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IL CAVALIERE DI GRAMMONT A TORINO E LA SAGGEZZA DELLA SIGNORINA DI SAN GERMANO

impiegato per venire, in vettura a quattro cavalli,

ed invano vigilato dal fido domestico Brisson, dalla

Francia aTorino, egli band) la noiadal campofrancese.

In compagnia di Matta, cavaliere francese di nascita

oscura e di risorse equivoche, che fu l'inseparabile

suo fratello d'armi, tenne tavola bandita per la ga­

stronomia ed il giuoco. I generali a turno approfitta­

vano della loro liberalità; la coppia Grammont-Matta

era alla moda: gli alti ufficiali dell'armata erano orgo­

gliosi di pranzare alla loro tavola e, se occorreva,

farsi scorticare a partite di faraone che duravano

tutta la notte e talvolta anche il giorno seguente.

Il giuoco non era sempre corretto, come del resto

era indulgentemente tollerato in quei tempi. È cu­

rioso l'episodio della partita con il ricchissimo Conte

di Camerana, colonnello di cavalleria nell'esercito

piemontese, che i due soci pensarono di svaligiare

a sostegno dei loro fondi di cassa pericolanti.

Invitato a gustare della cacciagione, abbattuta in

spedizioni non bellicose nelle pianure di Trino, fu

trascinato insensibilmente al tavolo da giuoco, per

il qualetutto era predisposto, anche le carte segnate...

Ma i due compari avevano preparato anche qualche

altra cosa, che di solito non fa parte degli armamen­

tari delle bische: un distaccamento di fanteria, agli

ordini del sergente La Place, imboscato presso la

villa per difendere il gran signore francese, nel caso

che il gran signore piemontese, accortosi di qualche

irregolarità, avesse ricorso al drappello di cavalleg-

geri che gli era stato di scorta.

Però, malgrado le astute risorse e le imboscate

protettive, gli amici si trovarono un giorno nella più

completa bolletta; dopo avere ospitato tutti i generali

ed i comandanti, si accingevano alla loro volta a farsi

mantenere un po' da essi quando, espugnata la piazza

di Trino, la coppia Grammont-Matta si trasferì a

Torino verso nuove avventure e nuove fortune.

Nella capitale Sabauda vennero accolti con pre­

mura e subito divennero di casa alla Corte. Erano

giovani e belli, spiritosi e prodighi. In quale paesedel

mondo non si farebbe fortuna con tali argomenti?

« Torino era allora - lasciamo parlare Hamilton -

il paese dell'amore e della galanteria», ed i due stra­

nieri, che non avevano nessuna intenzione d: anno­

iarsi, ci misero poco a far passare la noia alle dame

della Corte.

Le signore avevanoobbligatoriamente un Cicisbeo

le cui funzioni erano severamente definite dal proto­

collo della galanteria. Potevano avere degli altri ado­

ratori. più o meno segreti e platonici, ma i titolari

portavano il colore deile loro dame, il loro stemma,

e qualchevolta il loro nome. Loro dovere era di mai

abbandonarle in pubblico e mai avvicinarle in privato.

Il

Cavaliere di Grammont scelse la signorina di

San Germano, ed impose all'amico Matta di dedicarsi

alla Marchesa di «Sénantes», nome che non mi è

riescilo di individuare meglio nella nobiltà piemon­

tese e savoiarda.

La San Germano, nella primavera degli anni,

aveva gli occhi piccoli ma estremamente brillanti e

svegli, e neri come i suoi capelli. Tutto in lei era

naturale e gradevole; amena, vivace, confidente e

cortese.

Matta avrebbe preferito dedicarsi a qualche bel­

lezza meno circondata dai protocolli dell'alta galan­

teria, ma subiva l'influenza del gran signore suo

amico ed accettò un po' a malincuore la Marchesa di

Sénantes. Bionda, opulenta, tendente al rosso, aveva

tutte le attrattive che accompagnano i capelli rossi

senza averne gli inconvenienti. Dotata di molto spi­

rito, era avida di letture, ed ancor più di tenerezza.

Ella era fiancheggiata da un marito che si piccava di

essere stoico, ed in onore di questa sua professione

di fede filosofica ostentava la più grande trascuratezza

nel fisico e nel vestiario. Vi riesciva perfettamente

perché, essendo molto obeso, sudava perfettamente

in inverno come in estate. Nella sua conversazione

brillavano insieme l'erudizione e la volgarità. Non

era geloso, ma era un marito incomodo poiché,

pure incantato che facessero la corte alla moglie,

pretendeva che la facessero anche, ed ancora più

accentuata, a lui stesso.

Il

Cavaliere di Grammont presi

!e colore

della San Germano, e affogò l'amico Matta nel bleu,

colore della Sénantes. Entrarono in funzione. Gram­

mont imparò e praticò tutto il cerimoniale della

galanteria, come se non avesse mai fatto altro; Matta

di solito ne dimenticava la metà, prendendosi delle

occhiatacce dalla Marchesa e delle strapazzate d?1

compagno.

Madama Reale, figlia di Enrico IV, faceva della sua

Corte il luogo più piacevole del mondo; aveva preso

molto da suo padre, grande principe e grande ama­

tore. Suo primo Ministro era il Conte Tana, della

illustre famiglia di Chieri, ora estinta.

Dopo pochi giorni dacché i due cavalieri francesi,

erano entrati in funzione di cicisbei, Madama di Sa­

voia diede una festa alla Venaria. Grammont si com­

portòcon lapiù perfettaconoscenzaed il piùcompleto

rispettodel codicedellagalanteria, bruciando le tappe

nel cuore della San Germano; mentre Matta, disin­

volto ed indisciplinato, faceva parecchiegaffes. Strinse

troppo fòrte la mano alla Sénantes, nel momentoche

ella saliva in carrozza, e, pur scortandola a cavallo

allo sportello, come era di obbligo, se ne distaccava

di tempo in tempo per inseguire le lepri attraverso

i campi. In queste digressioni venatorie gli riuscì di

catturare due pernici, ed appena giunto a Torino si

affrettò a portarle a casadella suadama. Il domestico

gli chiese se voleva vedere il Marchese. Matta, spre­

giudicato, disse che cercava della signora. Gli fu

risposto che ella era assente.

Invece era in casa, e precisamente tutta in­

tenta a pettinarsi in onore del suo cavaliere, e non

sapeva affatto che questi batteva alla sua porta.

Il marito lo sapeva benissimo, ma si era offeso che

la prima visita non fòsse stata per lui. Prese a pedate

il domestico che aveva accetti lo le pcrmd e gliele

fece riportare a osa del donatore. Matta, spensierato

^ filosofo} se le mangiò-