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DA ARTURO GRAF

A GIUSEPPE COLLI

G. MAINI - C. PASQUERO

Torino, come altre nostre città centri propulsori

d'ogni attività naz onale, ebbe un suo mondo lette-

rar o brillante di affermazioni scaturite da una sca­

pigliatura dinamica, volitiva e battagliera, propag­

ane ultima di quel fascinoso e già lontano roman­

ticismo indipendistico che dopo l’azione sui campi di

battaglia e dopo l'unità era sopravvissuto nel pen­

siero per una sua nuova pagina di gloria sì, ma lette­

raria innovatrice che si chiama per il Piemonte,

Giacosa, Camerana, Faldella, Cagna, Molineri, R.

Sacchetti, Edoardo Calandra e Arturo Graf, l'insegne

docente forgiatore di nuovi maestri, lui Maestro,

quali il Mom gliano, il Calcaterra, il Gobetti, il Fassò,

e scrittori di fama come Giovanni Cena, Massimo

Bontempelii, A. Foà, Nino Berrini e Francesco Pa-

stonchi che più tardi doveva succedergli all’Ateneo di

via Po.

Animatore dell'ultima scapigliatura torinese era

l’aedo di « Medusa » e di « Rime della Selva », Arturo

Graf, il quale oltre che dalla cattedra teneva lumi­

nosa la fiamma della poesia con i suoi « sabati lette­

rari » che riunivano nell’aula di lettere, sempre gre­

mitissima, letterati, artisti, studenti d’ogni facoltà e

anonimo pubblico d'ogni ceto in un clima denso di

alta spiritualità, di estasi e di cultura. I « sabati » di

Graf sono ormai consegnati alla storia della nostra

Astato u n i.

letteratura moderna. Ci sembra di vedere, noi, venuti

dopo, il Maestro intento a presiedere quei convegni

non sempre naviganti in placide acque; ci sembra

di udire, strappata al tempo e allo spazio che tutto

conservano, la sua voce, che, velata all’inizio, man

mano si faceva più distinta, chiara, calda, armoniosa

sopra i concitati vocii per tessere un commento, una

moderata lode, dare un consiglio al poeta le cui liriche

avevano formato l’oggetto della dizione e sulle quali

arguta, incisiva, appassionata si scatenava la super-

critica di un Foà, di un Cena o di un Pastonchi. Poe­

tavano allora Amalia GuglieIminetti, Giuseppe Bre-

vione, direttore di « Comoedia », il futuro economista

Emanuele Sella, Guido Gozzano, Giulio Gianelli e

i giovanissimi Camasio e Oxilia. Non mancava nel­

l’aula il primogenito antidannunziano Thovez, die

dalle colonne della « Gazzetta Letteraria » lanciava

infuocati strali contro il poeta pescarese accusandolo

di plagio.

Ma se i « sabati » di Graf accendevano intermi­

nabili discussioni accademiche sulla poetica di questo

o di quello autore, non meno calorose, tempestose

vampe di critica suscitavano le dizioni di liriche di

Pastonchi tenute al Teatro Vittorio Emanuele, stra-

gremito anche se per ascoltare dei versi si pagava

l’ingressa Immancabili, in quelle serate, confusi tra

eclettica folla e belle signore, il De Amiàs, il Biscotti,

Cesare Lombroso, Francesco Ruffini e Gustavo Balsa-

mo-Crivelli. È non tutto qui. Chi risfòglia le rivisse

letterarie torinesi dell’epoca, «Serale Italiane »,

« Gazzetta Letteraria » e « Il Campo »,

non può non