

GLORIE DEL VECCHIO PIEMONTE
LA MORTE DI UN VALOROSO
GIOVANNI BATTISTA DELL’ ISOLA (27 febbraio 1556)
di G IORG IO ROVERE
Le ciclopiche mura del forte di Bard, che nella
stagione invernale ammantellate di neve, sbarrano la
Valle d’Aosta, se richiamano alla memoria la resistenza
opposta per quattordici giorni dal piccolo presidio pie
montese alle truppe napoleoniche, a ben pochi ricor
dano come in esse in un lontano febbraio del
1556
si
spense, vittima del dovere nobilmente compiuto, il
colonnello Giov. Battista Dell’Isola, fedele fra i fede
lissimi sudditi del giovane Duca Emanuele Filiberto.
Quando nel
1553
il vecchio e debole Carlo III
venne a morte in Vercelli la crociata bandiera di
Savoia sventolava liberamente solo più in poche for
tezze del martoriato Piemonte, in cui le truppe spa
gnole e francesi, alleate o nemiche, accampavano da
padroni incuranti dei dolori e delle sventure della
nostra gente; ma nella Valle d’Aosta dove facevano
buona guardia « le compagnie delle Valli » (
1
) nè gli
uni, nè gli altri, avevano osato penetrare ben sapendo
che quei prodi valligiani avrebbero difeso masso per
masso la loro libertà.
Emanuele Filiberto, pur dai lontani campi di
Fiandra ove con la spada sognava il destino suo e
d'Italia, non dimenticava gli infelici suoi sudditi c alle
loro implorazioni d’aiuto rispondeva con l’unica vera
ricchezza che gli fosse rimasta: la fède.
La miseria del suo popolo era quella della sua Casa,
che lo stesso genitore non aveva potuto avere in Ver
celli per qualche tempo onorata sepoltura, poiché
durante la breve occupazione della città i francesi
avevano saccheggiato anche quel poco che era rimasto
degli antichi tesori sabaudi, ma ciò non pertanto il
Duca faceva l’impossibile per aiutare la resistenza dei
suoi fedeli e specialmente i difensori di Nizza, di
Cuneo e della valle d’Aosta, che sotto la direzione
politica del Vescovo Garzino e quella militare del
(
1
) Vedi l'vtiroio “
Le m ilizie alpine ir i Vtukie P*mcmtr ”
hi] nu
mero di novembre lyja.
colonnello Dell’Isola, persistevano tenaci nella loro
resistenza.
Quanto il pur modesto aiuto del Duca fosse apprez
zato dagli aostani ci è confermato da una lettera del
maggio
1555
in cui il Vescovo Garzino così scriveva
al suo Signore: « Habbiamo rcccputo le lettere che
è piaciuto di scriverne da venti di questo e ne è stato
di somma consolacene la giui4_ .. A. in Vercelli,
la quale in effetto sta molto necessaria, tanto per
l’agiutto et soccorso che da lei si spera, quanto per
rinnovar e rienfiescar l’animo et bona voluntà de
tutti questi populi, quali non desiderano altra grada
da Iddio che la presencia di V. A. Habbiamo rece-
puto li scudi milleseicento, li quali sono venuti molto
a tempo, perchè già erano sopra le seche de barbaria
et bisognava mettere una taglia...».
Infatti in quel tempo il Duca Emanuele Filiberto,
avutane licenza da Re Carlo V, si era recato in segreto
in Vercelli ove aveva tentato di riordinare l’ammini
strazione del suo Stato, di raccogliere le file della
resistenza, e di ottenere dagli alleati spagnoli qualche