

Resosi ben presto conto che l'espugnazione del
fortino non sarebbe stata facile impresa finché questo
poteva essere soccorso dal campo di Crescentino. il
Vèndome decise di muovere a quella volta per im
padronirsene, ma l’improvviso ingrossarsi del fiume
mandò a monte l’impresa.
Il Duca Vittorio Amedeo II alla sua volta comprese
che. se il piano nemico era fortunatamente fallito,
sarebbe stato ben presto ripreso ed egli, con le sue
scarse forze, non avrebbe potuto opporviglisi e sag
giamente decise di abbandonare il fortino, del resto
già in parte demolito dalle mine, mentre i suoi difen
sori si ritirarono su Verrua.
L’inverno sopraggiunto, la neve e le malattie, tor
mentarono gli assedianti e gli assediati, ma il gene-
rale Vèndome era ben deciso di jx'rsistere nell’im
presa che ogni giorno tenacemente proseguiva.
Il Duca Vittorio Amedeo II, con quella pratica che
gli veniva dalla partecipazione alle molte campagne
comprese, anche questa volta, che occorreva pren
dere l'iniziativa delle operazioni se non voleva a breve
scadenza la resa e la distruzione della fortezza.
Decise quindi di spargere la voce che egli non
jxiteva, per i disagi subiti dalle sue truppe, più oltre
resistere nelle posizioni e che si sarebbe ritirato, e
in tale senso inviò finti ordini al Barone La Roche
d'Alery. comandante la difesa di Verrua. Di notte
tempo invece egli si |>ortò in Verrua che riforni di
truj>pe, rinnovò le istruzioni e poi ritornò al campo.
All'alba del 26 dicembre egli dal campo di Crescen
tino. ed il barone d ’Alery da Verrua. presero le armi
e attaccarono il nemico nelle sue posizioni che sor
preso fu quasi travolto: distrutte furono le trincee e
le mine, inchiodati i cannoni e già pareva sicura la
vittoria quando con abbondanti rinforzi sopraggiunse
il Vèndome. La deficienza numerica costrinse Vit
torio Amedeo II. dopo aver validamente rintuzzati
gli attacchi, a disimpegnarsi, ciò che gli riusci feli
cemente ritirandosi egli a Crescentino e l’Alery in
Vemia.
Se il geniale piano‘concepito dal Duca non aveva
dato per la deficienza numerica dei combattenti gli
sperati risultati, era costato ben caro ai francesi che
vi avevano |x*rdufo molti uomini e due generali, e
che si videro distrutte le opere di approccio che era
no loro costate molti mesi di dure fatiche.
La resistenza di Verrua sorprese ed indispetti non
gioco il Re Luigi XIV che inviò in Italia per consigli
l’ingegnere I-apavé il quale biasimò che si fosse ope-
Vittorio Amedeo D sotto Verrua
(Quadro dd
Bui).
Ili tale frangente il Duca Vittorio Amedeo 11 aveva
posto il campo a Crescentino. ivi attendendo l'occa
sione propizia j>er congiungersi alle truppe imperiali
appena queste fossero state ili grado ili muovere in
suo soccorso.
Ben comprendendo tale scopo il generale Vèndome
decise, prima che fosse possibile il sopraggiungere
degli imperiali, di scardinare le difese di Verrua per
aprirsi il passo su Chivasso e Torino.
Le difese di Verrua erano costituite in quei tempi
da un lato da una linea di fortini che dal monte
scendevano al piano, fra i (juali primeggiava quello
detto di Cherbignano. mentre dallaltra parti* la sco
scesa montagna era la naturale salvaguardia della
rocca. Dalla parte del Po l'attacco sarebbe stato più
agevole, ma Vittorio Amedeo, ad evitare tale pericolo
aveva provveduto alla costruzione di un ponte forti
ficato coperto e che. consentendogli la comunicazione
col campo di Cescentino. gli permetteva di rifornire
Verrua di uomini e di viveri.
Il ^generale Vèndome. giunsi* nei pressi di Verrua
il 14 ottobre, obbligò alcuni battaglioni di milizie,
che occupavano i colli circostanti a ritirarsi ed iniziò
i lavori d'assedio. Il 22 le artiglierie aprirono il fuoco
contro la posizione di Cherbignano ed il 30 furono
conquistati i trinceramenti che circondavano il forti
lizio. ma i piemontesi, che disperatamente avevano a
palmo a palmo difeso il terreno, in detto fortino si
concentrarono e fu d'uopo da parte francese, ricor
rere. senza per altro ottenere risultati immediati, ai
lasori di mina.
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