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zione presso appositi Istituti scientifici, all’estero e

in Italia, il cosidetto cervello elettronico.

Ma siamo costretti a citare ancora C. C. Argan

che. nel numero di gennaio della bella rivista diretta

da Sinisgalli

Civiltà delle Macchine

, riferendosi al

volume di Siegfried Ciedion • Mecanisation Takes

Gommami » si chiede: « A chi spetta il comando: al­

l’uomo o al meccanismo? », il cui dominio si è esteso

con incredibile rapidità a tutti gli aspetti della vita

associata e ha assunto la direzione del mondo; e

quindi afferma che: ■<E’ superfluo chiedersi se il

progressivo trionfo del meccanismo sia un bene o un

male: se tutti i momenti dell*esistenza umana sono

determinati e condizionati al fattore meccanico, porsi

una simile domanda significa che un’intera fase della

storia del genere umano possa essere oggetto di un

giudizio morale e non intendere che la trasforma­

zione dei modi d esistenza coinvolge quella dei cri­

teri di valore ». E. prospettando i nuovi criteri di va­

lore. continua: « Spazio e tempo non sono più due

eterne categorie a priori, ma due diverse attitudini di

fronte all’essere ». Ma questa è soltanto una comoda

supposizione, perchè ciascuna di queste due attitu­

dini, disgiunta dall'altra, non reca

mai

a una condi­

zione di inerzia, come crede Argan. partendo dal pre­

supposto errato che una statua del frontone di Olim­

pia idealizza l’immobilità. Tessere fuori del tempo,

mentre una figura di Boccioni idealizza il movimento,

perchè un qualunque ceppo arcaico scolpito « si muo­

ve » come il « Nudo che scende le scale » di Marcel

Duchamp. in quanto: « La simmetrie des formes est.

en quelque sorte, une périodicitè dans l’espace tout à

fait comparable a la périodicitè dans le temps ».

(Marcel Boll: Le mistère des nombres et des for­

mes »: Paris, Larousse). E non è che la statua di

Olimpia sia una pura immagine di spazio e che quel­

lo spazio sia assenza di tempo, così come h tempo­

ralità pura, il ritmo, sia assenza totale di spazio, poi­

ché il poeta Ungaretti, nella lettera diretta a Sini­

sgalli. e pubblicata nella stessa rivista da questi di­

retta. afferma che « Il ritmo è

lo sviluppo di una mi­

sura

che l’uomo ha tratto dal mistero della natura ».

Ma trascurando tali discordanze, ci preme rileva­

re che per molti oggi non risultano ben chiari i limiti

dei due distinti campi dell’arte e della scienza per la

continua osmosi che. a tratti. li confonde e quasi li

annulla. Ma i limiti esistono, mai come oggi così pre­

cisi. Scienza e Arte, pur completandosi a vicenda,

hanno due funzioni nettamente distinte; mentre la

scienza può dimostrare il reale e non mostrarlo, l’arte

ha proprio questa funzione: mostrare la realtà, mo­

strarla a tutti, universalizzarla, il che. tra le due fun­

zioni, è la più difficile. Credere nell’esistenza di que­

sti limiti e nella loro ineluttabilità, significa per

l’uomo avere una più completa e reale coscienza di

sè e delle proprie possibilità. Bisogna che l’artista

non

consideri il meccanismo con l’ammirato stupore

del tecnico che l’ha costruito. « L'automa dei tempi

moderni — scrive il Fisico Carlo L. Calosi (2) —

ha delle doti di carattere: è molto accurato e assiduo

nel lavoro, di una disciplina assoluta nell'eseguire gli

ordini, ha una memoria ferrea. La precisione del suo

lavoro sorpassa quella di qualunque essere umano. I

suoi sensi sono in numero maggiore e molto più svi­

luppati di quelli di qualunque essere vivente, riceve

molte più informazioni dall’ambiente esterno. Egli

vedi* e sente cose che l’essere umano non percepisce.

Il suo sistema nervoso e i suoi centri di elaborazione

delle informazioni, da cui procedono le decisioni per

l’azione, sono molto più pronti di quelli di qualunque

essere vivente. Egli può decidere un’azione in tem­

po brevissimo, oppure prendere molte decisioni in

breve tempo. Oggi l’uomo ha creato dei mezzi che

richiedono per il loro impiego una prontezza di rea­

zione superiore a quella che la natura umana può

fornire ». — E’ spaventoso! Allarmante! — esclame­

ranno i promotori del « Macchinismo » milanesi,

fingendo di ignorare che l’uomo, questo meschinello

provvisto di scarse reazioni, può sempre creare l’au­

toma che sorvegli l'automa, cosi come il manome­

tro — per non citare esempi più complessi — sor­

veglia la pressione di una caldaia. Chiediamo venia

al lettore se siamo costretti a sfondare delle porte

spalancate, ma accade che negli ambienti artistici,

che si ritengono più evoluti, non soltanto a Milano,

ma a Torino, ove chi scrive svolge la sua attività,

molti sono i traviati da una critica arruffona che con­

fonde la cibernetica con l’elettronica, la tecnologia

con la meccanica, la fisica con la filosofia ecc. E ri­

tornando all'automa diremo che questo mostro non

supererà mai il suo creatore, perchè essere finito, li­

mitato. chiuso in un sistema di relazioni invariabili

che, mutandone una. tutto il suo complesso, anche

se prodigioso, cessa di funzionare. Ma soprattutto es­

so non ha il potere di definirsi nel tempo e nello spa­

zio die è prerogativa dell’uomo, il quale può sempre

salvarsi, alla fine, affidandosi a questa divina facol­

tà concessagli dall'arte.

La sicurezza che il romanticismo dava all'uomo

considerandolo come manifestazione o realizzazione

dell’infinito non è da ritenersi illusoria, come è per

gli esistenzialisti. NeH’ordine naturale noi rappresen­

tiamo una manifestazione dell’energia materiale con­

cretizzata nella forma uomo, la cui essenza vibra

all’unisono col flusso costante che tiene insieme l’uni­

verso. Non rappresepriamo quindi che un aspetto,

un’accezione dell’energia materiale e. poiché questa

energia è una continuità senza limiti in ogni senso,

l’infinito siamo noi.

Per un esseré cosciente, dice Bergson, esistere si­

gnifica mutare, mutare significa maturarsi, maturarsi

significa creare indefinitamente se stesso.

i 2 ‘ CARLO L. C a lo s i

L e U tlro m u t i in n tro lli éU tom utnt

in

• Civiltà

ilelle Macchine ». Gennaio.

19SV