QUANDO NACQUE L'INNO DI MAMELI..
Ed io per dare più impulso a questo grido, per
affermare con più impeto quello che mi sta neH'anima,
ho aggiunto, e il poeta me lo perdonerà, un « sì » e
finisco: L’Italia chiamò, sì!
Aveva parlato con agitazione febbrile, la fronte
gli si era imperlata di sudore e quando si assise sullo
sgabello e pose le mani sulla tastiera era pallido e
fremente. Finalmente, mentre il cuore degli amici
serrati intorno al pianoforte palpitava d’amor patrio,
con voce intonata e sonora iniziò:
« Fratelli d'Italia
l'Italia s'è desta... »
e con un’espressione che gli veniva dal cuore e che
tutto lo scuoteva, cantò l'inno sino a quel « sì » finale,
così pieno di risoluzione e di fierezza. Gli amici si
strinsero intorno al maestro che sorrideva esultante
e lo abbracciarono, lo baciarono, con un entusiasmo
che non poteva aver limiti. Alcuni piangevano. Venne
ripetuto, cantato da tutti e pareva che l’ombra del
poeta biondo sorgesse in mezzo a loro, raggiante
di gioia e di bellezza.
L'Italia aveva trovato il suo canto!
Bisognava farlo conoscere, occorreva diffonderlo
subito. In Via Rossini, ove ora si è stabilita « La casa
del Soldato » aveva allora sede l'Accademia Filodram
matica che nell’autunno aveva già concesso i suoi
vasti locali a pian terreno per imparare e provare
gli inni che avrebbero salutato il Re di ritorno da
Genova.
L'Accademia concesse al Novaro i locali perchè
i cori lo imparassero e coi cori anche il pubblico.
L’effetto fu enorme. Quella musica scendeva ili tutti
i cuori, toccava tutte le anime, accendeva d'entu
siasmo anche i più accidiosi e fiacchi e, pochi giorni
dopo, tutta Torino sapeva quel canto che si diffon
deva colla rapidità d’una corrente elettrica da un
capo all'altro della penisola.
Il Novaro, modesto tenore di second'ordine,
istruttore dei cori, con quest’inno si era procacciata
l'immortalità!
Sacro canto d'Italia!
Anche ora, quando risuona, un fremito scorre nelle
vene di quanti l'ascoltano e una corrente di entu
siasmo in cui il presente si confonde al passato scorre
nelle vene della gioventù che s'appresta a nuova
gloria, a nuovi cimenti. É il canto che ha incuorato
i soldati nelle battaglie sanguinose del risorgimento,
è il canto che ha festeggiato le vittorie, fiorito al
l'ombra del tricolore, nato in un'ora di febbrile
attesa di tutto un popolo, e non morrà mai perchè
animerà sempre gli spiriti ^
O.oventù ardente
che sotto l'egida del Littorio continua ad ascendere
per lagloriosa via che il Duce ci addita, sino a quando
l'Italia non abbia raggiunto quella méta che le è
segnata e che la renderà invidiata ed ammirata fra
tutte le nazioni.
GIOVANNI MOVBTTI