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R A S S E G N A D I P O L IT IC A E S T E R A

S P E R A N Z E

D I

P A C E

Con il lodo di Vienna del 2 novembre l'Italia e la

Germania su richiesta delle due parti hanno deciso

la controversia territoriale fra Ungheria e Ceco­

slovacchia. Così anche il lato ungherese della que­

stione cecoslovacca

è

chiuso, e con esso la questione

stessa può considerarsi definitivamente risolta. La

conclusione

è

avvenuta a poco più di un mese di

distanza dagli accordi di Monaco, e ad ogni modo

più presto di quanto lasciassero prevedere i gravi

contrasti manifestatisi nelle precedenti trattative.

L’esito di un arbitrato che doveva esser fatto se­

condo giustizia non poteva in una controversia così

complessa essere il puro e semplice accoglimento

delle richieste di una delle parti. L'Ungheria non

ha avuto Bratislava, e non ha raggiunto il confine

con la Polonia. Le ragioni etniche hanno avuto,

come dovevano avere, il sopravvento sulle ragioni

storico-politiche: il principio che a\eva messo in

moto la revisione dei confini cecoshnacchi per ren­

dere giustizia alle nazionalità che intendevano

uscirne non avrebbe potuto giungere nella sua ap­

plicazione a far torto alle stesse nazionalità che in­

tendono recare in quei confini.

Conservando Bratislava la Cecoslovacchia rimane

in possesso di uno sbocco sul Danubio; col sistema

federativo che questo Stato ora assumerà le nazio­

nalità in esso contenute potranno stare in migliore

convivenza; cessati i motivi di diffidenza e la poli­

tica degli intrighi che tenevano la Cecoslovacchia

in permanente ostilità con i vicini, sarà ora possi­

bile per essa un'epoca di pacifico sviluppo in ami­

chevole cooperazione con i paesi che la circon­

dano. Amichevole cooperazione e spirito nuovo che

permetterà ai residui nuclei di altre nazionalità ri­

masti nei nuovi confini di vivere più dignitosamente

senza il tormento dei sospetti e l'incubo delle op­

pressioni. E con ciò, quel vasto territorio che va

dal Baltico all'Egeo. e che finora è stato così fe­

condo di inimicizie pericolose per la pace d'Eu­

ropa, se non permetterà alla diplomazia europea

di dormire su due guanciali e forse neanche su

uno. le permetterà almeno di guardare con calma

al prossimo avvenire.

Altro buon segno di pace è la decisione del governo

inglese di dare attuazione agli accordi anglo-ita-

liani del 16 aprile scorso. Col rimpatrio di 10.000

nostri legionari, entusiasticamente accolti a Napoli

con l'intervento del Sovrano, il governo inglese ha

avuto un buon pretesto per considerare dal suo

punto di vista «sistemata» la questione spagnola,

e quindi risolta la condizione sospensiva dell'ese-

enzione degli accordi. Il pretesto doveva valere più

che altro contro l'opposizione parlamentare e forse

anche per tranquillizzare un po' gli animi di qual­

che gruppo della maggioranza. È molto probabile

che nelle intenzioni di Chamberlain, che

è

un rea­

lista e un tempista, la questione spagnuola, già

anche come si presentava all'epoca della conclu­

sione degli accordi, non dovesse essere un ostacolo

all'esecuzione degli accordi medesimi. Soltanto egli

non ha voluto farli trangugiare ai politicanti del

suo paese in un boccone solo.

Verso la fine di novembre Chamberlain e il suo

ministro degli esteri Lord Halifax si recheranno a

Parigi dove avranno conversazioni col governo fran­

cese. Questo nuovo incontro

è

considerato come

l'inizio di quell'opera di pacificazione che Chain-

berlain ha manifestato il proposito di intraprendere

subito dopo Monaco per tentare di trovare una

soluzione alle altre questioni ancora in grado di

turbare la pace d'Europa.

Questo proposito trova riscontro in qualche segno

di nuove direttive della politica estera francese ap­

parso dalle dichiarazioni di Daladier e Bonnet al

recente congresso del partito radicale-socialista fran­

cese a Marsiglia.

Francia ed Inghilterra sono divise dalla Germania

dalla questione coloniale. Le prime volte che se ne

parlava, il pensiero correva alla guerra come evento

inevitabile per risolverla. Ora invece si direbbe vi*

cina una soluzione pacifica. Il ministro sud-afri­

cano Pirow sembra il messaggero designato dal go­

verno imperiale britannico per eseguirne i sondaggi

preliminari.

Congiuntamente con le trattative per questo pro­

blema si discuteranno anche le basi per una più

larga intesa fra le quattro grandi potenze occiden­

tali, o senz'altro per il ritorno al Patto a Quattro?

Non corriamo troppo. Ma i pronostici sono buoni.

Gli uomini di buona volontà in grado di fare qual­

cosa sono all'opera. È anche vero però che i loro

avversari non hanno disarmato, ma la loro bal­

danza. già cosi rumorosa, si va affievolendo.

Qualunque sia il risultato di ciò che si sta prepa­

rando è da escludere un arresto nella corsa agli ar­

mamenti, per quanto essa sia da guardare con sere­

nità, ed abbia in modo sempre più manifesto per

ogni Potenza fini di sicurezza e non di aggressione.

La parola del Duce ai combattenti, pur mettendo

in guardia contro ottimismi esagerati e prematuri,

ha annunziato die nel cielo politico dell'Europa la

sona dell'azzurro tende ad estendersi. Attendiamo

con fiducia.

■«NARDO OKMMAUE