

seguì rapida ed a due anni dall'accolta implorazione
nella riconosciuta terra di Patagonia si stabiliva il pri
mo scaglione della prima missione straniera accorsa
in quella regione inospitale.
« L'America è fatta di grandi metropoli e d i cam
pagne deserte ». Da questa considerazione don Bosco
dedusse la necessità religiosa e sociale di una mis
sione integrale e tracciò il piano della sua opera evan
gelizzatrice proponendo:
— missione territoriale: terra di missione
— missione sussidiaria: in terra di missione
— opera di integrazione missionaria: fuori di terra
di missione.
E l’opera di don Bosco procedette e si estese.
La protesse l’anelito di santi quali Domenico Savio
che offri il suo credo: « la morte ma non peccati ». la
sostenne la buona volontà di validi collaboratori, la
facilitò la cooperazione di nuovi aderenti quali Zefi-
rino Namoncura — il figlio adolescente del ><re della
Pampas », il Cacico Namoncura — che in concetto
di santità ascese alla vita immortale a diciannove anni
dopo d i aver aderito al cattolicesimo e a ll’opera mis
sionaria per la predicazione del Cagherò e d i aver
fatto di sé protagonista d ’agiografia della struttura di
un Domenico Savio.
Il diagramma dell’opera di don Bosco ascese quin
di al Brasile. Non importa se la freccia si ferma ad
una modesta e sprovvista costruzione indigena d i pie
tra e paglia ove ha sede la casa missionaria. Le fon
damenta sono sulla roccia e il mare non le avrà a
portare via.
Bolivia, Perù. Equador, Venezuela: il grafico sale.
I
salesiani asciugano lacrime, svegliano coscienze,
illuminano anime, offrono fratellanza e misericordia,
giovano anche ai tardi discendenti di quegli Incas di
cui europei sparsero il sangue, a cui europei disco
nobbero fratellanza, negarono misericordia.
La messe cresce; e questa volta sono operaie a
venire in aiuto.
Nel 1877 parte da Momese. paesetto vicino ad
Alessandria e natale della fondatrice beata Maria
Mazzarello. il primo stuolo di suore salesiane. E su
tutti, operai e operaie del Signore, agisce l’esortazione
ed il monito del Santo: « Voglio che siate luce. Non
perchè vi siano colà tenebre; ma per aggiungere luce
a luce ». Frase intensa e generosa in cui il monito
non è meno impegnativo dell’esortazione. L ’esorta
zione è di giungere all’ottimo. Il monito è di neppur
sottovalutare le creature che si va a soccorrere. Esse
pure sono luce. D i splendore velato per quel chiuso
in cui è costretta, per quella patina che l’ignoranza
del Cristo, la prim itività dell’esistenza, la prassi pa
gana le ha posto a schermo, ma sempre e comunque
luce viva di anime da scoprire alla libera luminosità
E nello stand d i esemplari del mondo animale, vege
tale, minerale e del manufatto indigeno, in mezzo le
collane di denti di tigre, il mus:cale rondadoz (flauti;'
di canne, la chitarra di rozzo intaglio, i tucani impa
gliati dallo smisurato becco giallo, il variopinto m inu
scolo pennuto « callisti jeni » d i inverosimile m inu
tezza fisica, di capino verde e di dorso nero che si
chiazza al centro d i largo sanguigno che ravviva quel
lutto o forse rende ancor più luttuoso quel nero am-
morbidentesi poi tutto nell’azzurro fosforescente del
ventre, è presente una croce; non affrettatamente
grezza e neppure virtuosisticamente elaborata ma di
fattura precisa e decorosa che appare frutto di con
sapevole adesione e di autentica buona volontà.
Il
grosso mappamondo, cui è riservato per intero
uno stand, conclude la rassegna dell’opera di apo
stolato missionario salesiano in America del sud. con
il presentarci, in concezione architettonica, l’unica
soluzione possibile per la vita immanente e per la fu
tura trascendente il tempo e lo spazio: l’asse di rota
zione trafitti i poli si innalza a nord a secarsi con
segmento orizzontale formando la Croce intorno cui
rotare la nostra esistenza, su cui equilibrarci, cui
sottostare, cui vertere. E prospettato, su una parete
dello stand, è il bivio sociale:
Cristianesimo -f- progresso materiale = civiltà
Progresso materiale — cristianesimo = barbarie
Anticipa l’atmosfera dell’EstTemo Oriente che am
bienta la prima parte del secondo padiglione sale
siano, un luminoso giardinetto che riproduce il tipo
di cui si allieta la casa benestante giapponese. G li
elementi indigeni sono raggruppati con armonia di
linee, freschezza di colori, sobrietà di costruzioni;
dal ponticello breve di solida fragilità che unisce i
bordi opposti del laghetto di contomo sinuoso ripe
tente i motivi cari all’architettura orientale, ai cu
scini fioriti in tinte lievi e multicolori che macchiano
in asimmetrie bilanciate il prato raso attraverso il
quale si snoda una stradina di pietre ineguali profi
late ciascuna teneramente alla base da frangia sottile
di erba, al piccolo canile in bambù dal tetto spio
vente che pone tocco definitivo di verosimiglianza
all’intim ità cosi riuscitamente comunicata.
L ’Estremo Oriente presenta di sé documenta
zione affascinante d i molto di ciò che fu visto, con
statato, accolto, respinto, ammirato, biasimato: rap
presentanze numerose eppure esigue ci parlano di
questo mondo d i favole e di realtà, d i splendore e
di miseria, d i civiltà e di regresso, d i pacificità e di
sanguinarietà. Nelle vetrine, a centinaia, opere arti
stiche cinesi di proporzioni minute e d i fattura in
credibilmente accurata il cui valore è supponibile
oltre d ie dal materiale usato, dalla lavorazione stupe
facente con cui .sono trattati gli avori, le porcellane
variopinte, le bionde tartarughe che modellano volti
deformi di divinità, gli ebani dei cofani intarsiati di
madreperla, le giade, le ambre, le sete di questo
splendido povero paese io cui quanto manca di grano
o di servizi ig ienid . abbonda in godute e godibili
bellezze e ricchezze di non risolvente impiego mate
12