

lata a portici. L'edificazione dei villini era così regola-
ta: l'area coperta doveva essere inferiore a 1/3 del lotto
e i piani al massimo 3 fuori terra; era richiesta la
presenza di « cancellate eleganti senza pilastri » (con
zoccolo di granito o pietra equivalente); gli edifici
dovevano avere coperture in lastre di pietra, tegole
piane in cotto o in cemento; vi era divieto di presenza
di esercizi commerciali; il progetto era sotto il control-
lo e approvazione della Commissione d'Ornato. Per le
case a portici i vincoli erano: massimo 3 piani, altezza
dei portici 7 m, larghezza degli stessi 5,5 m, presenza
di cavalcavia di collegamento.
Nel Piano di sistemazione dell'area dell'ex Piaz-
za d'Armi (
27
) su progetto del 1912 dell'ing. G.
Chevalley (approvato dalla Giunta Municipale il 21
novembre 1912) sull'area compresa tra gli attuali
Corsi Duca degli Abruzzi, Peschiera, Galileo Ferra-
ris e Montevecchio, si prevedeva espressamente per
la zona compresa tra i Corsi Trento, Trieste, Galileo
Ferra
ri
s edilizia a « villini » e sui lotti di Corso Pe-
schiera « case da pigione » . Le caratteristiche edilizie
erano vincolate da due capitolati dei lavori (
28
) che
gli acquirenti dei lotti si impegnavano a rispettare e
che limitavano sia la volumetria sia alcune caratteri-
stiche costruttive. Il capitolato I «villini» (30 lotti su
45.000 mq) prevedeva edifici di massimo 3 piani,
altezza 16,5 m, con possibilità di realizzare eleva-
zioni (per ragioni architettoniche) sino a 19,5 m (tor-
ri, altane, di area non superiore a 1/10 del fabbrica-
to), si poteva coprire al massimo 1/3 della superficie
del lotto, la distanza dai muri e cancellate era 4,5 m.
le recinzioni dovevano essere con cancellate a gior-
no su zoccolature, vi era l'obbligo di decorare tutti i
fronti dell'edificio (
29
). Il capitolato II «case da pi-
gione» (8 lotti su 13.768 mq) prevedeva costruzioni
a 4 piani, di altezza massima 21 m, sviluppate lungo
le vie, con cortile interno comune. Delibere succes-
sive (11 maggio 1923) introducevano per l'isolato
tra i Corsi Montevecchio, Trieste, Govone e Via
Galliano la nuova definizione di edifici a « palazzot-
to», una edilizia più intensiva dei villini, senza però
raggiungere le « case da pigione » (il rapporto di
copertura era stabilito in 2/5 e il numero di piani
massimo 3).
11 tipo edilizio « villino » e « palazzotto » o « pa-
lazzina » fu ripreso successivamente, sia a livello
regolamentare che nelle lottizzazioni private; nel
Piano Regolatore e di Ampliamento della zona piana
(Legge 5 aprile 1908, n. 141 e R.D. 15 gennaio
1920) e della zona collinare (D. Luog. 10 marzo
1918) (
30
) compaiono « aree per le quali la fabbrica-
zione è vincolata a villini» con espresso richiamo ai
capitolati dell'ex Piazza d'Armi (
31
). Per alcune
zone viene anche fissato un rapporto di copertura
ridotto a 1/5 (32).
Si ritiene utile riportare inoltre una breve serie di
considerazioni sulle norme che si riferiscono alla
zona alla destra del Po (parte piana e pedecollinare)
che hanno costituito compendi integrativi con pre-
scrizioni diverse da quelle innanzi riportate e che
hanno influito sull'impostazione volumetrica degli
edifici e sulle modalità di insediamento degli stessi.
Il Regolamento per l'Ornato del I900 stabiliva
(art. 35) che per le costruzioni sulla sponda destra
del Po si rispettasse una altezza massima di 17 m. Il
successivo Regolamento del 1912 (art. 55) suddivi-
deva, in modo innovativo, il territorio collinare in
tre fasce distinte con diversa regolamentazione. La
zona « a » compresa tra Corso Moncalieri, Corso
Casale e la quota altimetrica 235 m s.l.m., aveva la
sola limitazione dell'altezza massima di 17 m ed
edificazione a 4 piani; le zone « b », costituite una
dalla fascia compresa tra il Po e i corsi citati e l'altra
dal territorio al di sopra della quota 235 m s.l.m.,
avevano come limiti: altezza massima 17 m, massi-
mo 3 piani edificabili, lunghezza massima delle
fronti degli edifici 30 m, distanza tra le costruzioni
20 m e dai confini 10 m, distanza dall'asse stradale
non minore di 10,50 m, area coperta inferiore a 1/6
della superficie del lotto nelle zone prospettanti la
città.
Si veniva a formare così un particolare tipo
di insediamento costituito da edifici arretrati dal
filo strada, tra loro spaziati, di fronte inferiore ai
30 m.
I successivi disposti confermarono di massima
queste limitazioni nelle rispettive zone, il Piano
Regolatore Edilizio e di Ampliamento della zona
collinare (portato in C.C. il 1° dicembre I913, ap-
provato con Decreto Legge il 10 marzo 1918, n.
385) e il relativo Regolamento e Norme tecniche per
l'esecuzione (R.D. 28 settembre 1919 n. 2017)
modificarono (nell'ambito delle precedenti zone b) i
valori delle distanze tra le costruzioni (I2 m) e dai
confini (6 m), mentre per le altezze massime si stabi-
lì 15 m in gronda e 19 m al colmo. Il Regolamento
Edilizio del 1925 (delibera della Giunta Municipale
del 17 giugno I922, omologato dal M.L.P. il 26
gennaio 1925) delimitava le tre zone citate con rife-
rimento alla linea della nuova cinta daziaria richia-
mando comunque il Piano Regolatore della zona col-
linare.
3. INDIVIDUAZIONE DEI TIPI EDILIZI
RESIDENZIALI CARATTERIZZANTI GLI
AMBITI URBANI
Come già premesso, l'analisi condotta riguar-
da le caratteristiche degli edifici residenziali della
città (parte piana e pedecollinare oltre Po ad esclu-
sione del nucleo centrale) ed è volta a riconoscere
ed individuare i tipi edilizi che prevalentemente
caratterizzano gli insiemi ambientali individuati
come ambiti.
L'individuazione dei tipi edilizi, che nella mag-
gior parte dei casi sono di realizzazione successiva
alla metà Ottocento, è avvenuta in base all'analisi e
al riconoscimento dei caratteri tipizzanti degli edifici
stessi, raggruppati in quattro preminenti ordini di
aspetti: « impostazione volumetrica e aggregativa »,
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