Table of Contents Table of Contents
Previous Page  210-211 / 1981 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 210-211 / 1981 Next Page
Page Background

davvero le vittime di questo loro scandagliarsi senza

tregua; (l’arte come pura speculazione). Ne deriva

un allontanamento del reale, un'evasione dalla vita

stessa, un assoluto predominio della attività intellet­

tuale su quella pratica o manuale e, conseguenza ul­

tima, il pessimismo di cui sopra si discorreva, il

pessimismo del Bianchi, il nostro pessimismo. Nel

nostro caso, si tratta naturalmente di

esperienze

da

cui, - dopo le delusioni inevitabili e salutari - l’anima

prenderà le mosse per qualche ulteriore conquista

d’ordine finalmente stabile. Bisognerà però superare

la confessata debolezza dell’«io rimarrò dedente sulla

riva ». Ma su queste esperienze, su questi dubbi, la

poesia del Bianchi acquista un timbro sincero e dolo­

roso che nella confessione - si è visto - si risolve

indirettamente in una accusa, lasciando nello stesso

tempo aperta una speranza di definitiva conoscenza.

La poesia del Bianchi, anche se di primo acchito

può far pensare ad un Saba per certe sue azzurrità

di pieno canto (« La barca si allontana per la voga -

sulla calma marina, - e il saluto dei cari - l’equipaggio

accompagna e quello arranca - nell’accorata luce della

sera ») o ad un Ungaretti per certi versi fermi sul­

l’infinito (« commemoro i felici giorni mediterranei »;

« io penso ad altra voce su altri rami »), trova invece

la sua giustificazione in una ambizione di classicità

che invano tenta di occultarsi sotto la maschera

dell’ermetismo. Su questa linea vcrrcblx* voglia di

pensare a Quasimodo - e le occasioni non manche­

rebbero, anche se si tratta dei più infelici momenti

del Bianchi. Per conto mio trovo che è più esatto

riferirsi a D’Annunzio, sia per quelle cadenze dan­

tesche che già si sono notate nei versi citati, sia per

l’ampiezza di certe imagini, sia per la musica, la

quale, pur violentata, non à voluto spegnersi del

tutto. Aggiungi» ancora che non si tratta di momenti

staccati, bensì di una successione abbastanza con­

tinua che - scartata l’ipotesi della derivazione - po­

trebbe fare indugiare su una possibile affinità di

temperamento. Forse qui, si potrebbe trovare il

vero motivo per cui il Bianchi non può «jsere messo

vicino a nessuno dei poeti di

Circoli

; la eccezione

per Quasimodo è esclusivamente formulata su riso­

nanze formali, allo stesso modo che,-se a proposito

di

Ofelia

o di

Cippo

, si volesse insistere per un riferi­

mento alla poesia di Aggelo Barile, per via del tono

elegiaco o della palese ricerca di eleganza espressiva; o

se volendo portare una prova alla sopra notata ambi­

zione classicistica del Bianchi, si volesse parlare del

Foscolo a proposito di

Patroclo

che «attende che

ìa notte lo proclami - eroe, ma d’intorno la sconfitta -

latra lugubre negli accampamenti - e le tende af­

flosciate sopra i cuori -divelte retrocedono allo scampo

e i morti solamente fanno spalto ». In ogni caso, i

riferimenti - esclusi quelli al D’Annunzio - sarebbero

se non arbitrari, per lo meno inutili. Una buona ra­

gione di questo argomento è poi ancora la sensualità

del Bianchi, una sensualità un po’ cinica e, così

ragionata da tentare - ma il tentativo è faciime

smascherabile - di apparire come un modo di es

«... lascia ch’io scorci - con l’ansia del mio desidi

- la tua nudità che palesa - lo scabro del virgulto

il pieno degli orci »; «... figlia di invisibili scalptl

- esiti sulla soglia - «lei mistero carnale. - Statua dei

nostra prima gioia - insegni a noi che siamo ai

vari anni ho riletto

integralm ente il

«Cestello.

•perache mi accompagnò per l’infanzia, mi crebbe

IL

POETA DEL PARADISO TERRESTRE

®

o|»uvari anni no riletti

i

n r

iac ompj]

«•ol battere degli occhi ». In fondo, ogni grido è stanT

c troppo voluto ed alla nostra memoria vien fat

di fermarsi per analogie non soltanto di suono,

Libro d'lunotto.

