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chiamò a se il Tosclli c dopo averlo elogiato (un elogio

di Gustavo Modena era una patente) gli offerse di

assumerlo nella propria compagnia col ruolo di « bril­

lante » per le farse che, come allora era in uso, si rap­

presentavano dopo la recita di una tragedia o di un

dramma. Non poteva offrirgli di meglio perchè il

Tosclli — di sutura al disotto della media — non era

adatto, per il suo fisico, a sostenere parti nel reper­

torio tragico. Se non ci fosse stata tale difficoltà, il Mo­

dena lo avrebbe assunto volentieri poiché aveva scorto

in lui qualità di recitazione conformi al metodo per

il quale egli si era battuto vittoriosamente.

Occorre ricordare che Gustavo Modena aveva in­

trodotto nella recitazione un suo nuovo metodo che

fu per il teatro italiano una vera rivoluzione; egli

aveva eliminato la vecchia tradizionale recitazione en­

fatica, declamatoria, convenzionale c manierata, ridu-

ccndola a semplicità, a naturalezza, su una base rea­

listica che valse a trasformare gli attori da mestieranti

in autentici artisti. Ai suoi inizi il nuovo metodo aveva

sconcertato e disorientato il teatro, ma presto egli

aveva ottenuto dalla critica c dal pubblico l’unanime

consenso. La nuova scuola di recitazione creata da

GusUvo Modena divenne classica cd è tuttora sostan­

zialmente viva ai nostri giorni.

Il

Tosclli accettò l'offerta. Trovandosi a contatto

con il grandissimo Maestro ebbe agio di approfittare

del suo insegnamento e dei suoi consigli per perfezio­

narsi. Tuttavia il Tosclli sentiva di poter fare di più;

il campo troppo ristretto della farsa non gli permetteva

un maggiore svolgimento delle sue attitudini. Se ne

accorse lo stesso Modena c gli suggerì di formarsi una

propria compagnia per reciurc esclusivamente in pie­

montese. Giovanni Tosclli accolse con entusiasmo il

consiglio di Gusuvo Modena e si diede d’attomo a

radunare intorno a sè un complesso di attori giovani

e promettenti. Compiuto questo primo passo, doveva

superare l’osucolo più arduo: il repertorio. Dove e

come trovare un repertorio in vernacolo ? Il teatro dia­

lettale piemontese, come abbiamo già accennato, non

aveva tradizioni, nè si poteva fare affidamento sulla

produzione del passato. Urgeva risolvere. La buona

fortuna aveva bussato all’uscio, occorreva spalancarle

subito la porta perchè entrasse; al minimo indugio

poteva sfuggire. La buona fortuna quando capiu elar­

gisce in abbondanza le sue grazie. E avvenne infatti

che il Meynadier, capocomico e gerente di vari teatri

torinesi, offri al Toselli uno dei più importanti teatri

della capitale subalpina, il D ’Angennes (quello che più

tardi dai marionettisti fratelli Lupi ebbe il nome di

Gianduja) che per un improvviso contrasto di scrit­

tura si era reso disponibile... Ma il repertorio» Ecco

lo scoglio durissimo. Come inaugurare un corso di

recite in vernacolo senza l’esistenza di un repertorio »

Ed era anche indispensabile che il primo lavoro da

mettere in scena desse almeno un

minimum

di affida­

mento di successo. Bisognava far presto.

Non si pene d’animo il Tosclli. A quel tempo

trionfava sulle scene la

Francesca da Rimini

del Pellico

e per merito particolare di certi versi nei quali si scor­

gevano allusioni patriottiche destava il delirio delle

platee (si era nel

1859

!). Sorse nel Tosclli l’idea di

trasformare quella tragedia, di portarla in ambiente

agreste pur rispettandone il soggetto. A quello scopo

si rivolse ad Angelo Broffcrio e ne ricevette un deciso

rifiuto; si accostò a Tommaso Villa che era allora

praticante nell’ufficio dello stesso Brofferio. Il Villa

dapprima fu esitante per il timore di uscirne con una

parodia o birbonata o qualcosa di grottesco, ma infine

se ne assunse l’impegno.

Una sera della primavera del

1859

si apersero i

battenti del Teatro D’Angennes; il cartellone annun­

ciava la prima recita della compagnia dialettale pie­

montese diretta da Giovanni Toselli con il dramma

Cichina ’d Montale.

Ricca la messa in scena e i co­

stumi, impeccabile la recitazione. L’ansia dell’attesa

fu ripagau largamente da una insperata vittoria. I

giornali dell’epoca riferiscono che il pubblico era stato

sorpreso da una commozione profonda c ne aveva de­

cretato il successo. Protagonisti: il Toselli, che in

quella occasione si rivelò valentissimo attore e diret­

tore impareggiabile, Adelaide Tessero, Giuseppe Sa-

lussoglia c Giovanni Bucciotti! La

Cichina

ebbe trenu

repliche consecutive con incassi favolosi. Per il secondo

lavoro si ricorse alla versione della

Signora dalle ca­

melie

di A. Dumas figlio col titolo di

Margritin die

violette,

ed il successo fu pari al precedente. Finalmente

con la terza produzione

Giura

0

Pas

di Federico Ga­

relli il teatro piemontese si avviò sulla via più conve­

niente e più coerente al suo fine.

La vittoriosa iniziativa del Tosclli fu di incitamento

a molti autori i quali si accinsero a scrivere per il nuovo

teatro in vernacolo, c ne citiamo i maggiori: Fede­

rico Garelli, Luigi Pietracqua, i fratelli Carrcra, Gio­

vanni Zoppis, Desiderato Chiavcs, ... Il Tosclli in

breve s’ebbe fra le mani ben trenuquattro commedie

nuove fra le quali alcune famose:

Gigin a baia nen,

Rispeta tòa fómna, Un pover paroco. La cabana del Re

Galantom

e finalmente il capolavoro:

Le miserie 'd

Mòttsù Travet

di Carlo Nugelli, pseudonimo di Vit­

torio Bcrsezio. È curioso il fatto che il Bersezio in

un primo tempo si era dichiarato decisamente avverso

alla creazione di un teatro dialettale piemontese. Egli

infatti scriveva sulla

Gazzetta Ufficiale

del

5

set­

tembre

1 8 5 9

:

Si vuole, oh sciagurato anacronismo, impiantare un

teatro piemontese, con repertorio piemontese, con attori pie­

montesi, con facezie piemontesi (oh misericordia) con pie­

montese fastidio. Mentre non ci è mai stata necessità co­

tanta che cifacessimo in tutto e per tutto italiani.

Ma non tardò molto il Bersezio a convertirsi e

fare onorevole ammenda di quanto aveva scritto;

anche lui si mise a scrivere commedie in vernacolo, e

Le miserie 'd Mónsù Travet

sono la sesu commedia da

lui composu ! Fu al Teatro Alfieri di Torino che la

compagnia di Giovanni Toselli la sera del

4

aprile

1863

26