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P I E T R O T H E R M I G N O N

n un ambiente familiare modesto modesto, ma

ricco di affetti profondi e di quella moralità reli­

giosa e benefica, che si suol designare con il

«timor di Dio», vedeva la luce in Torino, nell'anno

1819, Pietro Thermignon.

Il padre era un piccolo

negoziante in oreficerie. La

madre una buona e degna

signora, tutto cuore, tutta

devozione per il marito e

per i figli.

L’ambiente mancava di

agiatezza, la vita era gua­

dagnata con il sudore della

fronte, e i genitori riusci­

vano a stento a fornire il

necessario alla figliuolanza.

Perciò, date le ristrettezze

ed il bisogno di guadagnare

il «pane quotidiano», il pic­

colo Pietro, appena adole­

scente, fu messo a bottega.

Buono d'indole,sveglio d’in­

telletto, volenteroso al la­

voro, amante di tutto ciò

che era bello, il giovinetto

non tardò ad accorgersi che

i ninnoli, che l'orafo suo

padre aveva sul banco del

negozio e nell'attigua ve­

trina, e che erano destinati

alla vendita, avevano in sè

il carattere speciale delle cose belle, cose che de­

stavano in lui, animo sensibile, delle sensazioni di

un'indole speciale, elevata e profonda. Egli man

mano, <}Uasi inavvertentemente, ricercava l’armonia

delle linee e le causedellabellezzache lointeressavano;

e si trovò portato gradatamente alla valutazione del­

l'importanza del disegno, dellabbozzo, del valore

degli ornati, al perchè della simmetria, sostituita

sovente mediante un’asimmetria apportatrice di ri­

salti artistici, anche maggiori e di maggiore effetto,

e finalmente all'ammirazione dei lavori così difficili

del bulino e del cesello, nei ciondoli, nei monili, nei

ninnoli artistici tutti. Queste osservazioni giornaliere

io invogliarono all'imitazione. Ma l'esecuzione, an­

corché rudimentale, di lavori di questo genere sor­

passava le sue possibilità. Passò allora, in qualità di

garzone, ad altro negozio più vistoso, posto alla

dipendenza della Ditta Dury & Balbin e qui si perfe­

zionò, diventandovi orafo di grido e cesellatore ca­

pace, già in età di ventanni.

Gli giovò all'uopo lo stu­

dio del disegno, che imparò

in una scuola popolare se­

rale, sacrificando, per riu­

scirvi, le sue ore di svago,

le quali, purtroppo, non e-

rano mai sufficienti; e molte

volte il sonno, a cui avrebbe

avuto diritto, dopo tanto

lavoro, era sacrificato in prò

degli intendimenti artistici.

Molte volte il Prof. Pelagi

lo trovava addormentato

sulla scala della scuola, in

attesa che si aprisse. Com­

mosso per l'assiduità e il

buon volere deU’allievo, gli

concesse delle lezioni gra­

tuite speciali.

Frattanto gli morì il pa­

dre e fu questo un duro

colpo per il giovine, che

amava il proprio genitore di

un amore filiale tenerissimo.

Ma, o che questa morte

avesse risvegliato in Lui un

sentimento di maggiore re­

sponsabilità verso la pro­

pria famiglia, rimasta priva del Capo, o che il

dolore sopraggiuntogli così crudo, esacerbandone

l’animo, lo portasse verso il bisogno di un lavoro

più alacre, inteso allo scopo di allontanare il pensiero

da quella causa di pianto, egli s'immerse più che mai

nella vita austera della diuturna fatica al banco e allo

studio serale in una Scuola superiore. Fu così che,

in vista della sua attività eccezionale e della sua

eccezionale capacità, venne accettato come alunno

prèsso la R. Accademia Albertina, cosa di cui si

sentì fiero ed orgoglioso. Vi frequentò dapprima la

scuola d'ornato, poi di plastica ed infine quella assai

più difficile del nudo, dove ebbe ad insegnante

l'esimio prof. Bogliani.

Conobbe molti colleghi, che divennero poi valen­

tissimi, quali il Gastaldi, il Gamba, il Gonin, l’Arienti,

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