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venterà Principe della Chiesa, primo Vescovo e Pa­

tron*>della Diocesi di Acqui, San Guido. Come fosse

questa costruzione non si sa esattamente poiché i con­

tadini del luogo, dopo il saccheggio del

1300

, non

lasciarono neppure le diroccate mura di cinta delle

quali usarono persino le grosse pietre quale materiale

per nuove costruzioni. Ciò che allora non servì è il

ricordo che oggi ha ancora Melazzo di qucll’cditicio.

Il secondo e quello ad un chilometro circa dal

paese tra la confluenza delle valli della Bormida c del-

l’Erro, il castello del misterioso montccrcsccnte: re­

stano le mura di questo fortilizio ottagonale sormon­

tato da torricelle merlate ai quattro angoli, con feri­

toie e finestre ed un portale ad arco gotico in pietra

abilmente lavorata; l’insieme dell’edificio, la disposi­

zione delle difese denotano la perizia tecnica e mili­

tare del suo architetto; servì contro le invasioni sara­

cene nel X secolo prima e poi alle contese tra i feuda­

tari di Melazzo e di Bistagno cui la barriera di due

fiumi non riusciva a frenare i litigi. L’interesse niag-

giorc che oggi può offrire è che il monte su cui è

costruito cresce continuamente: l’Erro e la Bormida

che lo circondano da tre lati corrodono con le loro

acque il piano di livello per cui gli anni rendono

sempre più prominente il monte.

Nel terzo castello, quello oggi in ottimo stato di

conservazione e di completezza d’insieme, tra le belle

vecchie cose abbiamo ammirato... una nostra scoperta.

Non mi sarei mai sognato di diventare uno storiografo

0 meglio di segnalare gli elementi per la correzione

di un errore storico.

Ero venuto a Melazzo per vedere un castello che

mancava nella mia collezione ideale di manieri mon-

ferrini: credevo solo di apprendere notizie molto più

leggere, che non sapessero di volume da biblioteca e

mi incappai nella Cambridge Mcdioval History. Una

ripida salita porta al parco antistante il massiccio muro

d’ingresso: qui sfoggiano una ferrea eleganza vistosi

anelli e teste di drago un tempo usate per la posta dei

cavalli del Signore del luogo e dei suoi ospiti. Se sul

portale d'ingresso una brillante targa di marmo non

tradisse la religiosità del posto si potrebbe già essere

entrati anche noi in quella psicosi di vita quattrocen­

tesca, epoca a cui risale la costruzione. Ma gli spiriti

degli Alessandrini, delle famiglie gentilizie — tra cui

1Pettinati — dei padri Rinaldi (due insegnanti gesuiti)

dei Conti Chiabrcra e dei Dagna che si susseguirono

nei tempi al dominio di questa fortezza, oggi sono

degnamente sostituiti da un’allegra compagine di ses­

santa ragazzi d’ogni età, tutti tigli di caduti nella re­

cente guerra, che la Fondazione di Solidarietà Nazio­

nale, nel nome dcU’“ Istituto Alexandria ” qui ospita,

educa, istruisce gratuitamente e continuamente.

Sono stato ricevuto da questi cari ragazzi contenti

di interrompere l’ora di lezione perchè un curioso era

venuto a vedere la loro casa: e non furono avari nel-

l’illustrare le bellezze della loro residenza che doveva

essere però più bella ancora. Infatti i bianchissimi muri

dovevano essere, ancora non molti anni fa, ricoperti

da grandi affreschi se sugli stipiti delle porte d’accesso

alle aule stampe bellissime rappresentanti le arti, le

stagioni portano a pensare ad un paragonabile arreda­

mento di quelle sale che hanno ospitato illustri perso­

naggi di altrettanto illustri casati. Ma imbianchini e

soldati tedeschi hanno voluto lasciare il loro ricordo

distruttivo. Innumerevoli camere, oggi refettori, aule

e dormitori, lunghi corridoi e moderne cucine con­

trastano maggiormente coi bastioni merlati, fontane e

pozzi di pietra lavorata, torrioni dai quali colonne di

fumo lanciavano messaggi di pace o di guerra ai

signori dei vicini castelli.

Era molto tempo che gironzolavo a naso in su

con l’attenzione rivolta alle parole della direttrice del­

l’istituto e di una giovane bionda maestra, pozzi di

cultura locale e storia mclazzcse, quando prima di

congedarmi sostai un attimo dinanzi alla ima... sco­

perta. Da colui che per primo lì la pose alle migliaia

— credo — di persone che sono passate guardandola,

con poca attenzione a quanto pare, nessuno forse o

ben pochi hanno notato l’importanza grandissima della

lunga lapide che occupa una parete della sala d'in­

gresso: quei pochi però, vi devono essere stati per

forza, hanno sempre fatto silenzio. Al bagaglio delle

mie nozioni storiche è toccato l’incarico di rivedere

molte pagine dei tomi della protonda «Enciclopedia

Britannica».

Il

20

gennaio

1327

dopo diversi anni di regno abdi­

cava al trono d’Inghilterra Edoardo II; aveva rinun­

ciato per volontà del parlamento. Forse per volontà

della moglie, regina Isabella di Francia, con la quale

non dovevano intercorrere felici rapporti. Sta di fatto

che l’ex-re Edoardo II « visse per un po’ di tempo

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