

fosse roso varante, era stata favorevolmente accolta dai
colleglli e conveniva che, non foss’altro che per ragioni
di confronto con gli altri principi d’Europa, Ferdinando
sarebbe cresciuto nell’universale estimazione, se la diplo
mazia e l’opinione pubblica si fossero occupati di lui,
per un altro osservava con l’usato acume che l’idea non
doveva prender corpo sotto ^li auspici del governo sardo
e che la Grecia era troppo amaro calice, perch’egli vo
lesse accostarlo alle labbra del Duca. K invero questi,
se fosse salito sul trono
jh t
merito degli alleati, avrebbe
corso il rischio di essere considerato, e forse a ragione,
come l’espressione della dominazione straniera, come
il nemico giurato dell'indipendenza nazionale e non
avrebbe potuto contare che sulle forze poste a sua di
sposizione dalle potenze, che l'avessero insediato. «Credo
d'altronde >• cosi si chiudeva la lettera in esame
<•
ma io
qui cesso di parlare a nome del consiglio ed esprimo
un'opinione affatto personale, credo che il Duca di Ge
nova non debba ricevere, ma conquistare un trono con
la spada in pugno, jioichè in questo secolo prossimo,
ma pieno di contrasti, una dinastia non Retta salde e
profonde radici, se non è circonfusa dall'aureola della
gloria militare
».
La cosa non ebbe seguito, ed era naturale, tanto più
che nell'ottobre veniva posta — e sarà l'ultima in ordine
di tempo — la candidatura al trono di Spagna, assisa
su altre, se pur non granititiche basi (j).
Volgevano tempi difficili per questo stato e gli osser
vatori più acuti non potevano celarsi che presto o tardi
la regina Isabella
11
avrebbe dovuto abdicare, o sarebbe
stata violentemente cacciata dal trono, giacché la di
nastia e la monarchia erano posti in discussioni, l’anarchia
serpeggiava nel paese, tutti i partiti erano in moto per
iscavalcarsi a vicenda, le Cortes, nate con poteri illimi
tati, abbattevano gli ordini politici, amministrativi, giu
diziari senza sostituir nulla, il governo in sè discorde,
impotente a frenar le passioni sovversive, a guidare la
rivoluzione, lasciava tutto distruggere, per non essere
abbattuto ». Il quadro è raccapricciante, ma è forse al
di sotto del vero, e riuscirebbe edificante la lettura dei
dispacci dell'inviato sardo a Madrid.
Ond e che, fra le diverse soluzioni ventilate dai gabi
netti di Londra e di Parigi nell’ipotesi che Isabella
abdicasse o fosse spodestata, « vi fu quella di suggerire
e d ’appoggiare la candidatura » di Ferdinando di Savoia,
e si rese interprete del pensiero di Napoleone III presso
il marchese Salvatore Pes di Villamarina, ambasciatore
sardo a Parigi, il duca di Guiche, accreditato presso la
corte sabauda e allora in congedo in questa città. L ’im
peratore, escluse a priori la candidatura del conte di
Montmoulin, primogenito di don Carlos e cugino in
primo grado d'isabella II, perchè nella sua intelligenza
non riponeva fiducia alcuna, aveva posto gli occhi su
Ferdinando di Savoia ed aveva seriamente esaminato col
futuro duca di Grammont la possibilità che il Duca di
Genova cingesse la corona di Spagna col consenso della
Francia e dell’Inghilterra e per voto unanime degli
Spagnoli, palesandogli che, sebbene l'ambasciatore ma
drileno a Londra già ne avesse patrocinato la causa
presso lord Aberdeen, temeva ch'egli potesse aver
espresso non già il pensiero del suo governo, ma piut
tosto quello del suo partito. Con grande e legittimo stu
pore del Villamarina. Napoleone III, che non poteva
nutrire dubbio alcuno sulla simpatia sincera ed aperta
di Vittorio Emanuele II. voleva essere rassicurato sulla
natura dei sentimenti del Duca di (ienova nei confronti
della Francia e non si peritava di esprimere il dubbio
che. cinta la corona, egli potesse essere attirato nell’or
bita della Germania. Al dispaccio, recato personalmente
a Torino dal magg. gen. Cristoforo Ferretti, rispose tosto
il ministro per gli affari esteri sardo con tanta dignità e
nobiltà, con cosi chiara e virile percezione dei veri
interessi del principe e della dinastia, che a distanza di
tanti anni, ci comprende ancora di sincera e profonda
ammirazione. Il Dabormida, il quale, già informato dai
ministri sardi a Londra e a Madrid (4) che il disegno
vagheggiato dall’imperatore era trapelato in questi ca
pitali, aveva avuto agio a riflettere, presi ;*i esame gl’in
teressi dinastici, la situazione politica . Spagna e i
mezzi, cui si sarebbe dovuto ricorrere
jkt
conseguire
10
scojk
), aveva concluso che, qualora il Duca fosse sa
lito sul trono, la casa di Savoia, distogliendo dall'Italia,
cui doveva esclusivamente mirare, una tra le sue forze
più vive, ne sarebbe rimasta indebolita, coll’aggravante
che, pur prescindendo dagli intrighi da ordire, lesivi della
dignit.i del principe e nocivi al governo stesso, alla cui
buona fede nessuno più avrebbe creduto, quand'ancht
la nazione si fosse pronunciata unanime per il Duca,
l'anarchia ormai imperversante e la prevedibile esaspe
razione del sentimento nazionale avrebbero in breve
volger di tempo frustrato ogni suo sforzo per dare sta
bile assetto al paese. Parole profetiche, non meditate a
sufficienza, allorché fu posta la candidatura del duca
d'Aosta Amedeo di Savoia; e le conseguenze son note.
