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SC I ENZA E ARTE

d i M A R I U S R U S S O

Ipotesi e realtà nella creazione nell'opera d'arte

-

I l macchinismo

-

I

valori espressivi

Spazio e Tempo

-

La scultura arcaica e il

dinamismo plastico

-

L'infinito siamo noi.

Una rassegna delle più complete e informate sullo

sviluppo e l'affermazione dell’arte astratta nel mondo,

ha pubblicato nel suo numero quattro la rivista

« Spazio », che comprende articoli di critici auto­

revoli italiani e stranieri, illustrati da riproduzioni di

quadri di Kandinskv, Mondrian. Leger. Severini.

Magnelli e di altri meno famosi vessilliferi di questa

ultima tendenza dell’arte contemporanea, che conta

proseliti sempre più numerosi in tutti i Paesi del­

l’Europa occidentale e delle due Americhe. Le féno-

mène s’est trop gènéralisé pour parler encor de sno-

bisme ou de mode: dans presque tous les Pays du

monde l’art abstrait est entré, si l’on peut dire, dans

la peau de ce temps » — scrive Michel Seuphor. ed

è una verità che non mettiamo in dubbio, tuttavia

riteniamo che si tratti di una diffusione molto pros­

sima alla saturazione (come capita di tutto ciò che è

inusitato, ma alla portata di tutti, perchè anonimo

e qualunque), specie dopo che questa tendenza avrà

perso, proprio in virtù della sua diffusione, quel

tanto di nebuloso e di ermetico da cui trae innega­

bilmente il suo fascino. Fascino e misteri che siamo

stati i primi a svelare, con la pubblicazione del « Pri­

mo manifesto del sostanziammo », denunciando la

limitata funzione dell’arte astratta in un particolare

momento storico pervaso da quella confusione di va­

lori che succede sempre alle guerre e alle rivoluzioni.

Perciò non ci stancheremo di ripetere che l’arte

astratta rappresenta la conseguenza ultima di un atto

di rivolta, che ha pervaso tutto un secolo compreso

nel periodo 1850-1950. dell’uomo comune contro il

genio, della volgarità contro la poesia, del realismo

pacchiano e brutale di certa bassa letteratura, con­

tro le più nobili conquiste dello spirito. Che cos’è

infine un quadro astratto se non un cumulo di de­

triti? se non ciò che è rimasto dopo tutto un processo

di sistematiche eliminazioni e di rinunce? e. dal

punto di vista tecnico, un fallimento inghirlandato

di intenzioni? Nè. possiamo concordare con quanto

scrive G. C. Argan (vedi il suo articolo. Arte e

Realtà ». nello stesso numero di

Spazio).

Nessuna

frattura — egli afferma — s’è prodotta tra l’arte e la

realtà da quando l’arte ha rinunciato a riprodurre

la figura umana e le sembianze della natura », per­

chè: — « Nessuno vorrà contestare che appartengono

alla realtà le materie in cui l’arte si realizza: il co­

lore, il metallo, la pietra; e che, con la rinuncia alla

rappresentazione, il rapporto dell’artista con la ma­

teria in cui opera si sia fatto più intenso e necessario.

Anche l’immagine foggiata dall'artista, e l’artista

stesso, appartengono alla realtà: anzi l’arte moderna

esprime la coscienza di questo ” essere nella realtà

come l’arte classica esprimeva la volontà di distin­

guersene e distaccarsene, tanto da poterla oggettivare

e rappresentare ».

Ci sembra che G. C. Argan trascuri di consi­

derare che il « necessario intenso rapporto tra uomo

e materia » non appartiene all’arte che di riflesso,

mentre è essenziale per la tecnica, quale implicita

necessità che si manifesta nella traduzione dell’opera

dallo stato di pura intuizione a quello di realtà mate­

riale. E non è che soltanto l'arte moderna esprima la

coscienza di essere nella realtà perchè ritiene

più

im­

portante « istituire come concetti o principi univer­

salmente validi » soltanto i valori espressivi sepa­

randoli dal soggetto in quanto il rapporto tra uomo

e materia è una condizione costante, in ogni caso, la

cui intensità dipende dal temperamento dell’artista

o, meglio, dalle sue capacità espressive, cioè dalle

sue possibilità di penetrazione e di sopraffazione della

materia, infine dalla potenza del suo genio. E’ vero,

invece che, quando l’artista considera più importante

rinunciare alla rappresentazione per dedicarsi sol­

tanto a stabilire un più intenso rapporto con la ma­

teria. egli rinuncia a tutto: è già fuori dell’arte, anche

se non ritiene di esserlo e pensi che tutto l’universo

ruoti intorno alla sua eroica rinuncia, perchè egli

cade nel tecnicismo proprio deH’ingegnere. costrut­

tore di opere insigni, ma sempre e soltanto ingegnere.

Non è poi affatto vero che l’arte moderna esprima

la coscienza di « essere nella realtà » e che l’arte

classica esprima la volontà di distaccarsene, essendo

precipua funzione deH'arte. in generai»*, quando ten­

de a creare oggetti o astrazioni, distaccarsi dalla realtà

per rappresentarla mediante simboli, enigmi o sche­

mi. Non è possibile fare dell'arte altrimenti, se non