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rappresentò per la prima volta il capolavoro del teatro

piemontese. E perchè non ricordare che le tre prime

recite delle

Miserie ’d MSnsù Travet

furono accolte dai

fischi e dalle disapprovazioni? Nella storia del teatro

quanti capolavori incontrarono l’insuccesso alle prime

rappresentazioni! Ma l'ostinatezza del Tosclli vinse

anche quella prova. Nonostante le prime sfavorevoli

accoglienze il Tosclli volle che le

Miserie

continuassero

a tenere il cartellone. Alla quarta recita cominciò a

delinearsi quel successo che nelle seguenti si tramutò

gradatamente in trionfo. Tutti sappiamo come il ca­

polavoro del Bersezio fu tradotto in parecchi altri

dialetti, tra i quali il veneziano, c recitato da Ferruccio

Bcnini e da Emilio Zago, fu volto in lingua italiana

e interpretato da Alamanno Morelli e da Ermete No­

velli, c, tradotto in lingua tedesca (il nome di « Travet *

divenne « Bartelmann *) conobbe i successi di Berlino,

Vienna e Monaco.

Degli attori che furono i primissimi interpreti di

Le Miserie 'd Mónsù Travet

la sera del

4

aprile

1863

al

Teatro Alfieri è tuttora vivente la signora Clara Mon­

dino Tosclli, ultima figlia di Giovanni Tosclli, la quale

vive a Torino e sta avviandosi al

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anno di età, età

che essa non dimostra nell’aspetto, mentre conserva

ancora viva e pronta la sua intelligenza. È una colta

ed intellettuale signora, scrittrice e autrice drammatica;

la sua conversazione è varia, attenta c ricca di umo­

rismo. Essa fu la prima interprete di

Carliti,

il figliuolo

di Mònsù Travet. Devo alla sua squisita cortesia pa­

recchie delle notizie e memorie contenute in questi

mici appunti. Riporto qui un gustoso episodio, tut­

tora inedito, che ella stessa mi ha narrato. Quando la

compagnia del suo illustre Papà aveva preso sede,

quasi stabile, al Teatro Rossini di Torino, il Re Vit­

torio Emanuele li veniva assai spesso ad assistere alle

recite. Il gran Re, sempre alieno da ogni esibizione

della sua persona, assisteva alle rappresentazioni da un

palco di proscenio che era munito, come si usava un

tempo, di una specie di grata, dalla quale si poteva

vedere senza essere visti. Il Re non entrava dalla porta

principale del Teatro, e per lui si era escogitato un

ingresso del tutto speciale: il palcoscenico del Rossini

comunicava col magazzino del falegname addetto alle

attrezzature degli scenari e tale magazzino si estendeva

fino alla bottega dello stesso falegname che aveva l’in­

gresso sulla via Principe Amedeo (allora via D ’An­

gennes). La carrozza reale si arrestava davanti all’uscio

di quella bottega, ne scendeva il Re, il quale si incon­

trava col falegname, tempestivamente preavvisato, il

quale munito di una lanterna accompagnava l’augusto

spettatore fino al palco di proscenio. Durante gli in­

tervalli il Re non voleva rinunciare al suo sigaro e

poiché non voleva fumarlo in teatro per non trasgre­

dirne il divieto, si recava nel camerino del Toselli per

fumare c trattenersi con l’attore. Una sera in cui la

signora Clara, allora bambinetta, si trovava nel ca­

merino di suo padre, ebbe la ventura di incontrarsi

col Re, il quale dopo averla complimentata cd acca­

rezzata se la tenne sulle ginocchia per tutto un inter­

vallo.

Per un periodo di circa dicci anni Giovanni Toselli

con la sua compagnia aveva fatto toccare al teatro dia­

lettale piemontese il più alto vertice della sua fama;

il complesso artistico superava per il suo insieme ar­

monico cd affiatato le principali compagnie dramma­

tiche italiane di allora. Nella sua compagnia il Toselli

ebbe tra le sue allieve Adelaide Tessero e Giacinta

Pezzana che acquistarono la loro fama recitando in

vernacolo; passate poi più tardi al teatro drammatico

italiano raccolsero, come è noto, altri allori in Italia

e all’estero.

Dopo l’esodo della Tessero e della Pezzana, altri

allievi del Toselli vollero seguire quell’esempio per

rendersi indipendenti c fare compagnia a sè. Questi

disucchi furono le prime cr^

. incrinarono la

grande compagnia piemontese, le quali purtroppo o

non si seppero o forse non si poterono saldare pron-

umcnte. E fu l’inizio di una grave crisi che si concluse

con lo scioglimento della compagnia Toselli avvenuto

nel

1870

. A parecchie riprese si ritentò in seguito di

riportare il teatro piemontese alle antiche glorie e tal­

volta apparve l’albeggiare di una rinasciu, ma quei

tenutivi non diedero i risultati che si speravano. Tut-

uvia il teatro in vernacolo piemontese continuò a

vivere; di viu più modesu ma sempre decorosa per

mezzo di altre compagnie. Nuova linfa era venuu a

rinvigorire il suo organismo scosso con nuovi ottimi

lavori di egregi autori, tra questi vanno ricordati

Eraldo Baretti, Alberto Amulfì, Mario Leoni e Gio­

vanni Drovetti. Nonostante ciò lentamente e grada­

tamente andò sempre declinando. La compagnia di

Teodoro CUmberti agiva al Teatro Rossini, quella di

Enrico Gemelli al Teatro Torinese (ora cinemato­

grafo) e quella di Romolo Solari agiva particolar­

mente all’estero, specialmente nell’America del Sud,

in Argentina, ove trovava il suo pubblico nelle città

popolate da immigrati piemontesi II tracollo avvenne

poco innanzi la prima conflagrazione mondiale. U

gusto e le preferenze del pubblico si erano muute ed

il teatro piemontese non godette più le sue preferenze.

Giovanni Toselli era morto il

12

gennaio

1886

.

Torino intitolò al suo nome una piazza, e Cuneo, che

conserva i resti mortali del suo figlio glorioso, ha intito­

lato a lui il suo principale teatro ed una via della città.

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