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dalla città» (

14

); in una economia di tipo cittadino, è

stato notato (

15

) come l'edilizia incrementasse le

entrate fiscali legate alla importazione dei materiali e

costituisse insieme garanzia di lavoro per gli strati

poveri della popolazione e mezzo di ridistribuzione

del denaro, in particolare di quello derivante dalla

rendita. L'inscindibile rapporto che intercorreva a

livello di proprietà tra palazzi urbani e vigne collina-

ri, consentì di attribuire ad entrambe, nel rispetto

delle caratteristiche funzionali, il significato di sti-

molo ed incentivo economico non solo nella fase di

costruzione ma anche in quella successiva, e forse

più complessa, della gestione.

Emblematico del quadro economico e politico

del periodo fu dunque non solo il grande cantiere

della « città nuova » , ma anche l'intensa se pur minu-

ta e frammentata produzione edilizia privata attuata

su tutto il settore collinare. Non a caso è documenta-

ta al 1620-21 (

16

) per Torino l'esistenza di due sole

fornaci da mattoni: l'una nella zona urbana d'am-

pliamento e l'altra nella zona collinare di San Rinal-

do e Martiniello.

Il risultato di questo processo è leggibile per la

fine del Seicento nel testo del

Theatrum Sabaudiae,

1682: « ... l'industrie des habitants de Turin n'a pas

laissé ces lieux inutiles. Ils y ont bàti & sur le som-

met & dans les valées une infinité de maisons de

campagne, dont la diversité perpetuelle réjoiiit

agréablement la vué» (

17

). Il fenomeno è quantifica-

bile e trova riscontro nella rappresentazione icono-

grafica data dalla

CARTE I DE LA MONTAGNE I

DE TURIN [...]

(

18

), non già nel senso di una nuova

strutturazione territoriale della collina, quanto di

un uso sociale differenziato rispetto a quello preesi-

stente.

Infatti sulla sedimentata organizzazione insedia-

tiva di tipo agricolo si sovrappose, complessifican-

dola, quella per il « loisir», che mantenne, anzi con-

fermò, la primitiva funzione vivificandola e in pa-

rallelo integrandola in relazione alle nuove consue-

tudini.

Il « tipo» astratto e teorico della vigna seicente-

sca, e non la tipologia edilizia che invece risultò dal

processo di successive stratificazioni, assunse le

componenti del giardino e del coltivo come parti

integranti, accanto a quella della residenza e dei ru-

stici. Il rapporto tra edificio ed « intorno » , tra spazio

pubblico e privato venne per lo più espresso, ed in

certo modo regolamentato, mediante il disegno del

giardino, mai inteso in senso riduttivo di comple-

mento o cornice ambientale, ma come autentico

spazio architettonicamente definito. La sua presenza

fu elemento caratterizzante di ogni «vigna», da

quelle auliche alle più modeste, anche se si tradusse

in soluzioni fortemente differenziate, giacché il gra-

do di variabilità era conseguente alla diversificazio-

ne gerarchica della committenza.

Giardino aulico fu solo quello delle sedi ducali,

e se ne leggono i segni nell'obsoleto e fatiscente

abbandono dell'attuale villa della Regina: mentre

non è più riconoscibile quello della «vigna» di

Madama Reale, in cui prevale oggi l'immagine di

parco ottocentesco. Fonti documentarie ed icono-

grafiche consentono tuttavia di sostenere, proprio

per queste vigne collinari, l'ipotesi di « giardino

come teatro del mondo e della memoria», apparte-

nenti al « Principe, il quale è insieme Signore della

Villa e metafora del Demiurgo, l'unico a possedere

le chiavi e il senso generale di un programma icono-

logico labirintico» (19)

Le residenze ducali erano disposte in posizione

dominante ed elevata: in conca naturale con prospet-

tiva panoramica verso la città e con legame ancora

attivo col fiume la vigna del Cardinal Maurizio; in

conca prominente in affaccio sul Po di fronte al Va-

lentino, quella di Madama Reale. Il percorso di risa-

lita, il viale d'accesso, i giardini geometrici simme-

trici e laterali, il «parterre», le rampe curvilinee

delle scalee, il grande « teatro » ad esedra ornato da

statue e nicchie, le grotte, le fontane e i giochi d'ac-

qua costituirono una sola organica componente che

si contrapponeva al bosco, inteso come luogo miste-

rioso e sconosciuto: figurazione simbolica della dia-

lettica tra razionalità ed irrazionalità, tra sereno

dominio della natura e timore dell'inconoscibile.

In queste « vigne », intese come emblema e

modello assoluto ed irripetibile, si ritrovano i pre-

supposti teorici per l'analisi interpretativa di ogni

singola « vigna» collinare. Va notato tuttavia come

alla fine del Seicento la maggior parte dei giardini

fosse in prevalenza caratterizzata da una estrema

semplicità: « artefatti piani », trattati a « pa rterre » ed

ad aiuole, privi di essenze arboree, derivati dalle

opere di sistemazione in piano del terreno su cui era

disposto l'edificio.

Anche per una indagine di tipo quantitativo e

non solo per il riconoscimento delle matrici origina-

rie del fenomeno delle residenze extraurbane di

loisir», è fondamentale il riferimento alla fase sei-

centesca. Fu quello infatti il periodo in cui si struttu-

rò, si può dire in modo definitivo ed in certo modo

irreversibile, l'intero settore collinare, nell'essenzia-

lità del sistema infrastrutturale e viario, nella artico-

lata organizzazione globale del sistema insediativo.

Il Seicento rappresentò la fase dell'uso diversifi-

cato e della nuova fruizione della collina nel rappor-

to con la città e con la campagna produttiva: il risul-

tato fu l'incremento degli insediamenti residenziali e

produttivi, in numero così elevato da essere confron-

tabile con quello attualmente riconoscibile (

20

).

Il tardo Settecento, invece, fu il periodo della

ristrutturazione », dell'intervento edilizio di ripri-

stino ed abbellimento dell'edificato, della crescita

controllata, dell'incremento del valore del suolo e

della rendita, fondato tuttavia sul mantenimento del-

la stabilità fisica, funzionale e produttiva consolida-

ta. Anche i frequenti passaggi di proprietà non mo-

dificarono sostanzialmente la distribuzione dell'or-

ganizzazione fondiaria: è fenomeno recente, verifi-

cabile a partire dal rilevamento catastale delle map-

pe Rabbini (1866) fino ad oggi, il frazionamento e la

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