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linea di Torino. Era la linea «dei signori*; o meglio

delle signore. Le sue vetture, scelte con cura, pulite,

ariose rappresentavano una specie di salotto. Due se­

dili, capaci complessivamente di ben sedici posti, se­

dili ampi, comodi, tatti con razionali ondulazioni dieci

volte più piacevoli che non le poltroni ine attuali le

quali, caso incomprensibile, appunto perchè fatte con

la massima razionalità, pare che abbiano trovato il

modo di avere protuberanze e rientramenti proprio

nei punti in cui il corpo umano desidererebbe il ro­

vescio. Erano le rosse vetture dell’ ALTA ITALIA che

percorrevano la linea PIAZZA CASTELLO -CAVAL­

CAV IA . Oggi si direbbe: quale Cavalcavia? Allora

non ce n era bisogno. Il cavalcavia per antonomasia,

era quello di corso Soinmeiller, laggiù alla periferia (!)

di Torino; e le vetture della linea i partivano in per­

fetto orario da piazza Castello, dal punto dove oggi

c’è il monumento ai Cavalieri d’Italia: ne partivano

due, l una in un senso, l’altra in senso opposto. Con

andatura composta, senza velocità sfrenate, le vetture

imboccavano la diagonale Pietro Micca e per piazza

Solferino e piazza Venezia (oggi scomparsa) arrivano

in corso Siccardi. Giravano disinvolte attorno al mo­

numento a Vittorio, proseguivano nell’elegante giar­

dino di villette e di parchi della vecchia piazza d’ Armi,

arrivavano a corso Peschiera. Passavano a dare una

sbirciatala al movimento di Porta Nuova, sul Caval­

cavia, ma giunte a destinazione, non ritornavano in­

dietro; per il cunicolo di via Valperga, sboccavano

subito al Valentino e percorrevano lente e scampanel­

lanti il lato ovest del parco fino a corso Vittorio.

Qualche giravolta in Borgo Nuovo (quanti torinesi

sanno ora dove era Borgo Nuovo? La dizione è ri­

masta solo come insegna di un Commissariato di po­

lizia !) e quindi trionfale arrivo in piazza Carlo Alberto

e per via Po, ritorno al capolinea dove puntualmente

dava il cambio alla vettura che aspettava.

Successivamente la linea i hanno cominciato ad

ammazzarla col farle tare un percorso quanto mai

bislacco. Era una specie di OTTO con incrocio presso

la ciambella di corso Peschiera angolo corso Galileo

Ferraris; da una parte l’O TTO aveva le due braccia

aperte e i due capilinea erano a piazza Sabotino e al

Mauriziano. Un pasticcio che è durato qualche tempo,

per cui chi non era pratico finiva sempre per roteare

in senso contrario alla direzione più breve. Si è ovviato

all’inconveniente mutilando la linea con un percorso

scheletrico dal Mauriziano a piazza Castello. Natural­

mente non serviva a nessuno, per conseguenza partiva

una corsa ogni io minuti, motivo per cui anche quei

pochi che volevano servirsene finivano per rinunciarvi.

E così è stata soppressa. Ne ha raccolto l’eredità l’au­

tobus A : 1111 successone di cui però non parliamo

perchè qui trattiamo solo dei tram. Il successo però

non è solo dovuto al trionfo della gomma sulla rotaia,

ma anche al percorso razionalmente modificato e alla

maggiore velocità di spostamento.

Parlando di linee decadute non si possono dimen­

ticare la 9 e la 15. Queste non sono, dall’antico splen­

dore, cadute così rovinosamente 111 basso come il DUE,

ma non sono più tra le principalissime di tutta la rete;

quando con l’appellativo di LINEA A e di LINEA E

percorrevano il cuore di Torino, da Porta Nuova a

piazza Castello per la vecchia via Roma. Con le loro

corse frequenti, col loro andare rapido, esse congiun­

gevano realmente i due principali centri di Torino.

Oggi il loro compito è 11

0 adempiuto dal­

l'autobus A, il quale, se pur velocissimo oltre il desi­

derabile, per la scarsezza delle fermate e soprattutto,

per la rarefazione delle vetture, non serve proprio a

portare i passeggeri da piazza Castello a Porta Nuova

e viceversa. Ci sarebbero altre linee, ma l’adozione del

senso unico, così utile alla circolazione, ma così sco­

modo e male accetto alla cittadinanza, le rende inu­

tilizzabili. Oggi da piazza Castello chi vuole andare

a prendere il treno a Porta Nuova, fa bene a fidarsi

solo delle proprie gambe, se pur non riesce a trovare

un taxi. E per 1111 servizio pubblico tranviario, questa

constatazione non è certo un elogio.

La linea A era l’antica B A R R IE R A DI O R B A S -

S A N O -B A R R IE R A DI LANZO . È rimasta prati­

camente la stessa, anche se ai due capilinea si è giudi­

ziosamente prolungata. Da una parte è diventata la

linea delle rose che, specialmente il giovedì, porta al

grazioso santuario della Santa degli Impossibili, i fiori,

le preghiere, la devozione di tante e tante donne tori­

nesi; dall’altra si arrischia oltre il cavalcavia della sta­

zione di Torino Dora avanzando in Borgo Vittoria.

La 15 ha conservato il suo capolinea al Ponte Isa­

bella, ormai tradizionale e classico, anche se illogico;

è però stata esclusa dalla piazza Castello. Dirottata per

piazza Solferino, arriva a Porta Palazzo per via San

Francesco d’ Assisi e via Milano, e, invece di fermarsi

all’ex dazio di corso Vercelli, prosegue ancora un po­

chino nel popoloso rione della Barriera di Milano.

Anche se un pochino decadute, sono tuttavia due

linee che lavorano attivamente, lavorano sodo, forse

meglio la 9 che non la 15. Serie, affollate, senza

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