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IN MARGINE ALA MOSTRA DEL GOTICO E RINASCIMENTO PIEMONTESE

TORINO MEDIOEVALE ECINQUECENTESCA

M

entre si svolge a palazzo Carignano la

Mostra del Gotico e del Rinascimento in

Piemonte riuscirà interessante passare in ras­

segna quanto resta a Torino di edifìci sorti

Ira il Tre e il Cinquecento. Non una minuta

descrizione, che esorbiterebbe dai limiti d’un

articolo. Una specie d’inventario.

Il

pezzo medioevale più cospicuo è costi­

tuito dalla parte est del palazzo Madama.

Tutti conoscono questo augusto blocco edi­

lizio nel quale si ritrovano i segni di due

millenni di storia e di vita torinese.

Ivi, al tempo di Roma, dietro l'attuale fac­

ciata ovest era la Porta Decumana a quattro

turnici, di proporzioni e disegno simili alla

Porta Palatina. Ad essa appartenevano le due

torri ora aderenti al corpo settecentesco. In

una delle torri romane — quella di mezzo­

giorno — funziona l’ascensore che conduce i

visitatori all'ultimo piano; nell’altra, a nord,

all’altezza del piano primo, si apre il sontuoso

gabinetto ornato, sopra uno degli usci, da un

ltel ritratto di Madama Cristina.

La costruzione romana cessò d’esser ingresso

urbano nell’ultimo quarto del secolo decimo-

terzo. Dal 1276 Torino cadeva in possesso del

marchese di Monferrato, Guglielmo V II, che

a ridosso della porta augustea, verso la cam­

pagna, fece innalzare una rocca chiamata

casa di forza »: un massiccio edificio rettan­

golare coronato di merli e munito di torricelle

ai due angoli di levante. Di tutto ciò, grazie

alle geniali ricerche compiute cinquantanni

or sono da Alfredo d’Andrade e Cesare Bertea,

abbiamo oggi stupendi disegni allora tracciati

e nel 1928 riprodotti nel volume scrìtto da

Augusto Telluccini, edito a cura del Comune,

libro il quale segue e illustra le successive

trasformazioni subite, attraverso diciotto se­

coli, da quello che nel Seicento — perìodo

di Cristina di Francia — si battezzò palazzo

Madama.

La denominazione di « casa di forza » ap­

pare in un trattato del 1280 con cui il mar­

chese del Monferrato, nel frattempo caduto

prigioniero, cedeva Torino al conte Tom­

maso I I I di Savoia: prezzo per riacquistare la

perduta libertà. Il dominio di Guglielmo V II

sulla città

no stra

non era durato che quattro

anni. La rocca da lui fatta erigere aveva bloc­

cato la Porta Decumana, hi dovè perciò

creare un'altra pubblica comunicazione tra

la città e il contado, e si costruì lì vicino,

nel muro romano, una nuova porta con arco

a pieno sesto, detta di Po, indi Fibellona.

Questa porta medioevale s’apriva a sud del

castello e chiunque si reca a visitare palazzo

Madama può osservarne lo stipite e l’arco in

un trincerone sistemato apposta.

Sulla parete, un chiaro graffito a colori in­

dica come s’ingrandì via via il palazzo.

Quando assunse, verso oriente, la struttura

e la fisionomia attuali? Fu a cominciare

dal 1403, per iniziativa del principe Ludo­

vico d’Acaja. I suoi successori fecei

‘se­

guire i lavori. La rocca di Guglielmo VII

venne molto ampliata in profondità e in al­

tezza, munita dei due alti torrioni a levante

e rafforzata da altre torri quadrate laterali

più basse, poi demolite. La nuova fabbrica

fu merlata. Si ritiene che i due torrioni siano

della seconda metà del Quattrocento.

Le opere degli ultimi dieci anni hanno

restituito a notevoli parti dell’esterno quat­

trocentesco il loro nobile aspetto originario.

Di più, neH*interno. si è ripristinato a pian

terreno il salone detto « del principe d’Acaja »,

sopprimendo quel ponte che, fino al 1927,

permetteva il pubblico passaggio sotto l’atrio.

Come si presentava la località alla fine del

Cinqueceuio? Lo rileviamo da un disegno a

penna su pergamena custodito nell’Archivio

di Stato. Volgiamo le spalle al Po. Il castello

aveva dinanzi un terrapieno triangolare; a si­

nistra, presso la base del terrapieno, la porta

Fibellona, aperta, ripetiamo, nella cinta ro­

mana. A destra, una lunga galleria, costruita

nel 1497, collegava il castello al palazzo del

Vescovo, che sorgeva nello spazio adesso oc­

cupato dal Palazzo Reale. La gallerìa, pro­

lungatesi in quella ch’è ora l’Armerìa, fu

abbattuta ai primi dell’Ottocento, durante la

dominazione francese. Di là dal castello, ri­

spettivamente davanti all’attuale reggia e al­

l’imbocco di via Roma, erano due gruppi di

case. A ben poco spazio, dunque, si rìduceva

la piazza.

Retrocediamo d'un secolo e mezzo per get­

tare uno sguardo sull’intera città nel 1416,

data d’una carta topografica annessa alla no­

tissima guida del Paroletti. Torino conser­

vava la forma di quadrato campo

i o m m

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