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pane e

1

asso intorno a cui

si vive senza pane li

rota la sita.

Il pane ha oltre quaranta secoli ili vita. H* seni

pre stato e sarà sempre. Il primo mulino fu la bocca

dell'uomo, l/uomo primitivo masticando i chicchi

ili grano, crudi dapprima tostati in un secondo tem

p ». ‘ i accorse che essi secernevano una fecola deli­

ziosa e adattissima alla nutrizione. K furono i pist >nt

i mortai i martelli, i precursori dei lontanissimi mu

lini a macina dei tempi ili Mose. Abramo offrì quel

pane rudimentale agli angeli nella Valle di Mamrò.

Ma allora più che di ciò che noi intendiamo per

pane, doveva trattarsi di una ■pappa ••. di un im

paste» di farina ed acqua, più o meno cotta. Pensa

rono poi di far cuocere questa pappa su lastre o su

mattoni caldi. Nacque il pane senza lieviti). Quindi

venne all’uomo l'idea della fermentazione,

jkt

otte

nere un cibo più sostanzioso, e trovò il .. luogo riscal

dato ed ermeticamente chiuso

Il pronipote del

forno.

Pcita patina. ma i levò un sach d far/fui

dice i n vecchio indovinello piemontese alludendo al

lievito, il genitore del pane moderno. Moderno per

modo di dire poiché il pane così come è oyyi ha non

meno ili tremila anni di vita. Piuttosto raffermo!

K’ v iro il 2026 che appare nella Bibbia e sembri

che Abramo ne fosse particolarmente ghiotto. Ma i

primi documenti ufficiali sono i monumenti egiziani

risalenti al 209(1 avanti Cristo ed un affresco rinve­

nuto nella tomba di Ramsete III. faraone della XX

Dinastia. Come in un cartone animato o in una suite

»li fumetti è raffigurato tutto il lavoro del fornaio

egizio del tempo e di tutti i tempi. Si legge : -

II

fornaio impasta il pane, lo mette al forno, e mentre

la <ua testa è nell'interno del forno, il figlio lo regge

Per te gambe. Se sfugge alle mani del figlio, cade tra

le fiamme

■•. Dieci secoli dopo, i fornai romani die­

dero nuovo impulso alla cottura del pane come ci

dimostra il forno dissepolto quasi intatto a Pompei.

In quel Museo possiamo vedere pani che il garzone

aveva appena messo a cuocere quando fu travolto dal

cataclisma. Non vi è sostanziale differenza tra quelle

pagnotte e le odierne. Forse il grano sarà macinato

più fine, forse il pane sarà cotto con più cura e mag

giore igiene; ma il suo sapore d suo valore nutritivo

base, sono pur sempre quelli. Cleopatra mangiava lo

stesso pane della Regina Elisabetta.

In questo lentissimo, quasi impercettibile, pro­

gredire che si potrebbe definire uno stancismo. è la

forza immortale del pane come di tutti gli alimenti

bafe: il latte, il vino. Con questa sua essenziale vita

lità diventa prota;onista e motore della Storia; dalle

rivolte dei legionari romani alle grandi distribuzioni

propagardistiche ili Nerone e Osare, alla fame

disperata delle orde di Attila, alle rivoluzioni fatte

sono l’insegna di • pane! alle brioches di Maria

/

(

Antonietta, ai fornai eroici della rivolta di Varsavia.

In antichissimi tempi, costituì una linea gotica

tra le caste. Nell’Egitto Faraonico, il pane di grano

era riservato soltanto ai nobili; il Popolo non aveva

diritto che a quello di orzo e spelta. Per arrivare sino

a Roma, il pane di farina dovette conquistare la Jo-

nia e la Grecia e soppiantò nelPU^be il tradizionale

vecchio ■

puh

». Plinio racconta che i primi forni

furono aperti a Roma due secoli avanti Cristo dopo

la vittoria sulla Macedonia. Prima di allora, il pane

veniva cotto in forni privati che si trovavano presso

tutte le più grandi famiglie ed era lavorato da schia­

vi specializzati. Anche nel primo Medioevo, i signori

feudali imposero il pane dei loro forni così come i

propri mulini ai feudataria Pian piano, i fornaj par

tirono alla riscossa e si costituirono in corporazioni

le quali dapprima si limitavano a cuocere li pane dei

clienti e in un secondo tempo, fornirono pane prò-