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g§té d

une manière inconcevable "

(28).

Il

21

giunse

a

Torino. Sarebbe diventato ministro degli èsteri o

ambasciatore,

per esempio, a Roma? “ Ma philosophie

fait

rire

le

Roi, qui me dira son secret quand il le

voudra.

En attendant, le public, dans sa bonté, me

donne

tous les jours un emploi auquel il ne manque

que de

Lettres patentes de nomination ”

(29).

Final­

mente,

il

15

dicembre

1818,

ricevette il titolo di

Ministro

di Stato e fu restituito, dopo tanti anni, alla

magistratura

con l’antico altissimo grado di Reggente

la

Grande Cancelleria. " J ’obtiens toujours ” , scrisse

melanconicamente al Bonald il

22

marzo

1819,

*' ce

que

je n’attends pas, et jamais je n’obtiens ce que

j ’attends

VII.

In quello stesso anno

1819

pubblicò il libro Du

Pape, al quale, nel

1820,

fece seguire quello De l'Eglise

gallicane. "L'infallibilité dans l'ordre spirituel et la

souveraineté dans l’ordre temporei sont deux mots

parfaitement synonymes. L’un et l’autre expriment

cette haute puissance qui les domine toutes, dont

toutes les autres dérivent, qui gouverne et n’est pas

gouverné, qui juge et n’est pas jugée Sotto la

" suprématie mesurée du pouvoir spirituel suprème ”

devono riunirsi e confondersi tutte le sovranità tem­

porali, assolute e infallibili nella loro sfera. Respublica

christiana. Questa riabilitazione del Papato medioe­

vale era nell'aria, ma praticamente il libro non ebbe

fortuna. Tutti i Principi rimanevanofedeli, piùomeno,

al giurisdizionalismo del sec. XVIII, e, nella Francia

stessa, i cosiddetti ultramontani si appoggiavano a

Roma di fronte al Re, ma, nei loro rapporti col Papa,

si sentivano molto vicini, com'era sempre avvenuto,

ai loro avversari gallicani. Nè più soddisfatta fu Roma.

A

che cosa poteva giovare un’affermazione così poco

diplomatica della teocrazia pontifìcia? E che dire poi

di un’opera in cui la Chiesa, posta sullo stesso piano

delle sovranità temporali, sembrava dichiarata infal­

libile non per istituzione divina, ma per le esigenze

dell'ordine e della pace in Europa? (30).

Così il De Maistre non avrebbe più potuto andare

ambasciatore a Roma. Sulla fine del 1819 sperò il

portafoglio dell'interno, ma la scelta cadde invece su

Prospero Balbo. " Certo " , scrisse più tardi F. Sclopis,

" egli superava tutti nella vivacità dell’ingegno, ma

cedeva loro nella prudenza e nell'abilità per gli affari.

Anzi mi pareva che, come uomo di governo e pretto

diplomatico non fosse dagli altri preso veramente

sui serio" (30. Il suo regno era infatti nei campi

GIUSEPPE

del pensiero, non in quelli dell’azione politica. Car­

teggiava con gli amici lontani di Francia e di Russia e

attendeva alle opere che, incominciate a Pietroburgo,

uscirono poi dopo la sua morte, all 'Examen de la

philosophie de Bacon e alle So/rées de St-Pétersbourg.

“ Les Soirées sont mon ouvrage chéri. J ’y ai versé

ma téte ” (32). Aveva acquistato una terra in Pie­

monte, poiché alla proprietà della terra si appoggiano

le-tradizioni famigliari, ma il suo pensiero correva

spesso alle sue montagne savoiarde, alla sua vecchia

Chambéry e agli anni ormai remoti della sua infanzia.

" Les gens qui jalouissent mes emplois, mon rang et

mon attitude à la Cour ", scriveva il 22 febbraio 1820

all’ab. Rey, col quale collaborava alla diffusione del-

l'Amicizia cattolica, " ne connaissent pas toutes mes

dignités: ils ne savent pas que je suis Penitent noir à

Chambéry. Voilà, cher abbé, ce qui me reste de ma

patrie. Mon grand-papa me donna mon livre et mon

habit en 1768, mais Dieu sait s’ils nesont pas égarés.

Quoiqu’il en soit je pourrais ètre recteur et c’est

l'unique emploi à ma portée dans ma chère patrie ".

Verso la fine dell’anno una paralisi gli tolse l'uso

delle gambe.

t beaucoup pour un bipéde

cosi il 5 febbraio 1821 alla duchessa di Cars. • Tous

les réves sont finis Ma continuava a scrivere, a

meditare e a scrutare dal suo letto d'infermo l’oscuro

avvenire. A Parigi era stato ucciso il duca di Berry,

laGermania era inquieta, e dalla Spagna la rivoluzione

s’era diffusa nel Portogallo, a Napoli e in Sicilia.

Quale immensa catastrofe preparava il “ dogme ab-

surde et funeste de la souveraineté du peuple ",

questa “ fièvre constitutionnelle " da cui non era

più immune neppure il Piemonte? ** Je meurs avec

l’Europe " (33). Il 21 febbraio scrisse al marchese

D'Azeglio ch'egli pure odiava l'Austria e riteneva

che il più grande male per una nazione fosse l'obbe­

dire ad un'altra; ma - aggiungeva - “ le Piémont

peut ètre plus heureux et plus florissant comme

grande province ou comme petite souveraineté? Pour

moi, je me déterminerais pour le second état...

Sommes-nous

donc Italiens? En verité, je l'ignore ".

Fu il suo ultimo paradosso! Mori cinque giorni dopo,

il 26 febbraio 1821. alla vigilia del primo immaturo,

ma non sterile tentativo di alleanza del Piemonte

sabaudocon la rivoluzione italiana. La suasalmavenne

sepolta nella chiesa di Allessano donde, nd 1833, fu

trasferita in qudla dei Ss. Martiri a Torino presso i

Gesuiti, eh'erano stati i suoi primi maestri a Cham­

béry e ch’egli aveva difesi in Russia, amati, ammirati,

esaltati sempre e duvunque con la parola e con gli

scritti.

(1) Las cornea du conte J. Do M. pjMifc pas te cornee Xavier Oc

Afatare. Uvre-Joumal. 1790-1117. Lyon, Vitta. 1923. •La bibfcognrfU

* qui ridotta, par ragioni di spazio, alio st/atto nacanano.

(2) F. Varmaia. in rivista • Fart 1930-1931. E inoltra: J. Do

M. emigri. Chambéry. Dardai, 1927, • apara ivi citata.

(3) CEmm compita* daJ. O»M. Lyon. Vitta. ISM-IMi. voM. 14.

di cui cinque (9-14) contangano, a » ottanti piò o mm

lacuna, la corràpondanza apirtelari. Vad. voi. XM. 417. E inoltra:

F. Daacostas. J. Do A», mane lo rfofadon. Paris, Picard. 1193,

volt. 2.

(4) t. Sacrat. J. DoM. sutatftut al sinaaaur. Chambéry, Oardai,

1927, p. 13.

(5) C. Da PailSatta, Limo #Mar al €o

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