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Sostro padre stava combattendo in trincea. Tuttavia

avevamo una certa invidia {ter Marco che dimostrava di

conoscere meglio di noi le cose della guerra. Tutti gli "diri

bambini, standolo a sentire con ferma attenzione, gli rico­

noscevano questa sua supremazia ed egli era orgoglioso di

se e di suo padre. Alle nostre dubbiose obiezioni. Marco

rispondeva:

» La guerra è come dico io. Quando ci andremo noi.

si vedrà se io dicevo giusto ».

Dopo due anni esatti dacché nostro padre era partito,

una mattina la mamma corse a svegliarci e pareva impaz­

zisse. tanto non cessava di ridere e di piangere. Riuscimmo

a capire che nostro padre stava per tornare dal fronte:

f Domani — disse nostra madre — arriva papà e noi

andremo ad attenderlo alla stazione. La guerra è finita e

papà ritorna ».

A parte il diversivo di andare alla stazione dove si ve­

deva il treno e tanta gente con i berretti delle foggie più

strane, con le righe d'oro o d'argento, noi avevamo nel cuore

una grande felicità poiché vedevamo nostra madre felice

ed avevamo già vivo il desiderio di rivedere nostro padre

che ci avrebbe raccontato tutte le gesta che sanno fare i

soldati, i soldati veri. Son riuscivamo però a capacitarci

che la guerra fosse terminata: ci pareva che ormai non ci

fosse più nulla da fare e che. finita cosi la guerra, noi

non avremmo più potuto combattere e perciò, fatti uomini,

non avremmo potuto neppure raccontare ai nostri ragazzi

le nostre imprese d'eroismo. Questo fatto costituiva per noi

un grosso dispiacere ed io e mio fratello rimanemmo im­

bronciati per buona parte del giorno. Son osammo neppure

d'andare a giocare con gli altri amici perchè non volevamo

che essi sa/tessero che non c'era più la guerra e che nostro

padre sarebbe ritornato. Mostra madre invece pareva rinata

e rideva e ci abbracciava e cantava e lavorava in cu­

cina. poiché voleva preparare a nostro padre un buon

pranzo.

L'indomani mattina appena alzati, nostra madre ci ras­

settòper bene eci mise anche la cravatta dellefeste. Partimmo

con la stessa carrozza di Fabio che aveva portato via nostro

padre. Il cielo era pieno di sole e gli ulivi si curvavano /ter

via dei frutti neri e polposi. Sembrava che non si fosse

neppure in inverno.

Alla stazione c'era molto movimento di persone e noi

ne fummo un po' storditi. C'erano persino i cordoni dei

carabinieri per non lasciar passare la gente. La gente ur­

lava da forsennata ma si intuiva benissimo che erano

grida di gioia. Alla stazione cera pure la musica del paese

ed il fracasso era quindi muggiore.

Quando arrivò lentamente il treno — che era tutto imban­

dierato — la folla si ammutoTi d'improvviso e pareva la

conclusione d'un grandioso lemfiorale.

Fermatosi il treno, cominciarono a scendere i soldati e

si buttavano nelle braccia dei parenti.

Io vidi mio padre per primo. M io padre venne di corsa

incontro a noi e non finiva di abbracciarci. Poi salimmo

tutti insieme nella carrozza di Fabio. Mio padre era assai

più magro di quando era partito, ma era assai contento.

Ci aveva portate molte caramelle, non però il fucile che ci

aveva promesso la sera della sua partenza.

Arrivati che fummo, nostro padre indossò subito Tabito

borghese che gli areta preparato la mamma:

« Abbiamo vinto — disse — ora siamo in pace e la nos

patria è salva ».

Mangiando, nostro padre ci raccontò qualche episod

della guerra che aveva fatta e noi ci accorgevamo che Mar

aveva ragione su ogni punto. Mentre nostro padre sta

raccontando, nostra madre rabbrividiva e allora nostro pad

che se ne accorgeva, mutava discorso. Ma noi avremmo voi

che egli ci avesse narrato i minimi particolari di ogni co

specialmente il modo con cui si andava all'assalto con

baionetta, come aveva detto Marco.

Sei giorni seguenti, riferimmo agli altri quello che

aveva raccontalo nostro padre. I inno alla cascata del

lino, stavano tutti intenti ad ascoltarci. Mio fratello

io si andava a gara a chi ricordava più cose. Marco n

c'era.

Alla stazione infatti dove egli era andato con s

madre, il padre non era arrivato. Quando vennero a c

tutti tristi, trovarono suU'uia due carabinieri i quali di

sero che il padre di Marco era morto nell'ultima aziont

Povero Marco! Fra questo il motivo /ter cui egli non e

con noi a parlare della guerra.

Tre unni dopo ci nacque una sorella.

Poi. divenuti adulti, io aiutavo mio padre negli affari

di casa; mio fratello invece aveva scelto la carriera delb

armi ed era ormai uno dei migliori piloti tanto che i gior­

nali ne parlavano s/tesso e noi se ne andava superbi.

I

a

ragazze andavano matte per mio fratello ma egli non se nt

curava affatto. Pensava soltanto ai suoi apparecchi e al

nostro affetto. Parlava delle sue acrobazie di volo e dellt

sua arma con una fede purissima.

I n giorno mi giunse una cartolina di mobilitazione.

.(reta lo stesso colore di quella lontana cartolina che avevi

ricex'uto mio padre quando partì [ter la prima volta.

lo andai ancoru presso la cascata del molino. Adess*

la ruota era immobile ma l'acqua continuava a venire giù

come al tempo della mia infanzia. Però molto tempo era

passato con l'acqua nella clessidra. Là mi incontrai con

Uba. Alba era la mia ragazza. Aveva i capelli quasi di

rame e gli occhi azzurrissimi, molto mobili e dolci. Salu­

tandola e vedendola assai sconvolta nel viso e nella voce,

mi fece ricordare il giorno in cui mia madre venne a chia­

mare me e mio fratello al tempo in cui nostro padre parti

/ter la guerra.

Salii sulla solita ormai sgangheratissima carrozza di

Fabio il quale aveva già più di settant'anni. Sulla porta

mi salutavano mia madre mio padre e mia sorella. Mia

madre era ancora giovane ma aveva il volto più sottile e

più trasparente. Quando non li vidi più, smisi di sven­

tolare il fazzoletto e mi asciugai gli occhi, ma arerò nel

cuore una indicibile sofferenza come una spina di ma­

linconia.

In città si cantavano gli inni guerrieri e le ragazze ci

buttavano i fiori dalle finestre.

Con

me c'era anche Marco. Assieme si parlata dei nostri

primi giochi e della nostra casa. In poco tempo divenni amico

di tutti gli altri camerati della centuria. Dopo una settimana

si partì per il fronte. M io fratello s'era già conquistata

combattendo, una medaglia d'argento. M ia madre t mio

padre avevano donato alla patria i loro anelli matrimoniali.

CIUCIANO UNIRÒ

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