Eppure noi siamo certi che per

Bianchi non si tratta nè di derivazioni nè di reinii

scenze; ogni spiegazione la si trova nel suo tempe atto deU’esistenza una cosa astrusa e cupa, anche

mento ed è di natura psicologica.

|U«*lli

che cantano chiuso, che soffrono d un amara

pcrienza troppo matura, di già, troppo intensa,

tbbiano improvvisi desiderii di distensione, «li pace

d’oblio, ('osi ho riaperto il volume prezioso «li

Mette ancora il conto «li fermarsi su una partieoi ^gmi», Silvio Novaro, il non mortale maestro del

Fabbro armonioso », «Iellatissimo poeta « per i pie-

foli ”, come ha scritto, con quella modestia pura,

utta sua, sulla copertina «lei «Cestello», «liciotto

nni fa. «[Uando lo pubblicò.

Uomini tristi o scoraggiati, dolorosi giovani amari,

rità propria «Iella poesia del Bianchi. Voglio «lire

un suo

guato dell'antipoetico

che sovente viene a sgreti

lare oltre ;m1 ogni intensità lirica, anche la ste*

raccolta atmosfera del canto. È un po’ la sua man

e finisce di diventare gravissimo difetto. Quei

gatto dell'antipoetico

- e la definizione mi pare al

bastanza esatta - si manifesta nella scelta di panfPri,‘* <on nw* *lu«,sta ««-colta freschissima, freschis-

stranissime e non appmpriate che ogni tanto

intro«lucono brutalmente n«*l corpo d’un verso o d’in luna vita intima non fallace, «l’un alito non spento

strofa. Si direbbe che il Bianchi si studi di ricerca li poesia. Aprite e scegliete n«d cestello fragrante di

queste forme, per far acquistare in originalità al 'rutti e profumi, «li vive e verili f«»glie, di aria chiara e

sua poesia. Non gli si può «lare ragione, anche perei pavane tanto. La vita ch«* pure si rivela così greve

il Bianchi in realtà, ottiene l’effetto opposto a quel

che si riprometteva. Ne conseguono infatti pause

nessuna consistenza lirica o d’una m«‘ccanicità seni

alcuna efficacia «li poesia: « 11mio

axxillante xproloqt

- ti pane forse una esasperazione - «Iella tua so

tudine »; •<La spiaggia «li Lavagna è in

catalessi

sotto l’«m>

roltaico

«Iella luna -... »; «Nell’orto

Liguria - il livido dei cavoli - e la

ncrrori

dell’as)

ragiaia...»; «Nell’imp«*to del canto, - filtri segreti

una felice

oxmoxi

»

dell’orizzonte - e vuota la celeste urna - di •st4e ,

spente » - ed alcune imagini di esclusiva brava ^

«Ielle quali egli sembra compiacersi in specialissil

modo: « Bianche vampe di sole sopra il «•ircolo

di noi che stiamo agli orli di una fossa. - Si penM

gli esercizi dello spirito - attaccato al trapezio de

ossa »; in questi ultimi «lue versi, una vena «li surra

linguaggio; su questa osservazione si può comprend

meglio il tono polemico

della sua poesia, il tono

pai

mico del suo stesso atteggiamento spirituale - esf

che altrimenti, rimarrebbero inspiegabili o in tropfl

ombra.

MCCMSfl

serenò

tante volte pensieri ancor appena in gertno-

1io, m ’ad d itò

qu»*lla «poesia » che poi «loveva «liv«»-

ire runica ragione <l«dla mia vita.

Avviene talora ch«* anche gli uomini che hanno

ima attraverso gli anni, segno questo indubitabile

n«»i cotidiani, «*«•<*<» all«*gg«*rirsi «l’un tratto, «*»•»•»

aspirare aperta «* sorridere, «*»•<•<> v«*nir«* incontro i

mesi, le stagioni, liete e festanti, «‘eco esseri della

[•ara, immutabile, fraterna natura, aprire canti al

icl«) e al sole.

