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padri, che più non dovranno trepidare sulle sorti dei loro
figli, fra il plauso dell'intero Piemonte che vede ras icurata
in tal modo la successione dei suoi grandi uomini, e la
sicura letizia di tutti i buoni che rifiorir vi veggiono un
Instituto di cui si vantaggia non meno la scienza e la
virtù ".
Nè diversamente esprimevasi l'illustre filosofo torinese (1)
«
Poco giover ebbero (egli scriveva ) gli studi più eletti senza
l'educazione plebea, popolana, universal e, e quella che spe–
cialmente riguarda i giovani studiosi; Carlo Alberto ha già
provveduto alla prima favor eggiando gli Asili; quanto alla
seconda, di ottimo augurio fu il ristabilimento del Collegio
antico delle Provincie , fondato da Vittorio Amedeo II
nel 1729, chiuso nel 1821, a suggestione dei Gesuiti, vaghi
di sostituire, come fecero, la loro morta e sterile disciplina
alla viva e generosa educazione che in quello i giovani
ricevono ".
A governare il risorto Instituto venne chiamato il nobile
cav. prof. e teol. collo Botto Di Rovere , abbate di Santo
Stefano di Vercelli, questi ne progetta il regolamento in–
terno , e monsignor Pasio, vescovo di Alessandria, già pro –
fessore di Filosofia nel Torin ese Ateneo, successore al cava–
liere Collegno nella Presidenza del Magistrato della Riforma,
lo rass egna al Re, che in udienza del 31 ottobre 1842 lo
approva,
Le disposizioni contenute in questo regolamento poco
variavano da quelle che erano state dettate nel 1729 dal
conte Di Salmour pel primitivo ordinamento del Collegio,
e che settanta e più anni dopo
il
medico Giraud in mas–
sima parte adottava pel Pritaneo Divisionario , sicchè
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si
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deve il Collegio annoverare fra i pochissimi Insti tuti
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siffattamente privilegiati, e fin dalle prime origini così
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saviamente coordinati ai prin cipii della vera utilità e giu–
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stizia, che il decorrere del tempo anzichè renderli vieti
«
ed antiquati loro conferisce maggior importanza ed auto-
(1)
GIOBERTI.
Gesuita Moderno,
cap.
15.