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I PIONIERI PIEMONTESI NELL'AFRICA ORIENTALE

trascorrerà buona parte della sua vita. Mentre nume­

rosi e importanti sono gli scritti del P. Sapeto, che

divenne poi professore di arabo a Genova, del padre

Stella non si hanno che poche lettere.

Il bene compiuto dall'ardito missionario astigiano

fra i Bogos gli attirò la simpatia dello stesso Teodoro,

imperatoredell 'Abissinia, eanchedeldegiasmacHaylu,

governatore dell’Hamasen, il quale nel 1865 cedette

al P. Stella il territorio di Sciotel, che era sua pro­

prietà particolare, perchè vi fondasse una colonia

agricola europea, che servisse di modello agli agri­

coltori indigeni.

Il territorio dello Sciotel, della superfìcie di circa

90 miglia quadrate, aveva, grazie alla notevole alti­

tudine, un clima temperato ed una relativa abbon­

danza di acque, sì che vi era possibile la coltivazione

delle varie specie di dura, del granoturco, del lino,

del sesamo e di altri semi oleosi, e vi crescevano

rigogliosi tutti i legumi e gli ortaggi della nostra

Europa. Una metà del territorio era costituita di

estese pianure e colline a dolce declivio e quindi

coltivabili, mentre la parte più elevata era coperta

di boschi di alto fusto: baobab, tamarischi, sicomori,

tigli e varie specie di alberi della gomma. Le colture

più redditizie sembravano quelle del caffè, del cotone,

dell’indaco e del tabacco.

Venuto in possesso di questo vasto e ricco terri­

torio, il P. Stella partì per l’Egitto con l’intendimento

di proseguire per l’Italia allo scopo di cercarvi capi­

tali e coloni; ma nel novembre 1866 al Cairo ebbe

l’occasionedi conoscere un altro piemontese, Pompeo

Zucchi di Cuneo, ch’era al servizio del Khedivè

Ismail Pascià, mentre suo padre, il capitano Fran­

cesco Zucchi, era istruttore particolare del principe

Ibrahim Pascià.

Pompeo Zucchi. venuto aconoscenza del progetto

di una colonia agricola italiana a Sciotel, subito se

ne innamorò, e si accordò col P. Stella per la sua

attuazione. Così questi rinunciò al suo viaggio in

Italia, e, coi capitali avuti dallo Zucchi, deliberò di

ritornare subito a Sciotel per iniziare il lavoro di

colonizzazione. Lo seguirono tre agricoltori italiani,

con l’intesa che altri ne avrebbe condotti lo Zucchi,

quando avesse al Cairo ultimate le pratiche in corso

per dare una sistemazione definitiva all'impresa.

Il 25 aprile 1867 lo Zucchi rendeva noto al Con­

sole italiano del Cairo, che, con atto stipulato il

20 febbraio deHo stesso anno fra il P. G. Stella e

PompeoZucchi, si era fondata la

Coloniaitalo-africana,

e, con altro atto della stessa data, si era stabilito un

contratto d'associazione «fra Zucchi, socio e capi­

talista e i soci d'opera e d'industria della Colonia».

Altri contratti lo Zucchi stipulò in seguito col dottor

Ferdinando Bonichi, con Alessandro Angioli e Giorgio

Lifonti. tutti italiani, i quali, in diversa forma, accet­

tavano di partecipare all'impresa. Lo Zucchi aggiun­

geva l'inventario dettagliato, per gli effetti doganali,

dei mobili, suppellettili, stoviglie, armi, munizioni,

macchine, ecc., « il tutto provvisto qui in Cairo e

conseguentemente esente da ulteriore dazio per

tutto il territorio egiziano...»: e pregava il Con­

sole di volergli rilasciare « la legale autorizzazione

per il libero passaggio fino alla Colonia in Sciotel.

tanto per le persone che per il materiale... all effetto

di usufruire della protezione governativa a cui ogni

italiano ha diritto».

Appena due giorni dopo, e cioè il 27 aprile 1867,

il Console d’Italia, L. Vignale, senza nemmeno, forse,

interpellare il Governo di Roma, respingeva la do­

manda dello Zucchi, affermando, nella motivazione

del suo decreto, che « la così detta Colonia Italo-

Africana fra l’Egitto e l'Abissinia in Sciotel non ha

esistenza giuridica; che non esiste trattato tra l’Italia

e l’Abissinia; che la formazione d’una simile Colonia

potrebbe esporre le vite dei regnicoli e compro­

mettere lo Stato in complicazioni internazionali » (3).

La negata protezione del patrio Governo non

spaventò il tenace figlio del Piemonte, Pompeo

Zucchi, il quale il 1° maggio 1867 partì co’ suoi col-

laboratori e coloni per Sciotel, ove, intanto, il padre

Stella coi primi tre coloni già aveva costruito capanne

e case di abitazione presso due sorgenti perenni,

sotto il monte Zada Amba, e aveva iniziata la col­

tura del cotone, della dura e di molti ortaggi e legumi,

più che sufficienti ai bisogni dei coloni. Presso il

piccolo centro agricolo italiano, grazie alle dolci ma­

niere ed al prestigio di cui godeva il P. Stella, pa­

recchie famiglie indigene avevano eretto le loro

capanne, e così era sorto un nuovo villaggio di agri­

coltori e di pastori.

Pareva che tutto, ormai, dovesse procedere con

piena soddisfazione del P. Stella e dello Zucchi, di­

rettore e capo della Colonia: il degiasmac Haylu

aveva, con una lettera ufficiale diretta a G. Stella

e P. Zucchi, riconfermata la concessione del terri­

torio di Sciotel, « il quale territorio, egli diceva,

è della mia famiglia

ab antiquo

», e già una trentina

di persone lavorava per la redenzione agraria di quel

paese. Improvvisamente, poche settimane dopo il suo

arrivo, per un attacco di dissenteria, il tenace cu-

neese, Pompeo Zucchi, moriva, nominando eredi la

moglie Elena Petrucci e la figlia Emma (12 set­

tembre 1867).

La prematura morte dello Zucchi fu esiziale alla

nascente Colonia italo-africana. Parecchi coloni si

allontanarono, e tutti i diritti su Sciotel si concen­

trarono nel P. Stella, nelle due eredi Zucchi, in

Ferdinando Bonichi ed Alberto Buccianti. Il dottor

Bonichi, sul finire del 1867, inviò, anche a nome de’

suoi soci, un’ampia relazione sullo Sciotel ai Go­

verno i{pliano. il quale parve finalmente prendere

in qualche considerazione la nascente Colonia italo-

africana. Fu infatti inviata nel Mar Rosso la corvetta

« Ettore «fieramosca », comandata dal cav. Bertelli,

per vedere quanto di vero vi fosse nella relazione

Bonichi, e per studiare l’ancoraggio di Bendai, allo

sbocco della valle dei Lebka, che si diceva essere

indipendente.

Nel marzo 1868 il dott. Bonichi s’incontrò col

comandante del « Fieramosca» a Massaua: ma ritor-