

riale ma semolatrici di sogni di estetica grandezza,
donatrici di appagamenti visivi o tattili.
Poche ciotole di riso avranno sostenuto la fatica
delle ricamatrici la coperta che stesa sul letto cinese
d i lacca rossa rabescata d ’oro ci dà in sfumature pecu
liari, ma ormai note e care anche all'occhio ed alla
memoria dell'occidentale, la fauna e la flora del giar
dino d ’oriente tutto freschezza di peschi in fiore e
inulticolorietà di pennuti indigeni.
In accogliente disordine di cuscini, chicchere,
teiere, penetriamo l’intim ità del salotto cinese, cui
aumenta atmosfera il tepore del caminetto suppo
nibile dietro il prodigioso parafuoco in seta verde
smorto, su cui profonde colori appena spenti la va
rietà dei fiori autunnali che si riflettono nello spec
chio che, appeso alla parete opposta, interrompe l’un i
tà argentea del proprio piano riflettente per intarsi
colorati traccianti forme di alberi fioriti e di uccelli
variopinti.
Una armatura autentica d i Samurai mitiga la sua
terribilità per la vicinanza di un Samurai minimo e
per nulla temibile nella levigatezza del viso di por
cellana su cui nessuna ombra sottolineante ferocia
trova posto, ma che garantisce della bellicosità vis
suta dall'antico guerriero nell’armatura e nell'abbi-
gliamento riprodotti accuratamente.
Manufatti d i ottimo effetto troviamo realizzati in
bambù.
Il
coadiutore salesiano Maccari rientrato in
Occidente dopo vent’anni di permanenza missionaria
in Oriente, soccorre, insieme ad altri incaricati, alle
ignoranze dei visitatori ed appaga le loro curiosità
con i frutti della sua esperienza allogena e riguardo
al bambù ci informa di come esso sia totalmente e
abitualmente utilizzato nell’economia cinese e giap
ponese: dai teneri germogli d ie costituiscono quoti
diano e prelibato cibo che viene anche conservato
in scatola per un p iù pronto uso e per l’esportazione,
al midollo dai mille usi, alla canna d ie attraverso i
più svariati impieghi è elemento basilare nell’ardii-
tettura e nell’edilizia.
Dopo un elaboratissimo splendido tempietto, esem
plare di quelli conservati nelle case giapponesi più
abbienti — davanti alle porte spalancate del quale
si brucia incenso al culto degli antenati, — consta
tiamo l’evidente mutamento religioso nell’iconografia
sacra cristiana. Le tinte si opacizzano e si conten
gono frequentemente in tricromie di grigio, rosso
spento, blù inchiostro, verde smorto senza passaggi
di sfumature quasi, nel ridotto numero dei colorì
impiegati e nella maggiore austerità tonale, a rendere
più evidente l’importanza del soggetto trattato. Que
ste considerazioni le traiamo da pannelli verticali su
cui sono svolti temi cari e consueti: una Maestà, una
Natività che agii elementi tradizionali conservati uni
sce altri locali sostituendo ai pastori i bambini indi
geni ed alla mangiatoia una culla di fattura auto
ctona. Altra mano troviamo in dii scolpi il viso del
Cristo e della Madonna nella interpretazione indù.
Per la fotografia che la riproduce consideriamo la
scultura levigata ma drammaticamente incisiva dei
volti intensi, perfetti d i bellezza umana e sovrumana
che sconcerta fissare a lungo. Fredda invece, anche
se armoniosissima e d i elementi plastici perfettamente
distribuiti nell’architettura della composizione, la
scena del tradimento d i G iuda ove il Cristo e l’apo
stolo rivelano volto d i imponente somatismo orien
tale di morbidezza quasi femminea e la scena tutta
manifesta nella celeberrima interpretazione di Giotto
la propria fonte di ispirazione. Una fuga in Egitto,
nella sua narrazione ingenua non rivela rimarchevoli
peculiarità artistiche ma comunica senso di candida
freschezza. La Birmania tratta con mano differente
il soggetto sacro, anche se il cuore che ci mette è
sempre quello dell’orientale e la sua vicinanza con
l’india è di finestra a finestra, e ci dà in cornice fia
besca una Madonna Bambina col Bambino, tra bimbi
e ferma l’angoscia per il non trovato asilo la sera del
Natale in un Giuseppe che supplica all’ennesima
porta e in una Vergine adolescente che, in primo
piano, singhiozza con i pugni rovesciati sugli occhi
fatti liquid i d i lacrime.
Arte candida e immediata che diventa virtuosismo
nei gioielli ricamati in filigrana, nella realizzazione
tecnicamente prodigiosa di un b<
' di fredda
espressività, proporzionato nella zanna d i un elefante
che nella terminazione appena smussata ha l’alta ac
conciatura cui segue il viso sostenuto dalla pienezza
del torso, utilizzata tale e quale nelle sue dimensioni
e nella sua arcuatura. La religione ufficiale birmana
ha documentazione antropomorfa nel manichino d i un
monaco buddista che veste il giallo intenso della pro
pria divisa ed ha compagnia degli oggetti professio
nali quali il cestino per la raccolta del rìso e il lungo
rosario ove trattenere il pensiero durante la questua
nella meditazione costante: Dokkha, Aneissa, Allatta
(tutto è dolore, tutto passa, non c’è anima). Non
molte di più oltre a queste sono le proprietà con
cesse a quel mendicante per vocazione, per convin
zione, per professione che è il monaco b u d d is ta
alla sua entrata e durante la permanenza in
mona
stero.
Tutto ciò
che gli è
concesso
è infatti: tre
pezzi
di stoffa gialla di cui
è
composto il suo abito, la cin
ghia
per trattenere l’indumento alla vita, il piccolo
filtro per l’acqua ad evitare di uccidere — bevendola
— i
piccoli insetti die eventualmente vi si trovassero,
il rasoio
con cui radersi la testa due volte la setti
mana, un ago ed
il
filo per riparare
il
suo vestito.
Dopo che
il
principe indiano Siddadartha meditativo
all’ombra dd sacro afiiero del pepe, fu folgorato da
nette>visioni di verità che gh indicavano, nelle con
cretizzazioni dd vecchio curvo sotto il peso degli
anni, dell’ammalato coperto di ulcere, dd cadavere
in via di decomposilionr, quale motivo ritornante
della vita il
dolore generato dalla colpevolezza e
u