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Enrico Poolucci - La vallata vario (1953).

Frank Kupka - Jaillittemcott ID (1925).

Hans Hartun* - T. 51-7 (1951).

aliti

Cit

ideerà

di Saetti, sono i molteplici esempi di

quest’arte che al vero si richiama a v itam e n te .

E a questi si dovrà aggiungere anche la

Marina

di

Guidi che non a tutti (è oltre tu tto doveroso dirlo

dopo certo gratuito scandalismo cui non fu estranea

la stessa critica) è sembrata fatta di » tre striscio oriz­

zontali di colore piatto » ma modulata nei toni e nel

tocco della pennellata, così che, nonostante l’essen­

ziale espressività, è facile ritrovarvi il tema cosi caro

all'artista fin da quando tagliava la duplice superficie

azzurra del cielo e dell'acqua con le basse costruzioni

della Giudecca. o la trasparente atmosfera crepusco­

lare con il grigio evanescente della punta della Salute

o dell'isola di S. Giorgio, nelle luminosità soffuse (qui

appena accennate) che mettevano un alone affasci­

nante intorno alle linee appena disegnate dal tono

del colore.

Con Paulucci, con Daphne Maugham, Calmettes.

Meloni, Lagrange. Mouly, con Fleury, Birolli e Mas-

son, con la stessa Levi Montalcini. nella quale rima­

ne fondamentale I’espe.rienza espressionistica, l’arte

figurativa raggiunge i suoi limiti talora veramente

estremi, dove l'incipiente astrattismo più che nel suo

significato espressivo è accolto come una forma sti­

lizzante in cui ci si può impegnare per gradi, lascian­

do sempre minor campo, diremo cosi, alla compo­

nente naturalistica.

Non diverso ci sembra il caso delle opere più an ti­

che di Kupka che. partito da una posizione non lon­

tana dal nostro futurismo (si veda

Architet ture Philo-

sophique)

ancora nel 1925 è intrigato in una involu­

zione di tipo barocco

(Jaillissements III),

strana rea­

zione novecentista ad un ingombrante decorativismo

floreale che pare si condensi negli accentuati effetti

di colore.

Ma, poco più in là. nell'astrattismo — dov è perso,

almeno in apparenza, ogni possibile riferimento con

la natura — sembra che linee e colori siano ridotti

alla sola loro entità fisica. Se cosi fosse, tuttavia,

nella migbore delle ipotesi, tale pittura astratta non

avrebbe più valore di un qualsiasi ornamento, e deca­

drebbe in uno sterile decorativismo, un fatto di gusto

che non potrebbe andare oltre il piacere dell’occhio.

Non neghiamo che. nel numeroso stuolo di pittori,

per alcuni si tratti effettivamente soltanto di questo:

tanto più quando per costoro non vi sia stato che un

esteriore adeguamento alla formula di moda.

Ma. come vedemmo, non si può non sentire la

lirica espressività di un linguaggio come quello di

Yillon e di altri artisti: un Unguaggio che non è pura

articolazione di linee e di colori, un balbettio, ma

che pur rinunciando a rappresentare dei soggetti o a

narrare dei fatti (com’è dell'arte figurativa) ha pure

tuttavia delle sensazioni, dei sentimenti, uno spirito

lirico, da esprimere.