

giudizio equanime e sereno era molto apprezzato.
Egli si affermò fra i migliori paesisti del suo tempo
e si distinse per le sue qualità di colorista vigoroso
ed esperto.
Dopo aver studiato a Torino sotto la guida di
Emesto Allason, che fu il suo primo maestro, ancor
giovinetto si recò in Svizzera a perfezionarsi nell’arte
prediletta ed a Ginevra ebbe per maestro Gustavo
Castan. Passò quindi a Parigi ove studiò col grande
animalista Troyon che esercitò su di lui una profonda
influenza. Il pittore francese è fra l'altro autore dei
« Bovi », il grande quadro che ottenne vivo successo
e che ora trovasi nella villa « Peschiere », la prefe
rita dimora di campagna del Bertea presso Pinerolo,
dimora ch’egli adomò ed arredò con il suo gusto
squisito trasformandola in un museo di rare e pre
ziose bellezze d'arte.
• • •
Emesto Bertea fu un caposcuola del paesaggio ed
un maestro dei suoi tempi. Appartenne alla cosiddetta
Scuola di Rivara » e fu in intimità con l'Avondo.
col Rayper, col Pittara, col Teja, col Pastori^, oltreché
con il già ricordato lusitano D’Andrade e con lo
spagnolo De Avendano, cioè con gli esponenti della
generazione che introdusse nella pittura di paesaggio
nuove vigorose tendenze al naturalismo. Egli sentì
profondamente la poesia della natura e ritrasse col
suo pennello angoli di tutta Europa che soleva visi
tare. Per lunghi anni espose regolarmente alle mostre
d’arte di Torino, Venezia e Roma e tra le sue mol
teplici opere si ricordano: «Rive della Senna». «Tem
porale imminente », « Cavalcata persiana ». « Casti
di Persia ». « Carovana », « Le lavandaie », « L’ag
guato » . « Il ponte di S. Giuseppe », « Il borgo di
Auet in Piccardia », « La baia di Pallanza », « Pa
scolo e inverno », « Quiete », « Il porto di Fondo
Toce », « Pascolo d’Issogne », « Alage sulla Senna ».
« Scena araba ». « Porta di Palazzo Ducale di Ve
nezia ». « Pascolo », «Autunno », « Gli acquedotti
romani a Fréjus », « Peppino e i suoi pupilli », «Tem
po piovoso », « La Novalesa », « Nel Biellese ».
<Dintorni di Desenzano », «Nel frutteto », « Sulle
sponde del Sangone ».
La maggior parte di queste tele e molte altre
ancora sono conservate nella casa dei Bertea a To
rino che al visitatore appare come una raffinata di
mora, arricchita da una ben fornita pinacoteca, in
cui l'arte traspare da ogni quadro, da ogni arazzo,
da ogni mobile, da ogni suppellettile. Oltre ad un
espressivo ritratto del Gilardi, che rende bene la
aperta e simpatica fisionomia del « genius loci », si
notano tele di Avondo, DeDeani, Fontanesi, Pittara.
tavole di primitivi e di ignoti. Inoltre decine di qua
dri e di bozzetti di Emesto Bertea, che sarebbero
la gioia di molti collezionisti, si sovrappongono sulle
pareti ed ornano sale, salotti e camere della signo
rile residenza. Si susseguono così visioni di mezzo
mondo e marine soleggiate si alternano a visioni
montane, scene arcadiche e folcloristiche a quadretti
di vita agreste con molti esemplari del mondo ani
male fra i quali predominano romantici gruppi di
pecorelle: il tutto eseguito con una tecnica ed una
passione veramente non comuni. Una bella tela, con
servata nel museo Civico di Pinerolo, ritrae appunto
una scenetta con quattro pecorelle che dal prato si
dirigono verso il « chiuso ». Nel volume edito in
occasione della Mostra del Centenario della Società
Promotori delle Belle Arti in Torino (1842-1952)
sono riprodotte due belle opere del Bertea e cioè
« Isole Baleari » e « Presso Andomo ».
• • •
Emesto Bertea fu pure scrittore erudito e fecondo
e fra le sue pubblicazioni si ricordano:
« Monumenti e ricordi storici pinerolesi » (Tipo
grafia Chiantore-Mascarelli 1896 • Pinerolo).
« Scoperta, traslazione e tumulazione delle ossa
dei Principi d’Acaia e di Savoia in Pinerolo ». Rela
zione alla Società di Archeologia e Belle Arti per
la Provincia di Torino (« Atti della Società » - Voi. VII,
Torino - Paravia, 1899).
« Ricerche sulle pitture e sui pittori del Pinerolese
dal XIV secolo alla prima metà del secolo XVI ».
(Tipografia Sociale - Pi
1897).
Quest ultimo magistrale e raro opuscolo costituisce
una miniera di utili notizie ed è diventato guida pre
ziosa per gU eruditi e gli studiosi. In esso sono detta
gliatamente descritte le reliquie d’arte tuttora esi
stenti a Pinerolo e nel suo ex circondario, a proposito
delle quali l’autore scrive: « ... Pochissimi numerica-
mente, e non i migliori, nè certamente quelli più im
portanti sono i dipinti dell’epoca medioevale che
restano nella città di Pinerolo; e ciò per le trasforma
zioni e mutilazioni inflitte al suo abitato per fare della
città una fortezza di prim’ordine e per atterrare e far
scomparire di poi ogni traccia dei fortilizi con tanta
spesa costruttivi; ma essenzialmente per le vicende
di guerra e rivoluzionarie che in essa si svolsero... ».
Il
suddetto opuscolo contiene anche un profondo
e dettagliato studio su Giovanni Canavesio, il pittore
pinerolese del cinquecento che l’autore definisce: « l’in-
dividualità più spiccata che nel campo artistico possa
vantare la nostra città, di cui questa deve andar orgo
gliosa non bastando certamente il semplice cenno che
ne fa il Caffaro per farla conoscere ed apprezzare »
(pag. 13 e seguenti). Ed a proposito dei canavesiani
affreschi del Santuario di Nostra Signora della Sor
gente presso Briga Marittima scrive fra l’altro: « ... Di
proporzione grandiosa, questa decorazione si svolge
sulle quattro pareti interne della chiesa, da un metro
sopra il livello del suolo fin sotto alla cornice in mu
ratura su cui poggia la volta. Sono quindi 150 metri
almeno di superficie parietale dipinta, con più di
500 figure die del Canavesio rimangono. Una sola
composizione sovrasta alle tre porte che danno ac
cesso alla chiesa, ed occupa tutta la parete interna ri
volta a levante a fronteggiare l'ahar maggiore, su cui
dette porte s’aprono, e si è il « Giudizio Universale ».
Scena imponente, ove in alto, sul trooo, fiancheggiato
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