

E T B I N A D E L L A P O E S I A
( a c u r a d i E Z I O S A I N I )
N I C O L A M O S C A R D E L L I
IL COMPAGNO
È l'ora vrrginalr drl mattino,
risponde la rugiada
al richiamo drl nolr,
pirna l'aria è di voli.
E l'ora rhr somiglia al primo giorno
drll'anno r drl viaggio
allorquando i prnnirri
rguagliano in purrzza la rugiada
più chiari annai drl solr
r
Mitrano
lo spirito
arrri curar voli.
In qursta frrnra purità drll'arìa
oggi l'antico trmpo a mr ritorna
r intorno alla mia frontr
risento il soffio dri mattini ignari.
Qualcosa in mr iti muta
r un'ancia rcco mi prrndr
di trMirì perduti.
Rinasrrrr vorrei dallr radici
ciimr rinanrr il giorno dalla nottr
r mutarmi coni profondamrntr
rhr la lurrntr vrstr drl mio nangur
eguaglia"!- in nplrndorr
l’inronsutilr tunica d'un angrlo.
l ’gualr al rarbonaio rhr si accascia
a pie" della montagna notti» il peso
tirila Irgna tagliata
10 Minto a pir' drl mio nbigottimmto:
r romr il rahdomantr odr r travrdr
notti» la roccia il fil drlla norgrntr
coni io nrnto drntro mr una vocr:
non invidiar la luer dri superni
rirli. r la veste drllr creature
che presso Dio respirano l'eterno:
nappi che niuna gloria t più gloriosa
che quella d'esser uomo perituro
e peccator: la tua carne dolente
se tu vedessi mai rom'è splendente!
Kspero che scintilla in messo al cielo.
11 giglio che trasfigura la valle
non hanno tanta luce
quanta ne irraggia il corpo d'un cristiano
che gravate le spalle d'ogni peso
soccombe sotto i morsi della fame,
tal che la via deserta in cui s’esala
l'ultimo spirto suo
nella lingua degli uomini Via Lattea
si dovrebbe chiamar, di tanto lume
la imbeve il corpo immoto del caduto:
ma tu non sai e cerchi oltre la terra
quel cielo che calpesti,
e chiami Iddio, sensa vederlo fulgido
nel corpo stracco di chi ti sta al fianco.
S E R A
Kntra in casa la sera a piedi scalai:
sotto quella pretensa all'improvviso
s'illumina ogni viso:
non è che la sperau à del domani
che fa raggiar* l'anima per gli occhi:
rade il giorno,
mom ernie
la speranza:
ar anche questa cadeste
il sole più n
E S I L I
I/uomo, un di vidi l'uomo.
Ravvinai l'ali nopra il corpo ntracco,
ali di fiamma r in fondo alle pupille
arronnatr dal nangur non vrrsato
verdeggiar vidi piantr e maneggiare
fiori in margine a rivi
d'argrnto rd una frrsra luer chiara
avviluppava piantr fiorì rivi
quani pennier di m rntr mattutina.
l'omo, sri tu: brn riconosco l'rsulr
che la casa patrma porta in petto
dovunque vada e sempre si ricorda
drl canto degli uccelli in cima all'albero
chr stormiva sul rampo,
r il mormorio drl rivo rhr scendeva
a vallr gonfio drll'odor dri monti
prìmogrnito drlla prìmavrra.
I omo. non no sr parlo ormai di tr
o di mr: niamo fratelli
prl pansato r il presente: un draidrn-
rgualr ri nonpingr
di tomarr alla rasa rhr lanciammo,
alla casa drl Padrr: rgli da lungi
la polvrrr vrdrà drl nostro passo
r il vrcchio cuor gli balzerà nel prtto:
facendosi ombra con la mano, gli occhi
lrvrrà vrrso noi. r prima ancora
d'averri visti rgli saprà chi siamo:
nrllr sur brarria noi cadremo, e tutto
sarà nuovo e diverso: sarà come
il fiume che precipita nel mare
r addolrisrr la sua prna solinga
in qurlla verde immensità di pace,
patria trovando dopo il lungo esilio,
pace trovando dopo lunga guerra.
l ’omo. ravviso in te la mia sostansa:
e chiunque tu sia sri mio fratrllo.
I L F IO R E
Il fiore sconosciuto che non vinto
dal seno d'una roccia
seguendo il fil di luce d'una crepa
venne alla luce della terra e rìde
alle stagioni ignoto
e
non veduto
sparirà presto, e il vento
di quella breve vita
sperderà i resti: un fiore sensa nome.
Eppure nella sua caducità
emulò con lo stelo
il fulgore d'un raggio
e nella sua fremente levità
t'affrateflò col «ole.
l'omo, somiglia al fiore
e dall’orrore della tua giornata
tendi «Ha luce, supera il destine
nella t u quotidiana eternità.