In sostanza, pur non opponendo un rifiuto formale alla
lusinghiera offerta, il Dabormida lasciava chiaramente
intendere che si sarebbe potuta riprendere in esame sol
tanto «piando il trono di Spagna si fosse reso vacante
e la corona fosse stata solennemente offerta al Duca
«lai voto libero e spontaneo dell'intera nazione.
Il Villamarina, comunicando in parte al duca di
Guichi il dispaccio confidenziale del ministro,
constatò
che, se quegli conveniva seco della difficoltà d’instaurare
in Spagna una forma di governo priva ormai d’ogni
prestigio, si rifiutava d'ammettere che la dinastia si
sarebbe indebolita. se il ramo secondogenito vi si fosse
trapiantato, e, com’era purtroppo naturale, faceva com
pleta astrazione dalla «|uestione italiana (5).
Sull’argomento più non si tornò, tanto più che Fer
dinando di Savoia, il quale non era stato interpellato
a cagione delle gravi condizioni, in cui versava, veniva
a morte poco tempo dopo, il 10 febbraio 1855, non
ancora trentatreenne. spento da un male che non per
dona.
Povero principe, cosi prode e leale, che ben altri
allori avrebbe mietuto, se la sua giovinezza non fosse
stata cosi presto stroncata!
(1) Archivio di Stato ili Tonno Consolati nazionali Hayrouth.
3. 1837 in 1843. n 118
(2) V a questo riguardo principalmente: Archivio di Stato
di Tonno. legazion i di Parigi 18 14 -52, cartella 10 ; Missioni Mi
gnoli. Brignoli e Solaio ib -2-18 4 3; Ministero degli Affari esteri.
Gabinetto particolare. Corrispondenza
4
.
olle legazioni di S M
all'estero. Registro n »>. Solaio a Hrignoh 25-2-18 43; Lettere
ministri Francia 2 71. Brignoli a Solaio riservata 12 -3 -18 4 3 ;
Nicomedi Bianchi. Ston a documentata della diplomazia in Italia
Malfanno 18 14 all'anno 18 0 1, Tonno, l'mone Tip. ed. 1807.
voi IV . pp i8<)-nj2 e per gli antecedenti Francesco Lemm i
l.a politica e s te r i di Carlo Alberto nei suol primi anni di regno.
Firenze. L Monnica t«*28. pp. 217-229.
13) V Nicomede Bianchi, op. cit , voi V II, anni 18 5 1-18 5 8 .
Torino, l'm one T ip Ed., 1870, pp. 1 5 1 - 1 5»>-
(4) Rispettivamente il marchese V . E. Taparelli d ’Azeglio o
11 barone Alessandro Oreglia d 'isola
(5) Archivio di stato di Torino Carte riservate Ministero
Fsten . Legazione eli C angi 1 1 , V illamanna a Dahornuda
2 2-10 -18 54 ; Museo del Risorgimento, Tonno, Archivio Dabor
mula 90 144. Dabormida a V illam anna 30-10-1854 contiden
fia li; Villamarina a Daliormida 10-t 1 -1854 confidenziali rise rva
tissim a. Archivio di Stato d« Tonno. Carte Cavour. E d'Azeglio
a Cavour 19 -10 -18 54 personali
30