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IL • DIBUK

DI LODOVICO ROCCA

Sul cicaleccio frizzante dell’or­

chestra s’eleva una corale innodia

nuziale, il cui tema (IV), già noto,

non rifulge di serena luce: è in

essa l’ombra d’un antico, rasse­

gnato, abituale dolore. Escono

servi dal portone e distribuiscono

cibi ed acquavite ai mendicanti:

grida di giubilo si confondonocon

ammirate augurali esclamazioni.

Ma nonostante la parata a festa,

è immanente l'elemento doloroso.

Ad un lato della scena, dinanzi

alla vecchia Sinagoga, è una stele

alla quale alcuni mendicanti fore­

stieri s’avvicinano curiosamente e

cercano di leggere quanto v'è

scritto. Chi è del luogo spiega:

« É la tombadei santi fidanzati che

han patito il martirio. Orrenda

storia». E la storia vien raccon-

tataframmentariamente, unpo' da

ciascuno, un po' da tutti insieme,

con l'evidenza, lacommossasince­

rità e l'amore che anima le memorie d'una gente:

«Ahi, ahi! Son già cent'anni... Vennero i cosacchi.

Saccheggi, massacri, violati i luoghi sacri! Incendi e

stragi e pianto!... E questi due innocenti caddero

uccisi, sotto il baldacchino nuziale, qui!... E furono

sepolti in una sola fossa, entro la terra rossa del loro

sangue! Or, quando si fan nozze, un sospirar som­

messo da questa tomba sale! E dura ancora una pie­

tosa usanza...: ogni corteo nuziale qui passa e sosta e

danza... per rallegrare un poco i fidanzati estinti ».

Il musicista ha valorizzato stupendamente questo

mirabile spunto. Il tema:

Andantestanco

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co-racchi

sostanziato da un dolore di multitudine, ora è pre­

sentato monodicamente, ora cantato da tutti insieme,

mentre dall'una all'altra voce passano lamentosi e

commossi frammenti, allucinate esclamazioni e plo­

ranti vocalizzi corali.

Le penosa atmosfera vien d’un tratto diradata

dal giulivo prorompere orchestrale che accompagna

Maier, annunciante pomposamente che il generoso

Sender apre atutti la portaedonadenaro: tumultuosa

la folla invade la casa ospitale e, allorquando Maier

ne riapre la porta, giunge un rapido e chiassoso

ritmo ternario di danza. Frade, scorta Leah che,

secondo l’uso nuziale, balla coi mendicanti, la chiama

premurosamente. Dal cortile esce a poco a poco

una folla miserabile di storpi, di deformi, di zoppi

che travolge Leah. disfatta e smarrita, nel caotico

turbine della danza spiacevole e grottesca, che, gra­

datamente. diviene cantata, secondo l'uso popola­

resco del motivo intonato allitterativamente e ritmi­

camente rinforzato dal picchio delle mani:

J - ito

f 1 r

* f L» la U la la la la la lt I» la la la b

È un parossistico tumulto di tregenda, nello scom­

posto urlo collettivo che poi si placa a poco a poco,

allontanandosi i mendicanti, mentre il giorno si

spegne.

Lividi fantasmi scivolano d'intorno a Leah rimasta

sola. L'orchestra scandisce un ritmo « quasi di haba­

nera», sul quale nasce un motivo (corno inglese)

cupo e spettrale, che accompagna l'apparizione e le

movenze d'una paurosa cieca, la quale s'accosta alla

fanciulla, e. senza toccarla, come per potere di sug­

gestione, la costringe a seguirla in una sua danza

singolare. Bieca immagine della morte, morte pre­

sagisce a Leah, muta e sfinita. Dal molle andamento

iniziale, la danza passa ad una stridente vivacità di

vertigine risolventesi nella sghignazzata del sinistro

personaggio. Ritorna il movimento di prima che,

attraverso a discendenti passi cromatici, diminuisce

sino ad estinguersi.

Ecco riapparire i mendicanti nel ritmo volgare

della loro danza. Leah, priva deH'incorporeo sostegno

della cieca, sta per cadere; ma l'accolgono le braccia

di Frade. Alla nutrice undolce rimprovero: c Quando

si lascia sola la fidanzata prima delle nozze, gli spiriti

malvagi la portano lontano». Frade non vuol che si

parli di spiriti: ne teme l’onnipresenza e la vendetta.

Nel cuore di Le*h, invece, non v’è terrore, ma

rimpianto: c No, no, nutrice. I neri spìriti non sono

attorno a noi, neU'aria. Ma i morti, i morti che non