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I PIONIERI PIEMONTESI NELL'AFRICA ORIENTALE

tente di cotesto paese». Il Negri prega il Massaia di

volergli fornire notizie sulle condizioni politiche ed

economiche dell'Abissinia, e gli domanda se sarebbe

disposto adaccettare « l'onorevole ufficiodi negoziare

e firmare il trattato, qualora S. E. il Conte di Cavour,

cui io rassegnerei allora >aposizionedegli atti, approvi,

come io credo, il progetto, e le mandi le sue proprie

istruzioni e i pieni poteri ottenuti dal Re per V. S. III.

e Rev. » (II).

Pochi giorni dopo aver ricevuto il dispaccio del

cav. Negri, mons. Massaia risponde da Lagamara-

Gimma (

8

° lat. N. 33’ long. E.) con una lunga lettera,

che porta la data del 1° febbraio 1858. Il dispaccio

del cav. Negri, adunque, aveva impiegato più di un

anno per giungere nel regno di Gimma! Mons. Mas­

saia si compiace col Governo di S. M. Sarda «per

tutte le operazioni che ha fatte e cerca di fare al­

l’estero, le quali non mancheranno certamente di

preparare alla patria un avvenire molto glorioso»;

ma poi dice chiaramente che i trattati, che eventual­

mente si potessero fare con i principi dei paesi in

cui si trova sarebbero « trattati

ad honorem

», perchè

questi paesi «sono sequestrati da tutti i littorali

in modo che sono affatto inaccessibili ».

Dà quindi l’elenco dei sudditi sardi residenti nel

suo Vicariato:

1° Fr. Guglielmo Massaia dalla Piovà, prov. di

Casale, Vescovo;

2° P. Felicissimo da Cortemilia, Prefetto del-

l’Ennarea;

3° P. Cesare di Castelfranco, Prefetto di Caffa;

4° P. Leone des Avanchères, delegato per la

costa in Lamo;

5° P. Gabriele da Rivalta, missionario in Lamo.

Sono tutti cappuccini, la più parte della provincia

di Torino. Da Lamo si fanno tentativi per aprire una

strada verso l’Etiopia meridionale, e specialmente

verso il Caffa. Infine il Massaia prega il cav. Negri

perchè faccia in modo che l'Accademia delle Scienze

di Torino gli faccia tenere «degli strumenti per le

topografiche osservazioni, cogli opportuni calendari

dei calcoli fatti: potrei fare osservazioni da Caffa

fino aWallamo, perchè da Caffa in qua sono già state

fatte dal cav. Antonio d'Abbadie». Dell’invio di

questo dispaccio il cav. Negri certo fece avvisato

il can. Ortalda, il quale pure scrisse quasi contem­

poraneamente al Massaia. L’importante lettera di

risposta al can. Ortalda già fu pubblicata in questa

Rivista pochi mesi or sono (aprile 1935-XIII).

In seguito mons. Massaia incaricò l'attivo e dotto

missionario savoiardo. P. Leone des Avanchères, di

fornire al Governo di Torino tutte le notizie che lo

potevano interessare, ed ii P. Leone si manterrà in

attiva corrispondenza col can. Ortalda, col cav. Cri­

stoforo Negri ed anche col conte Cesare Balbo. A

questa corrispondenza tra il Ministero degli Esteri

di Torino, il Massaia e i suoi dipendenti, altre se ne

intrecciano fra lo stesso Ministero e ii sig. Antonio

Risso, che il P. Leone aveva raccomandato al Cavour

quale console del Governo Sardo a Massaua, e col

P. Giovanni Stella, che in una sua lettera del 3ottobre

1859 al Conte di Cavour fornisce interessanti notizie

sul paese dei Bogos.

Con sua lettera del 12 febbraio 1859 il P. Leone

aveva proposto al Conte di Cavour un trattato di

amicizia col ras Negussiè, che affannosamente cer­

cava aiuti in Europa per poter resistere al negus

Teodoro: ma il cav. Negri risponde

(6

settembre 1859)

che il Governo sardo non intende concludere un

trattato con Negussiè, che non è il sovrano più

potente dell'Abissinia. Come è noto, il negus Teo­

doro sconfisse poco dopo il Negussiè, e lo uccise.

Lo stesso P. Leone aveva proposto un trattato anche

col negus Teodoro (2 aprile 1859).

Che il Governo di Torino aspirasse alla fonda­

zione di una colonia sulle coste del Mar Rosso, e

non solo a stringere relazioni di amicizia e di com­

mercio con l’Abissinia, è dimostrato da una lettera

al Conte di Cavour nella quale il P. Leone scrive che

1*Abissinia, dopo l’apertura del Canale di Suez,

offrirà dei grandi interessi al commercio europeo,

ed è un paese fra i più interessanti sia per il suo clima

e la sua popolazione, sia per i grandi vantaggi che

offrirebbe alla fondazione di una colonia italiana

«comme le gouvernement de S. M. l’a en vue».

Formatosi il Regno d’Italia, e mancato troppo

presto il Conte di Cavour, cessano le relazioni uffi­

ciali o semiufficiali fra l’Italia e gl’italiani residenti in

Abissinia per la fondazione di una colonia. In un pro­

memoria del 28 settembre 1861 il cav. Negri rias­

sume per il barone Ricasoli la storia delle relazioni

tra il Ministero degli Esteri e i Missionari piemontesi

residenti nell‘Abissinia, e termina dicendo che

« l’Abissinia, e in generale tutta la costa orientale

sino a Zanguebar, si discopre adesso siccome paese

d'incommensurabile valore produttivo, salubre nel­

l’interno per la molta elevazione, ripieno di vastis­

simi laghi e di linee di comunicazione di fiumi navi­

gabili ».

Nonostante questo roseo quadro dell'Africa

Orientale, per parecchi anni l’Italia trascurò l'Abis-

sinia. Tre anni dopo l’acquisto di Assab, per opera

della compagnia Rubattino, vediamo di nuovo Mon­

signor Massaia redigere la lettera con cui Menelik

volle accompagnare i doni che per mezzo di un certo

Abbà Micael inviava al Re d'Italia. Il Massaia, però,

alla lettera di Menelik aggiunse pure una sua lettera,

dettata con nobile franchezza, al re Vittorio Ema­

nuele, e un'altra di rispettoso ossequio al Sommo

Pontefice.

L'invito abissino, Abbà Micael, ricevuto il 5 no­

vembre 1872 in udienza dal Re, diffuse per Roma e

per l'Italia una quantità di fandonie e di esagerazioni

sull'Abissiliia e sugli Abissini, magnificando la po­

tenza*e la bontà di Menelik, e la sua simpatia per

gl'italiani. Nella lettera di risposta il Re d'Italia rac­

comanda alla benevolenza di Menelik quegli Italiani

che, per amore di studi e per ragioni di amichevoli

commerci, si recassero ne' suoi domini. Al Massaia

Vittorio Emanuele II scriveva: « ... Facendo appello

so