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della via stessa, con un massimo di 5 piani per strade

di almeno 17,5 m di larghezza (

17

).

Con queste disposizioni si ribadiva tra l'altro il

concetto più volte dibattuto di « evitare che le case

fossero tutte alla stessa altezza, per dare alle nuove

costruzioni maggiore varietà» (

18

).

Il Regolamento di Igiene del 1905 confermava le

disposizioni del 1900 mentre permetteva per strade

di larghezza superiore a 35 m l'elevazione a 6 piani

(con possibilità di abbaini verso cortile e altezza

massima sempre di 22 m).

Il Regolamento Edilizio del 1912, confermando

il principio dell'altezza proporzionale alla larghezza

della via (determinata con formule lievemente diver-

se) (

19

) portava l'altezza massima a 25 m e introdu-

ceva il concetto piuttosto importante, che modificò

sostanzialmente l'impostazione volumetrica della

sommità degli edifici, del «piano arretrato» (piano,

sovrastante l'edificio, contenuto, ragionando in se-

zione trasversale, all'interno di una retta inclinata di

40° a partire dall'estremo del cornicione, immagi-

nando quest'ultimo con

1

m di sporto), consentiva

inoltre l'edificazione a 6 piani per strade di larghez-

za non inferiore a 26 m (

20

).

Successivamente la variante al Regolamento

Edilizio del 22 giugno 1921 permise di realizzare un

piano in più rispetto a quelli regolamentari (al mas-

simo 7 piani purché l'altezza fosse compresa nei

limiti vigenti) e le varianti del 6 marzo e 29 maggio

1922 ammisero un aumento dell'altezza massima

degli edifici pari a 1/10 di quella prevista dal Rego-

lamento (fermo restando il limite massimo di 25 m)

e

modificarono, in senso più permissivo, i criteri per

la realizzazione dei piani arretrati (

21

).

Nel 1928 (5 luglio) si permise, per le vie di

larghezza superiore a 30 m, edifici a 7 piani di altez-

za massima 27,50 m (questa altezza verrà superata

solo dopo la II Guerra Mondiale quando alcune de-

roghe al Regolamento Edilizio nel 1947 e nel 1950

consentirono edificazioni di 10 piani e 35 m di altez-

za).

Nel 1929 (21 febbraio) anche per le vie compre-

se tra 27 e 30 m fu data autorizzazione ad elevare

edifici sino a 7 piani.

Agli effetti della impostazione volumetrica della

sommità degli edifici (e sino a quando non fu istitui-

to il citato « piano arretrato ») risultano molto impor-

tanti gli

abbaini e le mansarde.

La loro presenza

viene regolamentata inizialmente nei piani di in-

grandimento, ad esempio in zona Vanchiglia (Piani

del 1846 e 1852) si poteva elevare 5 piani più un

piano di soffitte munito di abbaini. Certamente vi fu

un certo abuso nella realizzazione di tali strutture e il

Regolamento del 1862 obbligava a computare come

un piano di edificio le mansarde nel caso fossero

state continue.

Il Regolamento del 1900 considerava che abbai-

ni e mansarde più vicini di

1,5

m venissero computa-

ti come un piano.

Di una certa importanza, sempre ai fini della

conformazione volumetrica degli edifici, fu la nor-

ma del Regolamento d'Ornato del 1900 che permet-

teva, per lotti d'angolo su strade a diversa larghezza,

l'edificazione lungo la via più stretta con altezze

determinate in base alla via più larga per un tratto

pari al valore della manica dell'edificio (misurato a

partire dall'incrocio delle vie) dando luogo ad una

particolare articolazione dei volumi.

Per quanto riguarda le norme sugli

accessi

agli

edifici (androni, scale) si richiama la loro importan-

za agli effetti dell'impostazione distributiva spe-

cialmente dei fabbricati pluripiano e si nota quanto

segue.

Il Regolamento del 1843 vietava di costruire sca-

le esterne sulle fronti delle case prospicienti la via

pubblica.

Il Regolamento di Igiene del 1905 richiedeva

che le scale fossero aerate direttamente, mentre le

Varianti alle norme di Igiene del 30 novembre 1930

e 1° maggio 1931 introducevano il concetto innova-

tivo dell'accesso diretto di ogni alloggio (anche solo

costituito da camera e cucina) dai pianerottoli. Ve-

niva così ad essere vietata la cosiddetta distribuzione

a ballatoio (salvo per le case coloniche e rurali) che

per secoli aveva caratterizzato una notevole parte

dell'edilizia residenziale. Occorre notare comunque

che questa norma si inseriva in una situazione edili-

zia ormai in rapida evoluzione, dove il concetto del

« ballatoio » era stato ormai abbandonato da diversi

anni anche nell'edilizia economica.

Lo stesso Regolamento del 1905 richiedeva inol-

tre un accesso carraio (per carro ippotrainato) a cor-

tili e giardini, salvo casi di assoluta impossibilità,

concetto successivamente riconfermato (e reso ob-

bligatorio per edifici con fronte superiore a 14 m nel

Regolamento del 1912).

Per quanto riguarda le norme sulle caratteristiche

dei

servizi igienici

(disponibilità di acqua potabile,

latrine, ecc.) si richiama la loro importanza agli ef-

fetti della impostazione distributiva interna delle

unità abitative e si nota quanto segue.

Il Regolamento del 1843 richiamava il Manife-

sto del Vicariato del 14 gennaio 1842 ove era richie-

sta per ogni fabbricato la presenza di almeno un

pozzo d'acqua di determinate caratteristiche e la

presenza di latrine, era inoltre vietata la costruzione

di gabinetti e bussole sulle fronti delle case prospi-

cienti la via pubblica.

Il Regolamento del 1862 richiedeva che ogni

fabbricato d'abitazione disponesse di latrine aerate

(interne o esterne) non visibili da strade pubbliche o

piazze e non sulle testate dei bracci di fabbrica.

Spesso nelle case della seconda metà Ottocento

compare in cortile una fontana (con vasca) alimenta-

ta dal nuovo acquedotto (

22

) che sostituisce il tradi-

zionale pozzo.

Il Regolamento di Igiene del 1900 prescriveva

inoltre che le latrine non fossero disposte in bussole

isolate sui balconi e imponeva la presenza di acqua

potabile condotta ad ogni piano dell'edificio. Spesso

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