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era stato recato in dote da Teresa Ponzone, eredi­

tiera dei Marchesati d’Azeglio e di Montanera,

andando sposa nel 1727 al Conte Giuseppe Lorenzo

Taparelli di Lagnasco, trisavolo della gentile « alunna

delle Grazie» cantata dal Nigra. Non dunque «culla

dei padri » suoi, il vecchio maniero di tipo valdostano,

con molti confronti architettonici col Castello me­

dievale riprodotto nel parco torinese del Valentino;

ma, anzi che in Canavese, un altro nera stato e più

cospicuo castello, a mezzogiorno di Torino: proprio

quello della terra di Lagnasco. da cui il vero titolo

di nobiltà allo storico Casato che solo nelle ultime

generazioni aveva assunto il predicato d’Azeglio.

unCostanzoTaparelli, capoguelfo,

e nel 1226 i figli suoi Guglielmo e

Oddone, forti ghibellini, l'ultimo

de’ quali nel '53 e nel '58 appare

qualificato Console.

A non molti anni dalla calata

deH'Angioino, il 1278, interver­

ranno a un consiglio di riforma

statutaria del Comune ben cinque

capi dei Taparelli: Oddino Ogge-

rinoGiovanni Nicolino ed Aurelio.

Il penultimo dessi conseguiva nel

1307 investitura feudale sopra il

fiume Varaita, che scorre a mez-

zavia tra Savigliano e Saluzzo. Ma

già nel 1284 risulta signore della

villa di Maresco, verso la Varaita,

a tre chilometri da Savigliano,

Chiaffredo, il presunto caposti­

pite...

De* suoi figli, Francesco pro­

seguì il ramo dei Signori del Ma­

resco estintosi su lo scorcio del

Cinquecento,Giorgio darà origine

alla linea dei Taparelli di Lagnasco. Veramente ebbe,

questi, triplice discendenza dai proprii figli Petrino,

Leone e Chiaffredo II, capostipite, quest’ultimo, della

diramazione dei Signori di Genòla finita nel 1846. La

suddivisione portò a tale incremento, che a tre secoli

dal primo Chiaffredo sussistevano oltre ottanta Tapa­

relli dei diversi rami, tutti nello stesso grado di

discendenza!

Da Petrino, vissuto in principio del Trecento

(verso il 1330), per altre quindici generazioni in linea

diretta il ramo dei Taparelli di Lagnasco progredirà

sino a esaurirsi nel Marchese Emanuele d’Azeglio.

diplomatico e benemerito collaboratore anch’egli del

Conte di Cavour, e deceduto a Roma nel 1890, ultimo

della grande Casata.

(Fot. Dello Rosa)

A piè dell’estreme propagini orientali del Mon­

viso, nella zona pianeggiante che, tra Po e Tanaro,

guarda i passi alpini della Maddalena e, verso il Niz­

zardo, del Col di Tenda, è tutto un vivaio di borghi

e di castella dai nomi affidati alla migliore storia del

vecchio Piemonte. Al centro di quel lembo, per un

raggio d’una ventina di chilometri, si trova Savi­

gliano,.nel Medio Evo minuscola repubblica che non

brevemente seppe tenere incolumi le proprie istitu­

zioni comunali, sebbene situata a mezzo tra’ potenti

Marchesati di Saluzzo e del Monferrato.

Fin dal 1180 ne risulta parte autorevole nel go­

verno cittadino la famiglia Taparelli. ben prima del­

l’impresa di Carlo d’Angiò. alla quale una leggenda,

che Massimo d’Azeglio riporta in principio de*

Ricordi, farebbe risalire la venuta in Italia del capo­

stipite Chiaffredo, o Giaffredo dal francese Geoffroy,

di presunta provenienza brettone... Prima ancora

di quel fatale 1265, che fu pur l’anno della nascita

di Dante, in Savigliano esistevano, tra il 1200e il 1206,

Era riuscito, sì, quel grosso feudatario di primo

Trecento, a venire a capo del possesso integrale della

terra di Lagnasco, sia pure con un esborso di dodici­

mila fiorini d’oro, che l’anno del Signore 1337 for­

mavano somma abbastanza ragguardevole. Ma un

bene lungamente agognato, non sempre torna a lieta

fortuna; e il bravo Marchese di Saluzzo. Tommaso II,

che con tal sacrificio di pecunia avea mirato a tacitare

i consanguinei Marchesi di Busca de' rispettivi diritti

d’investitura, poco potè godersi l’acquistato dominio,

di lì a breve trovandosi i Busca alleati con altri

potenti a dargli addosso.

Dopo aspre fazioni, non gli restò che d’arrendersi

al Gran Siniscalco del Re di Napoli, ch'era Bertrando

del Balzo, cognato di re Roberto. Rimesso al Prin­

cipe Giacomo d'Acaia. rimase prigione a Savigliano

un anno; durante cui Giorgio Taparelli veniva dele­

gato dal povero Marchese a comporre la controversia