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I

I

~

- ·88 -

Nel

1857

si fece architetto e su suo disegno fabbricò

il

casinetto

di Cannero con animo di ritirarvisi ad attendere in pace ai suoi

studi prediletti. Ma era vana lusinga: venne il

1859

e cominciò

per lui una agitati ssima vita.

Si era appieno unito a Cavour, di cui ammirava la grande arte

di governo, e da esso era mandato ministro plenipotenziario del Re

a Parigi ed a Londra per stabilire le basi d'un Congresso. Il pro–

getto andò a vuoto e tosto il D'Azeglio ritorna in Italia ed

è

chia–

mato a reggere le Romagne come commissario del Re. La pace

di Villafranca lo richiamò a Torino. Avea ricevuto ordine di far

ritirare dalla Romagna tutte le truppe piemontesi.

«

Esser messo

a cimento di disobbedire o di mancare all'onore - scriveva egli

- è

cosa da impnzzime

».

Ebbe

il

coraggio di disobbedire e le

Romagne furono salve dall'invasione dei pontifici.

Tornato Cavour al Governo dopo la breve amministrazione Rat–

razzi, D'Azeglio è mandato governatore a Milano nel

1860,

e dando

prova, sovratutto in occasione di famose dimostrazioni contro

il

par–

tito moderato, di grandissima prudenza, vi stette sino all'epoca della

spedizione di Marsala, che a lui non parve

«

frutto di politica

leale»:

Questo pensiero suo già aveva adombrato in Senato protestando

energicamente contro il titolo di

ricompensa nazionale

che alcuno

proponeva di dare alla pensione da accordarsi alla famiglia di Age–

silao Milano.

A cominciare dal

1861

la mente del D'Azeglio era continua–

mente occupata da due idee che lo inquietarono grandemente.

Impedire i blandimenti del Governo italiano alla rivoluzione de–

mocratica sociale - far Roma capitale d'Italia. Nel

1863

comin–

ciò a scrivere

I miei ricordi

continuati poi dal Torelli e da Cesare

Paoli.

La sua salute andava deperendo sì che nel

1864,

alla seduta del

3 disembre al Senato, dovette far leggere il suo discorso sulla

convenzione del

15

settembre, che fu parola di concordia e di

pace, insegnamento di abnegazione.

Benchè

più volte chiamato a dare il consiglio suo ai ministri,

visse solitario, non ozioso, nel suo ritiro di Cannero, finchè

il

ra–

pido progresso del male l'obbligò a tornare a Torino.

Molto soffrì e gli ultimi suoi pensieri furono rivolti alla patria

ed alla famiglia.

Spirò

la

grand'anima

il

15

di gennaio

1866,

alle 5 antimeri-