IL “ DIBUK
DI LODOVICO ROCCA
ad accasciante sconforto, dopo aver tracciato un
cerchio magico intorno a Leah svenuta per difenderla
dalle occulte forze, s'allontana sorretto dai fedeli e
da Sender; Leah rimane sola.
Un cupo procedere di note gravi si dilegua con
la luce della scena e con essa muore. Silenzio ed
oscurità mortale per un attimo. Poi, quasi da sovru
mana lontananza, giungono le parole del Cantico:
« Eccoti, beila amica... ». È la voce di Hanan: il suono
dei violini riprende soavemente il tema(VII) del primo
atto: Leah dolcemente si solleva, come trasportata
dauncaro sogno, edomandaestatica, quasi asestessa:
XV
Chi sobVi-ra «>n
%
pana si pm-fun-da?
Sul cullante cantare dell'orchestra s'inizia un
dialogo che ha l'aerea leggerezza del sogno. Tutta
rapita da tale incanto è Leah. « La tua voce è dolce
come il lamento dei violini nelle notti quiete. Chi
sei? Dimmi, chi sei?». Hanan. superato ogni turbine
di vita, di peccato, ritorna a lei, alla sua anima: « Non
lo so più. Mi sovviene di me soltanto se mi pensi tu ».
Perduta l’umanità, ha conquistato il puro amore, li
pensiero di Leah si volge al passato: vedeva sempre,
nei suoi sogni, un caro volto: « Eri tu? ». « lo ».
L’immagine di Hanan appare e va delineandosi
chiaramente. Il discorso musicale ha un crescente
respiro, che sfocia nell'incalzante esclamazione di
Leah: «Ah! torna, torna, dolce fidanzato! torna,
mio sposo!». L'onda melodica qui si leva come un
grande sospiro dal profondo. Le oscure nebbie del
dramma si dissolvono finalmente alla solarità del
canto e l’animo dell’ascoltatore, pur affisandosi alla
morte, va oltre questa, alla suprema azzurrità del
cielo infinito.
Fu un muto ed oscuro amore, senza carezze, senza
speranze: l’ombra d’un sogno: «Ancora nel sogno,
sempre nel sogno ci rivedremo e culleremo insieme
i nostri bimbi che non nasceranno». Un ritorno
nostalgico è in una triste ed affettuosa ninna nanna
che culla i bimbi non nati, piccoli fantasmi d'amore.
Mentre l’orchestra è per concluderne il delicato
ritmo, giunge dal di fuori l'esile motivo, sgradevol
mente ahegro, del corteo nuziale. Affannoso è il
richiamo di Leah: « ... Oh, fidanzato mio vero, mio
sposo, corri ! Salvami », e dallo stessoaffannofremono
in orchestra acuti trilli al disopra di passi cromatici.
La risposta è fulgidamente consolante: « Sì. torno,
torno verso l’anima tua!». Vinto l'ostacolo del ma
gico cerchio, le due anime stanno per unirsi eterna
mente. Ogni agitazione si placa e l'atmosfera musi
cale diviene un trasparente fluire di arpeggi lumi
nosi sui quali le lontane voci di un coro ci riportano
al motivo della redenzione: «Triste l'anima affonda
nell'abisso del male, ma redenta e gioconda su su
in alto risale! ». Una crescente sonorità s'effonde
dopo le parole di Leah: « Ecco, a te sono unita per
sempre». Hanan le si avvicina e le pone sul capo un
velo nero: la fanciulla muore dolcemente.
Grida gioiose di mistico tripudio del coro interno
ci portano ad una incalzante sonorità che raggiunge
il fortissimo. Poi in un piano improvviso è riprese
il tema. Un nuovo crescendo incalza e ci trasporta
nella sfolgorante coralità di strumenti e voci, che,
glorificando il nome di Dio, chiude il dramma.
L'essenza del dramma
Non dramma ebraico, non dramma hassidico, ma
dramma umano, epperciò puramente dramma. Gli
attributi apposti a questa parola ne limitano la por
tata a ciò ch’è contingenziale, rappresentativo, a
danno d'una più comprensiva determinazione. Lodo-
vico Rocca volle esprimere musicalmente lo spirito
d'un ambiente determinato e vi riuscì. La potenzia
lità drammatica del « soggetto » è evidentissima, come
la sua particolare attitudine a fecondare la fantasia
del musicista torinese. Ma non s'interpreti questa
affermazione in senso ristretto e restrittivo, inten
dendo in essa ch'egli abbia esaurite, nell'intuizione
di questo ambiente, di questi personaggi, le sue pos
sibilità creative. Tutt'altro; non stupiremmo di ve
dere un giorno un’opera di Rocca priva di quegli
elementi essenziali e contingenziali che richiamino
un'affinità al Dibuk. Ma è il senso trascendentale,
la portata d'una realtà che partecipa del sogno, la
ricchezza drammatica d'un ambiente in cui vive
l'anima della folla, che ci fa scorgere nella leggenda
di An-Ski quegli elementi verso cui è spiccatamente
incline la sua fantasia. La sua opera, però, va oltre
e c'interessa sopratutto in quanto dell'ambiente e
dei personaggi del dramma è rivelato ciò che vi è
di più essenziale, di più umano nella vita.
Elemento propulsore, sentimento centrale del
dramma non è il dibuk, non è la folla o il colore am
bientale, ma l'amore: non conta che la tendenza a
unirsi dei due esseri protagonisti non sia determi
nata da loro volere, chè, a questa stregua, l'amore di
Tristano ed Isotta, magicamente suscitato dal filtro,
non costituirebbe la forza drammatica dell'opera
vagneriana. L'amore, nell'opera di Rocca e Simoni,
è una predest.nazione, un elemento spirituale, un
modo dell'essere, che si attua come divenire di vita,
come dramma. Ciò sembra chiaramente definito dal
tono trascendentale che informa il prologo, in cui
il dramma è potenzialmente vissuto e risolto. Nel-
l’attuarsi come dramma, questa forza spirituale si
proietta come quadro di vita, travagliato tormento,
dà origine ad una molteplicità di forze funeste e
.contro di esse cozza, ed attraverso ad esse si risolve
in atto. L'errato orientamento di Hanan, il dimentico
agire di Sender ed altri particolari diversi disseminati
nell’opera rappresentano il male insito nella vita.
L'opera d'arte sta appunto nella vivace evidenza,
nel turbinoso movimento di questo quadro di vita,
attraverso il cui divenire scorre il filo ideale detl’ele-