Liriche vi sono che vi hanno seguito, uomini affa-

icati, fin «la quando, la cartella a tracolla, passavate

per campi o stra«le des»‘rte e nevose, o per affannose

città, in sulla prima mattina, e per farvi compagnia

Inoltre si deblxmo rimproverare al Bianchi col i memoria le ripetevate sommessi, lietamente. Li-

sue rigonfie usuali imagini «li eccessività baroc« rich«* che avrete forse fatto mutare ai vostri figli,

... Ritorna fla luce] dall’orgia notturna - sulla so^

joq

tanti vaghi cari riconli «li troppo lontane ore

rene nei banchi di vostre irreperibili scuole. Versi

e vi poss»>no essere compagni ora «*ome ieri; ora

foni** ieri fugamlo la vostro s«ditudine. Sia dato oggi,

ad un ]x>eta che è, ormai ne è più che certo, doloroso,

di pertamente rendere grazie a questo maestro di

'ita. a questo santo Francese della p«>esia, giovane

lismo non saputa sacrificare, à rotto la stessa serid Rovaio, uomo di pace, Novaro alleviatore di pene,

ideologica della prima imagine. Ma anche qued &>n è possibile che un dolce affanno di passate letizie

stramberia del Bianchi sembra connaturata a! 81 Don vi prenda quando leggete « Il canto del gallo »,

spirito, come una suprema irrisione allo stesso cada uh, dolcissimo:

Quando al poggiolo appaia

raurora mattiniera,

il gallo che tu l'aia

dormì la notte nera,

ti treglia e canta:

È qui!

e v»*dete quanto mattiniera e fresca, rugia«l«»sa questa

novariana inconfondibile aurora, «pianto canoro il

gallo che esce «lai nero notturno, quanto chiaro il

suo risveglio, e lieto, e avido «li vivere.

E l'ode il carrettiere

,

e mette al mulo i fiocchi

,

mette le xonagliere

,

e ria con alti xchiocchi

cerxo il fiammante d).

Tutto Novaro è un continuo risvegliarsi gioioso

con un’ansia sempre più intensa «li bellezza «*«li amore,

un aprir»* occhi riposati e casti sul mondo meravi­

glioso, uno scoprire la grande fiaba «lell’esistenza che

Iddio ci ha donato e che dobbiamo saper intendere

n«*l suo giusto valore.

Inconfontlibile poeta, l’unico ottimista, l’unico che

penetri nel cuor»* «li tutti, e che, penetratovi, resti

immutabilmente caro e giovane, accompagni esistenze

intere, generazioni e g«*nerazioni, e sempre per ognuno

sia l»*gato ai momenti più «lolci «Iella vita. L’uni«*o

cui si ritorna «juando si ha bisogno di pace, ma «li

<|U«*lla intima, che non si confessa a nessuno, che

ci chiiulianm in cuore come una aff»*ttuosa ricchezza,

un prezioso s«*greto che ci j>ermetta «li sorrùiere nelle

aspr«*zze, «li sjMTare nella sofferenza.

ila «‘reato ligurt» e esseri, essen«lo riuscito a fissare,

in tjuelle sue ingenue rime baciate semplicissime d’un

primitivismo genuino wl onesto, figure ed esseri che

interpretano il vero senso della natura; sublime natura

in «juesti suoi v«*rsi casti rivela, prorompono grida

gioiose di allegria e «li festa, fiori crescono e ridono

da ogni parte, il nostro sentiero si trasfigura, la terra

è un para«liso; colori riempiono gli occhi e le anime,

pilli, stelle, usignuoli, bimbi, rondini, raggi spade di

sole, lune pacate e gentili, pastorelle, alberi fioriti,

ranocchi sorpresi e ruscelli, mamme care e pensose,

vibrano intorno a noi, riempiono gli anni, scoprono

fiducie non sospettate, alleviano; un desiderio di

restar fanciulli, almeno nell’animo, ci vince e ci fa

migliori.

E tutto illumina una incancellabile fede ferma in

Dio, cui questo poeta ha levato lodi e lodi, con grati-

tudine schietta e gentile, per desiderio di facilitare

agli uomini, fratelli suoi, conoscenxa amorosa di

Colui che ci ha fatti, come ha creato il « paradiso

terrestre >.

Cosi voglio definire Angiolo 8ilvio Novaro: il poeta

del paradiso terrestre.