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i poteri e le funzioni del Rettore, le competenze e

le facoltà dei docenti, i loro diritti ed i loro doveri,

istituì nuove cattedre determinandone sapientemente

anche i programmi. Ma, nonostante la sua opera fosse

stata intelligente e bene architettata, in un punto ma­

nifestò la sua debolezza quando, morto il suo artefice,

i successori non seppero ereditarne la fermezza ed

acutezza. Emanuele Filiberto che aveva così minuzio­

samente previsti i bisogni delle due classi, dei pro­

fessori e degli studenti, che aveva forgiata una mira­

bile struttura allo Studio torinese, che aveva, da

accorto politico, fatto particolari ed importanti con­

cessioni agli studiosi — concessioni che egli mante­

neva praticamente in un ambito molto ristretto, ma

che davano l'illusione di ampi privilegi — non aveva

invece garantito sufficientemente l’indipendenza eco­

nomica dello Studio e non aveva saputo prevedere le

disastrose conseguenze a cui, appena dopo la sua

morte, la disagiata condizione finanziaria avrebbe con­

dotto l'Ateneo.

Vittorio Amedeo II reagì a questo stato di fatto;

egli si propose la ricostruzione non solo morale ma

anche materiale dell'Università e, per prima cosa,

pensò di fornire allo Studio una sede degna.

Incaricato del progetto fu l’architetto Bartolomeo

Garova che, utilizzando la facciata barocca del Castel-

lamonte, ideò il grandioso porticato e l’elegante log­

giato al quale si accede attraverso due maestosi sca­

loni. Dominava allora in Torino lo Juvara ma non

sembra che il Messinese abbia avuto parte nella

ideazione del palazzo, anche se molto sentita è la

sua influenza nell’opera del Garova e del genovese

Antonio Ricca che ne realizzò, come costruttore, il

disegno.

Il

palazzo, terminato e solennemente inaugurato

nel 1719, subì neH’Ottocenro alcuni rifacimenti che

ne diminuirono notevolmente la primitiva purezza

ed armonia, rifacimenti e sovrastrutture che oggi la

delicata ed intelligente opera dell’ingegner Barbera,

capo dell’Ufficio Tecnico dell’Università, che ha

pazientemente ricostruito gli originari disegni del

Garova, ha aboliti nel suo intento di ridare all’edi­

ficio l’originario garbo settecentesco.

Molti cambiamenti sono stati fatti dal 1920,

l’epoca d'oro dell’Università di Torino; il più radi­

cale, e forse il meno gradito, è l’abolizione delle aule.

Si farebbe infatti delle illusioni lo studente che

pensasse di passeggiare disinvolto sotto i portici, di

appoggiare le dispense ai piedi di un illustre ed an­

noso giureconsulto, consumando in chiacchiere inu­

tili il quarto d’ora accademico.

Prima di tutto lo studente non troverebbe la statua

dell'illustre giureconsulto, nè quelle dei molti altri

insigni personaggi che, fino a pochi anni fa sosta­

vano maestosi e dimenticati, coperti di calcinacci, tra

le colonne del porticato.

I

monumenti, alcuni di grande valore, come il

«Gallo » del Vela o quello dei medici Riberi dello

scultore Albertoni, sono stati ora sistemati nel log­

giato ed il cambiamento illustra con maggiore evi­

denza l’eleganza snella degli archi e l’armonia del

disegno architettonico del porticato. Solo le figure di

Vittorio Amedeo II e Carlo Emanuele III (opera dei

fratelli Collino — sec. XVIII —) campeggiano ai

lati del portone d’ingresso di via Po, conferendo una

particolare dignità di sfondo al vasto cortile.

Lo storico Ateneo ospiterà lo studente solo per le

cerimonie ufficiali e le pratiche burocratiche nelle

segreterie: eleganti moderne e spaziose segreterie,

radunate tutte in un vasto salone a pianterreno, con

abbondanza di marmi e cristalli ed un aspetto che,

a prima vista, può ricordare quello di una Banca.

Non più code interminabili in un corridoietto,

largo appena un metro, all’ultimo piano di Palazzo

Campana, traversato da uscieri che, per non avere

una loro sede, erano costretti a tenere disordinata-

mente pratiche e documenti sulle sedie o nei cassetti

di un minuscolo tavolo. Gli studenti di Legge non

dovranno più mettersi in coda a quelli di Chimica,

unico mezzo per raggiungere la porta scardinata della

loro segreteria, ma facilmente potranno accedere allo

sportello sul quale ci sarà un cartello con sopra

scritto: «Giurisprudenza ». Il Rettore potrà ricevere

le personalità accademiche in un sontuoso Rettorato

e non in una stanza buia al fondo di un corridoio

cieco pieno di studenti che strillano e fumano e but­

tano le cicche per terra, che sta così male, e le riu­

nioni ufficiali saranno tenute in una vemAula Magna,

arredata sontuosamente a cura dell’Unione Indu­

striale che ha affrontata una spesa di circa

10

milioni.

L’Aula Magna, le cui pareti sono rivestite di mar­

mo, con scalinata in noce e gli stalli del Senato rico­

perti di cuoio, è stata trasferia al primo piano dove,

molto probabilmente, già si trovava in origine e ciò

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