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I MARMI SCRITTI DI TORINO E SUBURBIO
La liberalità fu opera del duca Carlo Emanuele I, indot–
tovi dalle istanze del padre Giuliano Gallo da Murazzano,
morto nel
1630,
vittima dell'apostolico ministero nell'qrrendo
contagio che flagellò in quell'anno l'Italia nostra.
Ma gli stessi autori non sono poi più egualmente d"ac–
cordo nel definire
il
vero architetto di quella chiesa. V'autore
della più volte citata raccolta epigrafica ne attribuisce
il
disegno al conte Galleani di Barbaresco, bolognese eYorigine,
e benemerito dell' industria paesana, per avere
il
primo
introdotta in Piemonte l'arte di torcere le sete con appositi
congegni. Il Vernazza per contro, seguito altresì da.
arcun~
è d'avviso che autore di
quell~
chiesa sia stato l'ingegnere
Maurizio Valperga. lo inclino a questa seconda opinione,
poichè per ammetteré che nel
1619,
anno in cui il Duca
ne pose la pietra fondamentale,
il
Galleani avesse potuto
compiere il disegno di quella chiesa, bisogna supporre cbe ·
avesse per lo meno una ventina d'anni. Ora soltanto nel.
1663
ritrovo che
il
medesimo proponesse alI' amministra- '
zione comunale di Torino d'introdurre l'uso di lavorare la:
seta in organzini alla guisa di Bologna, 'ottenendo pur in
tal anno il necessario appoggio da quell' autorità. Egli è
adunque verisimile cbe per compiere tale impresa,
il
Gal–
leani doveva essere di mezz' età, nè di sovercbio avanzato
negli anni. Notisi poi che ad ogni modo sarebbe errore'
il
dirlo conte di Barbaresco, poichè soltanto nel 1694 Vittorio
Amedeo II infeudava ai fratelli Giovanni Gerolamo, Giam–
battista e Giulio Antonio, figli di Gian Francesco,
il
feudo
di Barbaresco, in un con quel di Tressio (I).
Gli Agostiniani uffiziarono quella chiesa sino al 1799, dalla
(I) Famiglia da non confondersi con quella dei conti di Agliano e
Caravonica, originaria, non di Nizza, come si vorrebbe da taluni, ma
sì dalla valle di Maira.