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settembre 1912, approvato dalla Giunta Provinciale

il 29 agosto e 10 ottobre 1912 e coordinato dalla

Giunta Municipale il 18 settembre 1912, in vigore

dal 1° gennaio 1913 (

10

). Questo regolamento, vali-

do su tutto il territorio comunale è praticamente, con

una serie di varianti successive, quello applicato

sino dopo la II Guerra Mondiale.

- Deroghe at Regolamento Editizio

approvate

in C.C. il 18 aprile e il 22 giugno 1921, il 6 marzo e

il 29 maggio 1922 (

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) che riguardavano il numero

dei piani, l'altezza degli edifici, i piani arretrati.

Regotamento di Igiene

deliberato dal Com-

missario Prefettizio il 21 luglio 1926, approvato dal-

la Giunta Provinciale Amministrativa il 5 novembre

1926, n. 32416. È il regolamento che è rimasto in

vigore, con alcune modifiche, sino a dopo la II

Guerra Mondiale (

12

).

- Deroghe transitorie at Regotamento Edilizio

per facilitare le costruzioni con delibera del 7 marzo

e 5 luglio 1928, 21 febbraio 1929 (

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), riguardanti il

numero dei piani e l'altezza degli edifici.

- Modifiche at Regotamento di Igiene

con de-

liberazioni del 16 marzo, 12 ottobre, 9 novembre

1927; 25 gennaio e 9 maggio 1928; 30 novembre

1929; 29 novembre 1930; 1 maggio 1931 e 31 luglio

1940 (

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) che riguardavano i servizi igienici, la posi-

zione delle scale, gli accessi agli alloggi, ecc.

Le disposizioni contenute nei Regolamenti di

Ornato, Edilizi e di Igiene hanno vincolato molte

caratteristiche edilizie, tra queste si cita: la volume-

tria complessiva (altezza delle fronti, dimensioni dei

cortili e dei cavedi, ecc.), la volumetria delle coper-

ture (abbaini, mansarde, piani arretrati, ecc.), le

caratteristiche distributive (accessi, scale, posizione

dei servizi igienici, ecc.), le caratteristiche delle par-

ti esterne degli edifici (balconi, cornicioni, tinteggia-

ture, ecc.). Con il passare degli anni si assiste all'e-

voluzione di tali norme: alcune disposizioni vengo-

no meglio definite e ampliate, alcune norme di base

vengono riprese con lievi modifiche nei regolamenti

successivi, altre subiscono sostanziali varianti legate

all'evolversi del concetto stesso dell'abitazione e dei

suoi standards (a quest'ultimo riguardo va notato

che alcune disposizioni imponevano caratteristiche o

schemi che erano già divenuti prassi costruttiva da

alcuni anni, o analogamente vietavano soluzioni o

schemi già in parte abbandonati). Alcune norme

inoltre con il tempo divennero più permissive (es.

altezza massima degli edifici).

In particolare per quanto riguarda la

dimensione

dei cortili (

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)

si nota quanto segue.

Il Regolamento del 1843 imponeva il lato mini-

mo almeno uguale all'altezza massima degli edifici

che lo circondavano, il Regolamento del 1862 ripor-

tava il criterio (generalmente meno restrittivo) della

superficie del cortile superiore ad un quarto della

superficie delle fronti degli edifici affacciati (con un

minimo di 144 mq di superficie e 8,5 m per il lato

minore) con possibilità di costruire bassi fabbricati

(di altezza inferiore a 6,5 m) purché fossero rispetta-

ti i minimi citati.

Le Norme di Igiene del 1900 prevedevano la

superficie del cortile almeno un terzo della superficie

del lotto, il Regolamento d'Ornato coevo ripropone-

va parallelamente l'area libera maggiore di un quar-

to della superficie delle fronti (come nel Regola-

mento del 1862) e possibilità di costruire bassi fab-

bricati.

Il Regolamento di Igiene del 1905 confermava le

Norme del 1900, mentre nel 1907 (13 gennaio) il

Regolamento d'Ornato fu modificato permettendo di

erigere nel terzo di superficie destinata a cortile un

ulteriore terzo di superficie con bassi fabbricati di

altezza inferiore a 4,5 m (sempreché restassero di-

sponibili 144 mq di superficie libera, con lati non

inferiori a 10 m).

Il Regolamento Edilizio del 1912 confermava la

modifica del 1907 richiedendo però l'ampiezza del

cortile almeno uguale a quella stabilita per le vie (in

relazione all'altezza dei fabbricati).

Queste norme hanno influito in modo indiretto

sulle disposizioni planivolumetriche degli edifici;

esse, vincolando la superficie minima del cortile,

definivano in pratica la volumetria massima edifica-

bile (l'altezza era infatti già fissata da altre norme).

Applicando la normativa su lotti che spesso avevano

profondità piuttosto notevoli (in relazione alle di-

mensioni degli isolati cittadini) e perseguendo la

finalità economica di sfruttare tutta la superficie (e

cubatura) costruibile, venivano spesso scelti schemi

planimetrici a «L» o a «U» con una parte di edificio

a doppia manica su via e una o due braccia a manica

semplice (con un solo affaccio) risvoltanti su cortile

(era conveniente, ad esempio, lasciare un cortile di

forma quadrata e di lato pari all'altezza dei fabbrica-

ti per rispettare il Regolamento del 1843); se si fosse

realizzato l'edificio con un solo corpo su via si sa-

rebbe sprecata dell'area fabbricabile, oppure si sa-

rebbero ottenuti edifici con maniche troppo larghe e

male sfruttabili.

Per quanto riguarda le

altezze degli edifici (

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)

si

nota come le prescrizioni permisero un progressivo

aumento delle stesse con volumetrie edificabili sem-

pre maggiori.

Il Regolamento del 1843, come già accennato,

non si interessava di altezze in quanto ciò era de-

mandato ai diversi piani di ingrandimento; il Rego-

lamento del 1862 prevedeva l'altezza delle case in

funzione della larghezza della via, con i seguenti

limiti: per vie di larghezza superiore a 18 m altezza

massima 21 m, per vie di larghezza compresa tra 12

e 18 m altezza massima 18 m, per vie di larghezza

inferiore a 12 m altezza massima 16 m.

Il Regolamento d'Ornato del 1900 stabiliva il

principio dell'altezza massima degli edifici compu-

tata come 1,5 volte la larghezza della via, con un

massimo di 22 m, e le Norme contemporanee di

Igiene prescrivevano il numero massimo di piani

fuori terra analogamente in funzione della larghezza

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