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I PIONIERI PIEMONTESI NELL'AFRICA ORIENTALE

300 indigeni uccisi, « i depositi di dura scoperti e

depredati, la fiorente messe distrutta, perchè non

matura. Ecco la somma delle prodezze dell'inclita

schiera abissina! ». Dopo avere ammirato il panorama

da una collina, il Baudi, portato, più che sorretto, da’

suoi uomini, prende la via per riunirsi a Candeo.

I due viaggiatori avrebbero voluto proseguire

nell'esplorazione dell'alto Uebi; ma questo compito

era riservato a un altro grande italiano: S. A. R. il

Principe Luigi di Savoia, Duca degli Abruzzi.

II paese che attraversano nel ritorno offre un

aspetto miserando per le razzie degli Abissini per i

quali le popolazioni somale nutrono naturalmente

un odio profondo. Il

21

maggio i due esploratori

giungono nel grosso villaggio amhara di Helalame,

ove il capo abissino Betz-Bass li accoglie benevol­

mente, facendo gli elogi di Antinori, Cecchi e Chia­

rini: ma non li lascia partire che dopo avere ottenuto

in dono cartucce e cotonate.

Ad Harrar i due esploratori italiani sono da prin­

cipio trattati molto male e vengono chiusi in carcere.

Liberati per l'energico intervento di Scarfoglio e di

Felter, si presentano a Combole a ras Maconnen, il

quale una prima volta li riceve benevolmente, ma

poi, mutando contegno, li invita a lasciare immedia­

tamente l'Harrar: le loro carte vengono sequestrate

e tutte le loro raccolte manomesse e in gran parte

distrutte. Ras Maconnen era venuto a sapere che

erano essi, Baudi e Candeo, i due temuti

frengi,

che

avevano, con la loro presenza, affrettata la ritirata

della truppe abissine che avevano razziato la regione

di Ime.

Il

IO giugno Baudi e Candeo partono da Harrar

ed il 16dello stesso mese sono a Zeila, ove le auto­

rità inglesi accolgono festosamente i due valorosi

esploratori italiani, che, per i primi, partendo dalla

costa del golfo di Aden, avevano raggiunto l'alto

Uebi Scebeli.

Quando il conte Enrico Baudi di Vesme giunge

in Italia, al Crispi che, per il tramite del generale

Luchino Dal Verme, aveva incoraggiato il Baudi di

Vesme a compiere un viaggio di esplorazione del-

l'Ogaden e nelle regioni dell'Alto Uebi, era successo

II Di Rudinì, il quale sosteneva che l'Italia non doveva

più spendere in avventure africane. Delle cinque

domande di protettorato consegnate dal Baudi di

(1) Bollettino della Società Geografica Italiana. Roma, 1875, p. 2(1.

Poco più avanti il Correnti scrive: « L'Africa ci attira invincibilmente.

È una predestinazione. Ci sta sugli occhi da

Unti

secoli questo libro

suggellato, quest’orizzonte misterioso, che ci chiude lo spazio,

che ci rende semibarbaro il Mediterraneo, che costringe l'Italia a

trovarsi sugli ultimi confini del mondo civile... Occorre far subito,

a non voler essere gli ultimissimi... », p. 226.

(2) Issel A., Viaggio nel Mar Rosso e tra i Bogos, p. 212.

(3) De Lorenzo F., Sciotel-Abissinio. Vicende della Colonia del

Padre Stella e progetto per restaurarla. Napoli, 1887, pp. 20 e segg.

(4) Issel A .. Op. cit., p. 112.

(5) De Lorenzo F.. Op. cit.. p. 39. Della cotona di Sciotel aveva

data qualche notizia Orazio Antinori, che ebbe occasione di trat-

Vesme al Ministero degli Esteri due sole furono pub­

blicate nella ben nota « Raccolta di trattati conven­

zioni, ecc. relativi all 'Africa » (Roma, 1906). Le altre

forse andarono perdute o giacciono ignorate nel­

l'archivio del Ministero degli Esteri.

Questo viaggio di esplorazione nell'Ogaden ebbe

una scarsa eco in Italia. Della relazione pubblicata

nel Bollettino della Società Geografica Italiana si

fecero pochi estratti, e quindi non fu conosciuta dal

gran pubblico. Proibito il Baudi di comunque accen­

nare, nella sua relazione o altrove, che cinque capi­

tribù dell'Ogaden avevano chiesto il protettorato

italiano. Questo forte e nobile soldato, che aveva

affrontato silenziosamente mille pericoli per far cosa

utile e onorevole al suo paese, si ritirò, sconfortato,

molto presto dall'esercito.

Entrato in relazione con l'illustre esploratore lo

persuasi a rivedere e a redigere una nuova narrazione

de' suoi viaggi. Il conte Baudi di Vesme, quantunque

già avanzato negli anni, si mise all’opera e, pochi

mesi prima che mancasse, mi consegnava il mano­

scritto che fu esposto nella Mostra storica delle nostre

colonie di Firenze durante il Primo Congresso di

Studi Coloniali (1931).

Il

Baudi di Vesme possedeva una buona prepar

zione scientifica, e perciò ne’ suoi viaggi si dimostrò

buon osservatore dei fenomeni scientifici e dell’am­

biente umano. Se si pensa alla massa di osservazioni

e di notizie da lui raccolte ne' suoi non lunghi viaggi,

non si può a meno di deplorare che un tale uomo,

il quale aveva dimostrato di possedere nel più alto

grado tutte le qualità dell’esploratore, non sia stato

apprezzato come doveva, e non abbia avuto modo

di manifestare le sue attitudini a studiare paesi nuovi

in esplorazioni di maggiore importanza.

Intanto merito grandissimo del conte Enrico

Baudi di Vesme, e del suo bra^o compagno Giuseppe

Candeo, è quello di essere penetrati per i primi

nel cuore della vasta regione dell'Ogaden proprio

negli anni in cui, con le loro feroci razzie, lo andavano

conquistando gli Abissini. Lo spirito del capitano

Baudi di Vesme è oggi co' suoi fratelli in arme, laggiù

sulle rive dell'Ufbi Scebeli, per guidarli verso quel

«Paradiso dei Somali», l'Ogaden, ch'egli, già nove

lustri or sono, aveva cercato di porre sotto il pro­

tettorato dell'Italia.

N I PIERO GIÙBAUDI

tare con la vedova dello Zucchi e potè avere tra le mani una lettera

(18 aprile |£69) del sig. Lambertenghi, console italiano a Suez, e

una lettera dd Bonichi. scritta poco prima della morte del P. Stella

al console suddetto per pregarlo di far conoscere, a mezzo dei

giornali, che da Sciotel si potevano inviare in Europa bestie feroci

ed animali 'selvaggi viventi. « Se la Società Geografica - scrive l'An-

tinori » avesse cinquemila soci, sospenderebbe Is pubblicazione

del Bollettino, per mandare 100.000 franchi al P. Stella, e a' suoi

coloni, che sono alle prese cogli elefanti e co' leoni dello Tseda

Amba». Bollettino della Società Geografico, Firenze, 1869, Fate. Ili,

p. 469-74.

(6)

La migliore biografia del Massaiaè ancoraquella di Gentile L.

l'apostolo de« Golia » Vito del

Card. Guglielmo Massaia

cappuccine