

fu il piccolo nido che la defunta principessa C lo ­

tilde. tenuta da tutti i Piemontesi in conto di santa,

aveva saputo crearsi nella fredda solitudine del suo

ampio appartamento, « La Principessa cominciò a

fuggire dal salone alla sua saletta privata, poi fuggi

dalla saletta privata all'alcova, poi si rifugiò nel

•Minuetto di toeletta e da questo passò alla stanza

da bagno. ma trovandola ancora troppo grande per

una persona sola, troppo alta di soffitto, troppo

nuda e solitaria, si nascose dietro una cortina, e

fissò la propria residenza nel vuoto d*uu balcone.

Là pose un divano, uno stralicilo, un tavolino, uno

scaffale minuscolo con una liildioteca in miniatura,

l'occorrente per scrivere, una gallina con un rosi-

pillilo, due vasi di fiori, un tavolinetto da lavoro,

alcuni piccoli ritratti della sua famiglia, uno spec­

chio. un orologio, una lampada... e si stimò per­

fettamente alloggiata ».

Dopo un rapido sguardo all*Armeria Reale. l'A-

larcón tornò all'albergo. donde i tre decisero di

muovere all'assalto del convento dei Cappuccini del

Monte per contemplare Torino in prospettiva. La

sera l'avrebbero passata in un teatro dove, a quanto

diceva l'intelligente marocchino, si rappresentava

una certa

cosa

ch'essi compresero trattarsi della

Marma.

Ascoltare un'opera in Italia? Che cosa di

più naturale, di più appropriato, di più « in d i­

geno »?

Allegri ed orgogliosi, come trionfatori in un paese

conquistato, essi infilarono Via di Po. mescolandosi

alla folla che s'aggirava sotto i portici, pieni di ne­

gozi, di manifesti, di banchi di libri e di frutta, di

botteghe di stampe, di mostre fotografiche, ecc.. ecc.

I tre si misero a

fìanear.

cercando di cogliere, col­

l'attento studio degli uomini e delle cose, l'anim a

del fervido e decisivo momento storico che attra­

versava allora il Piemonte. Si aggregavano ai cap-

pannelli che si formavano intorno ai vocianti ven­

ditori di ritratti di Pio IX . di Vittorio Emanuele,

di Napoleone I I I . di Cavour e di Garibaldi: spia­

vano i volti dei soldati, dei m iliti della Guardia

Nazionale, delle donne e dei preti, ascoltando le

loro esclamazioni ed i loro discorsi, osservavano

come i bersaglieri. « gli Zuavi del Piemonte ». trat­

tassero i militi, quali sguardi si scambiassero i sa­

cerdoti ed i secolari, leggevano i titoli degli innu ­

merevoli fogli volanti

che

vivevano un giorno ed

erano l'espressione candida

e

sincera di ciò

che

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veniva nascosto dai diplomatici... Dovunque, dai

titoli delle vie e delle piazze, dai monumenti, dalle

opere storiche e dalle incisioni, dai quadri e dai

mobili, persino dagli «a rtico li» della moda, si ri­

velava l'adorazione di cui il popolo circondava Casa

Savoia, come se esso «si credesse rappresentato

nella Famiglia Reale ». Ma altro ancora compresero

i tre osservatori: come Torino cominciasse a dispe­

rare di essere la Capitale del nuovo Regno d Italia.

L'attività febbrile con cui il Governo si affrettava

a costruire un grande Parlamento provvisorio af­

finchè la prima assemblea italiana si riunisse a T o ­

rino e non in altra città d'Italia, indicava il timore

della vecchia ('apitale di vedersi annullata dalle sue

stesse gesta.

Cominciava a delinearsi il dissidio tra la Torino

politica e la Torino municipale f 8).

Sboccati in piazza \ ittorio Emanuele, la piccola

brigata dopo aver spaziato lo sguardo sui borghi

di oltre Po. sul fiume, sul pensile Ponte di ferro

e sul Castello del Valentino, sostò un istante alla

Gran Madre di Di<i. poi. lasciando alla sua sinistra

la Vigna della Regina, iniziò la salita del pendìo

ombreggiato da alti pioppi, che conduceva al con­

vento dei Cappuccini del Monte.

Dalla piazzetta della chiesa i tre compagni si affac­

ciarono a contemplare il grandioso panorama della

città.

Tipica l'impressione coloristica ch'essa lasciò nello

scrittore granatino:

« Torino a volo d'uccello si presenta come estrema-

mente rossa, per essere coperta di tegole verniciate

di questo colore, nello stesso modo per cui Parigi

appare cinerina scura per essere coperta d'ardesia.

(Questo rosso dei tetti di Torino fa sì che le vie si

disegnino con netta precisione, simili a lunghi na­

stri giallognoli, e produce un vivissimo contrasto

tra la massa delle case ed il verde della campagna

e l'azzurro del cielo. Orbene, poiché la Capitale

del Piemonte manca di grandi torri e di cupole (9 ).

poiché tutte le case sono della stessa altezza e tutte

le vie sono tagliate ad angolo retto, ne risulta che

a vederla dal convento dei Cappuccini del Monte si

comprende la scherzosa metafora di un cari»simo

amico mio che paragonò Torino ad un mezza libbra

di cioccolato ».

Rientrati all

'Hotel,

ebbero la sorpresa di trovare

alla tavola rotonda le belle inglesine. discese in

Italia non per il Sempione, ma. napoleonicamente.

|ier la più difficile via del Gran San Bernardo. A lla

loro vista i nostri due eroi si misero a divorare in

silenzio la propria umiliazione, nonché... i grissini

che avevano a portata di mano. (L 'A u to re lascia ai

lettori spagnuoli la cura d ’indovinare che cosa siano