IL TERZO AUO
La monodia autosufficiente, priva d'implicazioni
armopistiche, di cui già accennammo, ha un luminoso
esempio nel recitativo della tromba che dà principio
a quest’atto. L’elemento melodico si muove in un
cromatismo che è un continuo divenire, condotto
da un ritmo adeguatamente indefinito. É evidente
il richiamo al recitativo liturgico; la parola del-
l’Hazzan (6) artisticamente vissuta, una parola priva
IL •' DIBUK „ DI LODOVICO ROCCA
hanno compiuto tutta la vita. Cera un pallido gio
vane, qui, tra noi... ».
Mentre la fanciulla pronuncia le parole del suo
sogno, il canto lieve dei violini ricorda il lontano
incontro nella sinagoga: « Ma d'improvviso il fil della
sua vita fu reciso, prima dell'ora giusta. E l’hanno
avvolto in un sudario, e poi l'hanno sepolto!».
Un'eco lontana risponde: « ... m'hanno sepolto...».
Desolato senso di mistero è nella scena. Leah si do
manda tormentosamente perchè la luce d’una vita
si spenga talvolta troppo presto; la voce lontana
ancora fa eco, poi svanisce. Leah risponde al suo
stesso interrogativo: «Chi muore prima d'esser
giunto asera, torna, sì, torna avivere il suogiorno...».
Il discorso musicale è improntato a non rassegnata
tristezza; profondamente espressivi, nella scarna sti
listica, sono frammenti recitativi come il seguente:
Sost
*0
molto
co* infinitodolor*
Mi-» m ad re mi-* mastra* mor-ta
quelle dell'orchestra s’intrecciano in un giulivo cica
leccio. Leah e Frade sono uscite, quando s'ode avvi
cinarsi il suono grottesco d'una marcia paesana che
s'unisce a schiamazzi e grida festose; allegre voci
annunziano: « Lo sposo, lo sposo! », e giunge un pic
colo corteo di personaggi vestiti di multicolori abiti
festivi: un gruppo di comici sonatori, Menascè lo
sposo, il padre di costui, parenti ed amici. Sender
li conduce lietamente nell'abitazione.
Ritorna Leah dolorosamente accasciata e sostenuta
dalla nutrice, che la conduce in casa. Un gruppo di
donne eleva una preghiera su un tema generato
da quello della collettività (IV).
La nutrice s’allontana per cercare il manto di
Leah e giunge il Messaggero; rivolto alla fanciulla
riprende il tema: « Le anime dei morti tornano, ma
non come incorporei spiriti, come quando avranno
raggiunta l’alta purezza. Ed ogni maledetta anima
errante che non trova riposo, del corpo altrui talora
s’impossessa, ed in quel corpo, alla fine, si purifica.
Ciò si chiama dibuk!». Alla paurosa parola un bri
vido scorre l’orchestra: ritorna quindi la calma con
l’allontanarsi del Messaggero.
Rientrano Frade e Sender; questi affettuosamente
s’accosta a Leah e la esorta a recarsi alla tomba della
madre affinchè la sua anima presenzi alle nozze.
Rimasta sola con la nutrice, Leah chiede trepidante
se non possa invitare anche un altro che non le è
parente; sa dove si trovi la sua tomba che vide, in
sogno, in un desolato squallore, evocato nel canto
doloroso con la monotona ripetizione d’un disegno
ritmico:
Ob Si-#no-reM-di o,
tut-to re-«ni.
Dal solenne procedere di questo motivo emer
gono maligni commenti di disprezzo: alla coralità è
sottoposto un continuo cupo brontolìo degli stru
menti bassi, poi tutto si conclude nella ripresa tema
tica dell'orchestra. Il rito è per svolgersi: Leah riap
pare con lenta solennità sotto al baldacchino nuziale;
la conducono ad una sedia, mentre il motivo prece
dente è ripreso, questa volta, nella piena concomi
tanza dell'orchestra e del coro. Menascè s’accosta
alla sposa seduta, ma quando sta per coprirle il capo
col velo bianco, questa balza in piedi violentemente:
«Tu no! Tu no! Il mio fidanzato tu non sei!».
Un dissonante stridore di scale cromatiche e tre
moli, fra il muto stupore della folla che ha troncata
la preghiera. Leah chiede disperatamente soccorso
alla tomba dei santi fidanzati, e cade fra violenti
martellamenti dei bassi. Rialzatasi, acutamente urla:
« Ah! Voi m'avete sepolto sotto molta terra pesante!
Ma l'ho scossa, la dura terra, e sono ritornato a lei,
a quella che m’era destinata per non lasciarla più! ».
Tutto è delirante tumulto: la complessità rumorosa
e caotica dello strumentale, lo scompiglio della folla,
gli spaventati clamori. In una pausa terribile, il
Messaggero, balzato sul sepolcro, grida tre volte:
« DibukI ».
Nella paurosa oscurità sopraggiunta, il vento che
scuote turbinosamente le fronde degli alberi e le
tende delle case è un brivido di morte. Sinistri
bagliori di luce spettrale nel cielo e nervosi tremoli
degli strumenti bassi sono gli ultimi sussulti di
questa scena.
Chi vi
è
sepolto le ha parlato nel sogno: « Non
dimenticarmi». Leah, come sognando dice: «L'ho
veduto, l'ho veduto!».
Festose irrompono le voci di due ragazze curiose
e ciarliere: «L'ho veduto». «Chi?» grida Leah
atterrita. «Lo sposo, lo sposo...». Le loro voci e