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specifica. 11 processo della sua destrutturazione è

fenomeno recente: esso risulta indifferente alla per-

manenza ed ai contenuti di matrice tipologica ed ha

interessato in generale il complesso degli ambienti

collinari.

Gli stessi manufatti residenziali vincolati con la

legge 1089 del 1939, sono in tutto e per tutto tredici

ville

(11)

(più altre sei in corso di vincolo) un esiguo

numero rispetto alle trecento indicate all'inizio di

questo secolo ed ai 434 complessi ancora oggi pre-

senti ed in parte schedati (

12

).

Quali sono quindi le valenze e le peculiarità di

questa porzione di territorio della città, da ricono-

scere come caratterizzanti il disegno della collina, e

quali le priorità e vocazioni di una loro eventuale

riqualificazione? La risposta è stata ricercata attra-

verso il riconoscimento dell'organizzazione storica

della collina, nel rapporto tra costruito e naturale, in

una prospettiva volta alla conservazione delle im-

magini stratificate nel loro divenire.

Il disegno della « montagna» di Torino prece-

dente alla definizione della città come capitale del

ducato è di difficile individuazione. Pare però suffi-

cientemente attendibile il riconoscere dalla fram-

mentaria documentazione una prevalente coltivazio-

ne a vite e alteno, a prato nelle zone più vicine al Po

ed a bosco (

13

). Le fonti fanno un generale riferi-

mento alle zone oltre Po « sulli fini di Torino », « sul-

la montagna» e ai luoghi « S. Martini » e « Valle

Frigida», «Sasse», «S. Viti», «Monveglio», «Su-

pergo», « Riale»

,

«S. Boti », «Sinon» (14).

Il sistema si connota per la presenza di fulcri

strategici: (il Castello di Cavoretto (

15

) e «la Torre,

il casamento e la vigna» del monte dei Cappuccini

dominante il vecchio ponte sul Po); di luoghi reli-

giosi: (la parrocchiale di S. Vito, XII sec., riplasma-

ta alla fine del XVII; la prebenda di Sassi, XV sec.,

ristrutturata all'inizio del XIX); la parrocchia di

Mongreno, XIV e XVIII sec.; di Superga, XIV,

XVIII e XIX sec.; quella di Reaglie e la cappella di

S. Bino e Evasio, ricostruita nel 1759) (

16

); nonché

con le tracce di una organizzazione residenziale a

cascine, vigne e case di campagna strettamente con-

nesse alla conduzione dei fondi.

Nel momento di Torino capitale, sede della corte

Sabauda, si avvia il nuovo, fondamentale processo

di formazione del disegno collinare.

Nella prima fase, di fine Cinquecento, si consolida

l'organizzazione funzionale del territorio, con la colti-

vazione della vite e di conseguenza la tipologia architet-

tonica delle « vigne » (

17

), da intendersi come complessi

produttivi. Si ricordano la vigna d'Harcourt, la vigna

Pingone, il « Cergnasco », la vigna dell'architetto della

Croce con annessa cappella (Strada S. Margherita) e la

vigna « La Margherita» (

18

).

La seconda fase si attua all'inizio del Seicento e

si caratterizza per l'attestarsi di due grandi strutture

religiose: il Monte dei Cappuccini e l'Eremo dei

Camaldolesi.

Il primo nella sua definizione iniziale del

1585, dell'ingegnere ducale Soldati, e in quella

definitiva di Ascanio Vittozzi conclusa in parte nel

1614 (

19

) — era stato pensato come ristrutturazione

della Bastida cinquecentesca a Sacro Monte accessi-

bile attraverso un percorso elicoidale di cappelle

sino al nucleo della Chiesa; questa, nel sito più alto,

emerge nel compatto volume architettonico a pianta

centrale, dominando il complesso del monastero e

accentrando l'immagine ambientale.

Il secondo, sul crinale della Montagna, fu fonda-

to intorno al 1601 (

20

). A differenza dei Cappuccini,

l'Eremo non domina il paesaggio ma si adagia in

esso: la sua polarità discende dal suo ruolo storico,

strutturante il territorio dell'alta collina.

Sarà comunque l'insediarsi delle residenze duca-

li (

21

) la « vigna» del Cardinal Maurizio (1615),

ora villa della Regina e poi la «vigna» di Madama

Reale (1622) ora villa Abegg a nobilitare defini-

tivamente il territorio oltre Po ed a promuovere il

nuovo processo di riqualificazione delle vigne colli-

nari.

Assunsero la nuova dimensione di sede di « loi-

sir» anzitutto quelle, tra di esse, che appartenevano

ai dignitari più vicini alla corte; a queste si affianca-

vano edifici con una funzione prevalentemente agri-

cola, tra cui quelli di proprietà ecclesiastica (di Or-

dini Minori o del Capitolo del Duomo) (22).

Dall'inizio del Seicento l'insediato caratterizzan-

te la collina si conforma di là dalle costruzioni

religiose ad una unica tipologia: quella della

« vigna >>. Le « vigne » , per definizione (

23

), erano

quei complessi composti da civile rustico e cappella

prospettanti zone di « artefatto

piano»,

facenti parte

di una proprietà agricola prevalentemente coltivata a

vite. Nel loro « civile » erano residenza temporanea

dei proprietari e nel loro « rustico » sede stabile del

vignolante.

La cartografia storica della fine del Seicento in-

dica un numero di circa 306 edifici a blocco compat-

to, a blocco lineare e a maniche ortogonali, con una

distribuzione insediativa prevalente nella Val Piana,

Val San Ma

rt

ino, Val Salice, e più rarefatte nelle

zone sommitali di Superga e Cavoretto, queste ulti-

me legate a grandi proprietà (

24

).

Sui poggi in affaccio sul Po emerge l'infittimen-

to delle residenze più auliche, frequentemente con

impianto planimetricamente simmetrico a corte

aperta. Basti ricordare sul poggio di Sassi la vigna

Carretto » , su quello di Fenestrelle la vigna d'Har-

court, nella bassa Valle di S. Ma

rt

ino il Prié, nella

Valle di Salice la vigna S. Germano» e il Giaglio-

ne di Meana (ora Ricovero delle Vedove e Nubili),

nella basse Valle di S. Vito le attuali Sambuy e le De

Pianta, nella bassa Val Pattonera le Ormea e il Sali-

no, infine a Cavoretto la residenza dei Ferrero

d'Ormea sul poggio sommitale dell'attuale parco

Europa, e nella parte superiore della Valle Pattonera

il « Cerniasco ».

Le matrici di formazione tipologica, dove per-

mangono, sono sostanzialmente riferibili alla fine

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