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S E C O N D A

G U E R R A

« Seconda guerra > costituisce, a lume di

critica, una pagina documentaria su un evento

storico. Bisogna che. quando uno scrittore si

accinge a realizzare un libro innestato sur una

realtà storica in genere, su un opus bcllicuin

in specie, innanzi tutto abbia ben chiaro, e saldo,

il punto di vista donde egli vuole ritrarre il

quadro: ad evitare sproporzioni, sbilanci, fram ­

mentarismo. errori di valutazione. Ora ci pare

che Ciarlantini abbia scelto una strada ben sua

e ben netta: egli risale ai grandi eventi, ai fatti

centrali, scarsi e necessari, attraverso la realtà

spicciola: modo caratteristico, annalistico. direi,

di far della storia: modo, lasciatemelo scrivere,

difficile, e di scarso risultato immediato.

Alle prese con le difficoltà, dunque, complesse,

di cui cennai. Ciarlantini ha scritto questi

« annali > della seconda guerra con purezza

d’animo (ah. signori, è quella che propriamente

conta!), politezza di penna, chiarezza di visione,

viva potenza di sentimento. JSoti in lu i poi una

facoltà sicura di valutare l'evento nella sua giusta

misura: I odio alla retorica bolsa facile ingan­

nevole e servile: la sicurezza ed il coraggio del

giudizio ben delineato nei suoi propri confini.

Insomma. noi siamo di quelli che non si

accontentano di leggere uno scrittore: abbiamo

spesso la pretesa di leggere un uomo.

Questa pretesa vi mette pure sulla strada per

intendere il discorso che qui si apre.

Io

non avrei il coraggio di scrivere che Se­

conda guerra è letteratura. M i parrebbe di

trasferire su un piano, che non è quello del­

l'autore, una creatura . sbocciata, vorrei dire,

dalla sua stessa carne in travaglio: « Seconda

guerra è documento di vita. ecco, la vita mi­

gliore. « collettiva > di un uomo del tempo

nuovo: nel contempo, tatnen. documento in

senso assoluto dell'uomo avvolto nel ritmo della

guerra. « Uomo in guerra . avrebbe potuto in ti­

tolarsi l'opera, anche per quel senso universale,

fermo, veracemente umano che essaci insegna.

Ed allora apparirà sommamente vano l'ana­

lizzare l'opera a lume di -genere letterario . il

voler spezzare il capello in quattro per distin­

guere fra i caratteri dell'un schema fisso e del-

l altro prefisso: bisogna accostarsi allo scritto

di un uomo con la volontà, e la capacità, di

intenderne l'animo, di comprenderne le inten­

zioni. spogliarsi qualche volta delle false toghe

di critici saputi, sapienti, filosofici, per vivere

il palpito di chi vive e scrive. E non si cerchi,

signori, di indurmi in errore, di tacciarmi di

confusione fra letteratura e vita.

Sappiamo benissimo, a iosa, a noia, che

letteratura e vita si mantengono ben nette e sepa­

rate: ma non certo al punto che un diaframma

irremovibile ne impedisca ogni rapporto. E non

sarà qui inutile rifarci alla recente poh mica...

casalinga, ma non perciò meno seria, sorta in

seno al f iorentino « Frontespizio >. dove Carlo Bo

e Carlo Betocchi hanno confutato parecchie idee

storte in proposito, ed hanno trotto conclusioni

probanti ed umane.

Con tutto ciò sarà facile intendere che in

opere di questo genere lu definizione di « genere

non ha importanza sostanziale: ah non son

certo io di quei Fulqueggianti messeri che creano

ad ogni piè sospinto una nuovu scheda nel già

troppo ampio catalogo, ed inventano i •capi­

toli . gli " elzeviri •>. le « prose d'arte e simili

altre bazzecole convenienti a menti tipicamente

trinciatrici. Io prendo l'opera di C iarlantini. la

soppeso nel suo valore di carne, di sentimento, di

affetto, di vita, e dico nudamente: è un uomo.

Non mi fermo alla pagi netta — sarebbe

errore scioi chissimo — non smonto il periodetto

a mostrare che fa una grinza, me ne infischio

dello svolazzo coloristico, delle pause di silenzio,

dei « paesi sospesi d'anima, e tutte queste

cosucce piccole piccole, trepide e raccolte, caste

e gentili, che formano la delizia dei letteratucoli

che mi hanno decisamente nemico: valuto il

blocco, il colpo di maglio che l'opera reca con

potenza decisa e maschia.

Così la pagina di C iarlantini corre, senza

mordersi la coda, senza tornar dieci volte su

se stessa. Il documento si snoda schietto, nutrito,

vicino alla terra ed alle anime rane: matura

gli avvenimenti storici, li segue nei loro sviluppi

rapidi e v irili: crea, o meglio ricrea un mondo

che già è nella sua realtà scomparso, e che,

solo, si affida alla memoria attraverso pagine

sincere di annalisti onesti, veraci, intelligenti.

Parlare di storia oggi sarebbe goffo: noi non

amiamo l'uso di termini smentiti da troppo

lunga e troppo certa esperienza. M a la storia,

è risaputo, si forma attraverso questo lungo

travaglio a cui i documentatori sinceri recano

la loro collaborazione preziosa, indispensabile,

fondamentale.

C iarlantini conscio dei suoi compiti e dei

suoi lim iti, ha voluto che alla sostanza corri­

spondesse una forma congrua, senza stonature:

lo stile è nudo, schematico, sobrio al massimo,

talora epigrafico. I fatti emergono nella loro

integrità, illuminati dalla luce rapida ed abba­

gliante di un impeto d'azione che non tollera soste.

La poesia di <Seconda guerra » è proprio

qui: in questo volger logico, semplice, dei fatti

umani e naturali, in questa legge di necessità

che sta alla radice della vita di ciascun uomo

rero. E sono contento di averlo bene capito.

EZIO SAINI