LA PORTA PALATINA. MONUMENTO CAPITALE DI ROMANITÀ IN PIEMONTE
F'g. 5 -
Stato p rm n ti dalla Porta Palatina
(da settentrione)
Non sono, con ciò, esauriti i particolari architet
tonici della complessa Porta Palatina. Considerando
l ’antica area lastricata antistante alla porta, da mezzo
giorno, si osservano tuttora certi plinti, o basamenti,
che sorgono dal suolo (v. fìg. I) per l'altezza di pochi
centimetri. Sono, codesti plinti, l ’estrema testimo
nianza di antichi pilastri in muratura, già riuniti fra
loro da archi a pieno centro, atti a costituire quattro
fòrnici interni, in tutto corrispondenti al disegno dei
fòrnici esterni descritti. Il vano tra i due sistemi di
aperture, era limitato lateralmente, da muri-dia-
frammi in relazione ai passaggi minori, corrispondenti
ai marciapiedi (
crepidmes
).
Il vano rettangolare centrale costituiva il cortile
interno,
cavaedium o propugnaculum,
acompletamento
architettonico della
statio.
residenza di un corpo di
guardia (7). In caso di forzato passaggio, da parte del
nemico,* per le aperture esterne, protette, come si
ritiene, da
cataractae, o
saracinesche, il cortile in
terno poteva costituire per l ’assalitore una trappola
mortale, e rappresentava, in ogni caso, una garanzia
di appoggio e di respiro per i difensori.
Poiché il medesimo schema architettonico si ripe
teva per ciascuna porta della città, si può dire che
questa fosse difesa aH’intorno. oltre che dalle mura,
da quattro fortin i corrispondenti alle quattro sto-
tiones presso le porte. Tale complesso e perfezionato
tipo di porta urbica prende Se mosse dall’arte forti
ficatoria riconoscibile, su suolo etrusco, in età pre
romana. Il cortile interno, o
cavaedium,
trovasi già
perfettamente sviluppato nella Porta all'Arco a Vol
terra (del IV secolo a. C.), ad
unico fòrnice. Non è dato seguire
storicamente le progressive fasi
di sviluppo del tipo della porta
urbica a più fòrnici, nel mondo
romano, mancando soprattutto le
testimonianze monumentali delle
porte repubblicane di Roma. É
però agevo*e riconoscere che il
tipo più progredito della porta
urbica romana, così come fu rea
lizzato dai costruttori della cinta
torinese, venne, in età augustea,
largamente applicato a vantaggio
di città romane dell'Italia setten
trionale e della Gallia transalpina.
La
Porta Praetoria
di Aosta pos
siede il
cavaedium
ed è a triplice
fòrnice. Le città galliche di Autun
(
Augustodunum) e
di Nìmes
(Ne-
mausus)
erano pure racchiuse
dentro una cinta fortificata con
quattro porte, ciascuna delle quali
a quattro fòrnici. Una impressio
nante somiglianza con la Porta
Palatina di Torino offrono le due
superstiti porte romane di Autun:
e cioè la Porta d'Arroux e laPorta
S. Andrea, con la coppia di fòr
nici maggiori fiancheggiata da fòrnici minori, e con
il primo piano, unico superstite, di finestre-feri
toie (8).
* * *
Che le porte dell
’oppidum
torinese, insieme con
tutto il sistema fortificato, fossero in piena efficienza
ancora in età costantiniana, è storicamente attestato
dal comportamento dei Torinesi in seguito alla disfatta
inflitta da Costantino ai seguaci di Massenzio, presso
Collegno, nella primavera dell’anno 312 (9). Dopo di
che, e prima di passare alle vicende incontrate dalla
Porta Palatina in età medioevale, ci sia permessa
un’osservazione di carattere generale. Se. col trionfo
del cristianesimo, il più feroce spirito di distruzione
si abbattè sui santuari, sui teatri e sugli edifici in
genere, sacri e profani, di divertimento e di passa
tempo della vecchia società romana, pagana e ido
latra, altri edifici invece, il cui carattere, senza offen
dere lo spirito religioso e intollerante delle moltitu-
diai, poteva anche rispondere a particolari esigenze
di genere pratico, furono rispettati, lasciati in piedi,
e all'occorrenza riparati e restaurati. Così ci spie
ghiamo come in Torino, di fronte alia sparizione di
* tante superbe costruzioni che abbellivano la città,
rimanesse in piedi l'intera cinta augustea delle mura,
insieme con tutto il suo razionale sistema difensivo.
In secoli d’invasioni e di gravi rivolgimenti politici,
più volte gli abitanti di Torino e dintorni dovettero
riporre le loro speranze di salvezza e di libertà nella
efficienza dell‘antica cinta fortificata.
A