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e versatili* e da lui che un tempo calzò gli stivali

c ’è anche da aspettarsi che si metta a fumare) la

ressa del pubblico era tanta che non si circolava.

Mani di signori e signore in camice bianco come

medici protendevano in alto i campioni. Lunghi

applausi, appellativi da Insinuare la bellezza di una

bella donna ed una pioggia di carezze prodigate dai

visitatori della mostra più vicini. In fondo per i

vincitori di queste giornate di assidui contatti con

estranei (il gatto si trova a suo agio nella propria

casa anche se è brutta e scomoda, ed ha una ri­

stretta cerchia d amici e conoscenti che, di solito,

individua quasi al fiuto, con una prodigiosa facoltà

intuitiva) la mostra rappresentava una frastornante

interruzione delle proprie abitudini ed un evidente

fastidio. I gatti, tra l ’altro, amano la libertà e non

hanno il difetto della vanità (sono, infatti, i loro

padroni d ’ambo i sessi che hanno inventato per loro

il guinzaglio, il collare col campanellino, il |M>mposo

nastro di seta rossa e certi nomi da |x*rsonaggi di

varietà: - Lulù »,

Hibi ». « Mali ») e preferiscono

sdraiarsi al sole sulle tegole di un tetto piuttosto

che soggiornare, anche se profumati sempre, e vez­

zeggiati, dentro la serica cuccia di una gabbietta che,

in definitiva, è sempre una prigione.

Eppure si sarebbe detto che i 134 gatti che questa

volta partecipavano a ll’esposizione l’avessero fatto

con tanta maggiore premura e sollecitudine in «pianto

si trattava di testimoniare la solidarietà che esiste

(meno male) fra gli animali. Poiché essi si mette­

vano in mostra per procurare dei fondi a favore

dei cani randagi. Cosciente e incosciente era un

gesto che dimostrava come tra i cani e gatti — al

contrario di quel che generalmente si afferma —

non esiste una sjiecie d ’ostilità e d ’inimicizia la cui

origine •>! perde nella notte dei tempi. E che qual­

cuno di quei gatti, gentilmente prestandosi a sol­

lecitare con la sua presenza il buon cuore della gente,

a favore dei cani che non hanno una dimora e |>er

cui è sempre un busillis la faccenda della zuppa,

dimenticava il terribile momento quando un cane

lo rincorse e voleva acciuffarlo, e lui si difese sof­

fiando ed arrampicandosi in cima ad un albero.

Per converso ripulito, col pelo lucido ed un bel­

lissimo collare, accosto ad un tavolo della segreteria

della mostra c ’era un ex cane randagio che ruzzava

e giocava con chiunque gli si avvicinasse. E sembrava

talmente convinto e compreso del suo compito di

rappresentante dei beneficati che non emise mai

guaito, ne abbaiò. Neanche (piando i gatti premiati

affluirono, uno dopo l’altro, sulla |>edana della giuria

(erano

jht

lo più sollevati in alto a due mani

come abbiamo detto

e rivoltati da tutti i lati

|H-r essere mostrati al pubblico, «» si affacciavano

con la testina dall’orlo delle coppe, mentre, come

davanti a jHTsonaggi da prima pagina di giornali,

scattavano i lampi al magnesio dei fotografi); e

neppure allorché 1111 gatto dallo sguardo intenso e

vivacissimo in mezzo ad un’areola di

jh-Io

morbido

e candido, forse innervosito dallo sj>ettacolo della

folla plaudente e vociante, sfuggi dalle «reni della

ragazza che lo |x irtava al banco della giurìa e si

mise a correre in cerca di scampo fra le gambe

della gente in un disperato tentativo d ’evasione. I n

tentativo, naturalmente, inutile, |>erchè dopo pochi

metri lo acciuffarono.

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