LAGNASCO E LO STORICO CASATO DE' SUOI SIGNORI
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(Museo Civico di Torino)
nel 1607 ad Angelopoli — aveva dato non breve
schiera di Cavalieri al Supremo Ordine Militare Gero
solimitano, in una serie di ben quattordici valorosi
che da Marco Taparelli di mezzo Quattrocento si
prolunga a quel Bernardino, morto in combattimento
di galee nostre contro i Turchi nel 1625.
Da ciò, forse, la ragione deH’arma gentilizia dei
Taparelli di Lagnasco: formata di campo spaccato
perpendicolarmente, carico di fasce argentee e rosse
alternate econtrapposte, lequali, comeargomenta Fra
Placido da Giaveno (7), indicherebbero « le più ferite
riportate dai primi avi dei Taparelli nelle prime Cro
ciate deU’Oriente», simboleggiando, le fasce, «quei
pezzetti di panni bianchi che a loro fasciarono le
Ma un altro motto attornia lo stemma: «D*Ac
corò», che si vuole adottato per la pacificazione ad
opera del Conte Verde nella cruenta contesa per
Lagnasco co’ Failetti.
Certo, però, d allora i Taparelli furono de' più
validi dell’aristocrazia piemontese in arme attorno
alla Dinastia Sabauda; onde giustamente li evocava,
a tre anni da Novara, il poeta nuziale:
... aspri d'acciaro
seguir la savoiarda Aquila, scudo
spada e vessil d'Italia...
A cominciare, se non dai cinque membri della
famiglia figuranti nell'atto di dedizione di Savigliano
a Casa Savoia, almeno da Michele Taparelli, che,
inviato dai Saviglianesi a Carlo II giurava il 4 aprile
1492 fedeltà a nome della Patria, tornando il mede
simo con egual missione nel '97 a Filippo II e nel '99
a Ludovico Filiberto, è tutta una falange di fidi abili
collaboratori della Dinastia: tra cui ci limitiamo a
ricordare Gasparo di Lagnasco, consigliere di Ema
nuele Filiberto e suo ambasciatore a Papa Pio V. Ma
specialmente dalla metà del sec. XVII i Taparelli
ebbero cariche preminenti a v.
, culminando nel
generale Francesco Gerolamo che fu Cavaliere del
Supremo Ordine dell'Annunziata.
Mentre il Conte Giuseppe Lorenzo, marito di
Teresa Ponzone d'Azeglio, era stato scudiero di Carlo
Emanuele III, suo figlio Carlo Roberto fu gentiluomo
di Corte di Vittorio Amedeo III: molto in favore
presso il Re, s'era fatto fare — narrava suo genero