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I pionieri piemontesi nell’Africa Orientale

MISSIONARI - AGRICOLTORI - ARTIGIANI - ESPLORATORI

«... L'Africa haper l’Italia unfàscino irresistibile...

Affacciati sulle stesse acque, a distanza ornai di

poche ore, e con sì sfolgorata diversità di cielo, di

clima e di popoli, la curiosità, non ch'altro, vi ci

dovrebbe tirare. Quattro salti, e potremmo trovarci

in mezzo a una natura nuova, e vivere in un’età

preistorica. A chi non deve piacere sentirsi allargar

l’universo e raddoppiar l’anima e il tempo? Vero è

che è difficile indovinare in questo momento quello

che spiaccia o piaccia agli Italiani...

« ... Fin qui ne siamo, come a dire, esiliati. Chi

noi credesse, ne domandi al Kiepert, che ci ha can­

cellati addirittura dalla sua carta dei viaggiatori afri­

cani. Una volta vi erano delle buone, o, meglio, po-

trebbesi dire,delle cattive ragioni; maerano ragioni..:

senza nome di patria in fronte non si poteva essere

che venturieri o fuorusciti. Ma adesso? Adesso, è

la paura della paura altrui, la fiaccona, la paturna,

che non ci lasciamuovere. Eppure, cotesto dell'Africa

è l’unico, in tanto affollamento di genti e di Stati che

ci chiudono d’ogni parte l’orizzonte, proprio l’unico

spiraglio da cui si mostri un po' di tempo scarico

e di spazio libero.

« Il nuovo mondo di Colombo è vecchio ormai,

e raffagottato all'europea. Ma questo d'Africa è un

mondo nuovo davvero: nuovo, e la più parte disoccu­

pato: gran parolasapete, per chi osassecapirla... » (I).

Così, sessantanni or sono, nella primavera del

1875, scriveva Cesare Correnti, mentre si preparava

dalla Società Geografica Italiana, ch'egli con Cristo-

foro Negri aveva creato, la grande Spedizione scien­

tifica allo Scioa. •

Oggi le cose sono alquanto mutate; l'Italia non

è più del tutto esiliata dall'Africa, e il Kiepert non

ci potrebbe più cancellare dalla carta dei viaggiatori

africani; maquanto prezioso tempo perduto, e quante

splendideoccasioni mancate! Uno spiragliov'è ancora,

e l'Italia di Mussolini si appresta ad allargarlo, per

avere dinanzi a sé un più ampio orizzonte, per respi­

rare più liberamente. La « paura della paura altrui »

è scomparsa dopo Vittorio Veneto e dopo la Marcia

su Roma. L'Italia è tutta in piedi attorno a) suo Re,

e. guidata dalla mano ferma e saggiadel Duce, marcia

verso l’Africa, senza troppo curarsi delle bianche

nuvolette pacifrste che sorgono da Gnevra o della

nebbia fumosa che viene da Londra.

Il nostro Piemonte, che ricorda in questi giorni

i suoi figli che più l'onorarono con la loro attività,

non deve trascurare quelli di essi che furono i pio­

nieri dell'espansione italiana neH'Africa. Sono mis­

sionari, agricoltori, artigiani, esploratori, che, con

il loro zelo, con la loro tenacia, con la loro audacia,

fecero onore alla terra natia nelle lontane e inospiti

terre dell'Africa Orientale.

È giusto che, in questo momento storico, ne

ricordiamo brevemente le gesta gloriose, per essere

pronti domani a imitarne il coraggio e lo spirito di

sacrificio, che sempre li animò, e li rese degni della

gratitudine della loro terra natia.

IL

P.

GIOVANNI STELLA E LA COLONIA

ITALO-AFRICANA DI SCIOTEL

Gloria di Asti è il P. Giovanni Stella, lazzarista

come il P. Giuseppe Sapeto, il fondatore della colonia

di Assab. Il celebre geologo ed esploratore genovese

Arturo Issel così parlava del P. Stella: « Fra i Bogos

giacenti nella più inveterata barbarie, pigri, superj-

stiziosi, dediti soltanto alle guerre civili, alle rapine,

capitò, verso il 1846 il P. Stella, e si consacrò con

mirabile zelo ed instancabile pazienza al loro morale

e materiale miglioramento. Egli fondò nel paese dei

Bogos la prima chiesa e la prima missione cattolica;

ma, quel che è più, seppe ispirare loro massime di

giustizia, di rispetto per la proprietà e la vita altrui,

amore al lavoro, e seppe, co' suoi istituti benefici,

non meno che con gli ottimi insegnamenti, cattivarsi

l'affetto e la fiducia di quei rozzi montanari, cosicché

ne divenne il maestro, il protettore, l'arbitro. Anche

adesso, lui morto, il suo nome è riverito a Cheren

e nei villaggi circonvicini, e ciascuno ricorda come

si adoprassea lenire i mali della carestiae dellaguerra,

a comporre le contese tra famiglia e famiglia, tribù

e tribù; com'egli, non perdonando a pericoli, a fa­

tiche. strappasse dalle mani di spietati rapitori i

Bogos tratti schiavi dalle masnade egiziane» (2)*

Nel 1851 lo Stella e il Sapeto percorsero buona

parte dei paesi che oggi costituiscono la nostra

Colonia Eritrea, • cioè le ragioni dei

Mensa,

dagli

Habab e dei Bogos. Il P. Stella si dedicherà poi in

modo speciale a quest'ultima ragione,

netta quale