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LA PORTA PALATINA, MONUMENTO CAPITALE DI ROMANITÀ IN PIEMONTE

Fi*. 7

• Il auitter* dagli «cavi

(a sud di Porta Palatina)

nsH'autunno IM4

Il disegno di Giuliano da Sangallo. riproducente la

porta meridionale della città, o

Porta Marmorea,

se­

condo un modello il quale si identifica con il modello

della opposta Porta Palatina — disegno riesumato

giàdal Promis nella Biblioteca Barberiniana Vaticana—

c’illumina intorno all’unica porta cittadina sulle cui

particolarità sarebbe stato ancora possibile, mancando

altra precisa documentazione, nutrire qualche dub­

bio (20).

*

Gli imponenti lavori di fortificazione promossi da

Emanuele Filiberto, iniziano, con una trasformazione

radicale dei tradizionali sistemi di difesa permanente,

un’èra nuova nella storia edilizia della città. Il giorno

2 settembre 1565 viene posta la prima pietra per la

costruzione della celebre Cittadella, all'angolo sud-

ovest della cinta augustea. Contemporaneamente, o

quasi, scompare ogni traccia della Porta Marmorea,

situata non molto lontano dal cantiere della Citta­

della. Rimangono tuttavia ancora in piedi le porte

settentrionale e occidentale della città, com’è atte­

stato dalla pianta di Torino fatta eseguire da Filiberto

Pingone nel 1572 e da lui pubblicata nel 1577 (21).

Pochi anni dopo, in occasione del solenne ingresso,

in Torino, di Caterina d'Austria, condotta sposa al

duca Carlo Emanuele I, nei 1585. si procedeva a de­

molire ciò che restava della porta occidentale della

città: altrimenti detta Porta Segusina (22). Col pro­

gressivo sollevamento dei piani stradali, urbani e

suburbani (a causa dell’escavazione sempre più ampia

del fossato a protezione della città), le porte del-

i'oppidum

si erano venute interrando. I fòrnici minori,

ostruiti gradatamente, erano scomparsi alta vista.

E di mano in mano più scomoda si rendeva anche la

pratica utilizzazione dei fòrnici maggiori. Forse già a

quella data il piano stradale circostante alle porte

romane aveva raggiunta quell'altezza che tuttora si

vede a settentrione della Porta Palatina (v. fig. 5),

con la luce dei fòrnici principali ridotta a metà circa

dell'altezza originaria, e i fòrnici minori quasi non

più visibili.-v

Da testimonianze grafiche del tempo di Emanuele

Filiberto emerge che sin d'allora almeno, la Porta

Palazzo aveva cessato di funzionare come via normale

di passaggio dall’esterno all'interno della città, e

viceversa. Ciò a causa, evidentemente, delle accen­

nate sopraelevazioni stradali. Senza ricorrere, per

la Porta Palatina, al ripiego radicale della demoli­

zione, era stata praticata una breccia nella cortina

di muro antico a ridosso della torre occidentale, e

per questo nuovo passaggio era stato incanalato il

traffico. Il ponte stabile, di legno, che cavalcava il

fossato, avendo già una testa di ponte fissa sulla

riva opposta alla porta, e di fronte a questa, venne

pertanto ricostruito con andamento obliquo (23).

I

lavori di riattamento e di manutenzione in genere

di Jutto il sistema delle to rri e fortificazioni, spet­

tava, come già ci è noto, alla C ittà, cioè al Comune.

Così nel “ Libro, ossia Registro delti Consigli, Con-

gregationi, Proposte, Ordini, Mandati, Instrumenti

•ed a ltri A tti del Consiglio deH'illustre Città di Tu­

rino dell‘anno 1603 (cominciato al I* di ottobre di

esso anno), a carte 4 e addì 5 ottobre, è riportata la

*• Commissione al Maestro di Raggione (sic) di far

accomodar le torri di Porta Palazzo e le garitte ”

(v. Appendice. Docum. n. I). La denominazione di

•• Porta Palazzo " , quale appare per la prima volta