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I PIONIERI PIEMONTESI NELL'AFRICA ORIENTALE

la Società di Esplorazione commerciale di Milano

aveva aumentato i suoi capitali per intensificare la

sua attività, così esprime la sua gioia, scrivendo a

Gustavo Bianchi: «Mi fa piacere di vedere la nostra

giovane Italia sulla via del progresso». E il desiderio

di far onore all'Italia compare spesso nelle lettere

dei due artigiani piemontesi.

UN GIORNALISTA: AUGUSTO FRANZOI

Tra i figli del nostro Piemonte che, nella seconda

metà del secolo scorso, subirono l’attrazione irre­

sistibile dell 'Africa, occupa un posto del tutto spe­

ciale Augusto Franzoi, il cui nome e le cui opere

meritano di essere meglio conosciute dagli Italiani.

D'indole battagliera, irrequieta, insofferente d'ogni

vincolo, Augusto Franzoi, nato nel 1849 a San Ger­

mano Vercellese, fu detto da Paul de Cassagnac

« un type réussi de la race endurante et ténace du

Piémont qui fournit à ('Italie les meilleurs soldats,

à l'Europe le plus rudes travailleurs, avec un tem-

pérament méridional, un coeur d'or, une àme de

fer» (

21

).

Compiuti gli studi classici a Vercelli, entrò giova­

nissimo nelle file dell'esercito, prendendo parte alla

non felice campagnadel 1866. Attratto dal programma

mazziniano, si trovò immerso in un mare di guai:

processi, perdita del grado, prigionia, duelli. Lasciato

l'esercito, il Franzoi si stabilì in Torino, ove si diede

al giornalismo, collaborando specialmente in fogli

radicali. Ma il soldato della penna, come ebbe a

scrivere Nino Pettinati, non differiva dal soldato del

fucile. Imprigionato, ebbe a scontare parecchie pene

per reati di stampa, poi altri processi e altre puni­

zioni per reati di duello, che troppo audacemente,

troppo frequentemente commetteva. Anche la sua

turbolenta carriera giornalistica, lo infastidì, ed eccolo

esule nella Svizzera, in Francia, nel Belgio, nella

Spagna, sempre in cerca di qualcosa di nuovo, che

appagasse il suo temperamento esuberante, incapace

di resistere alla monotonìa di una vita metodica e

tranquilla (

22

).

Non è meraviglia che l'Africa, donde giungevano

notizie sulle ardite imprese di Orazio Antinori,

Cecchi, Chiarini, e di altri esploratori italiani, abbia

finalmente esercitata la sua attrazione sul Franzoi.

Qui non mancavano le cose nuove, le imprese arri­

schiate, i pericoli da superare: era l'ambiente adatto

per l'esuberante e irrequieto vercellese.

Nei primi giorni del 1882 Augusto Franzoi faceva

vela verso l'Egitto. Fornito di scarsi mezzi finanziari,

senza speciali incarichi e aiuti di Società Geografiche,

e tanto meno del Governo, egli, dopo una breve

dimora in Alessandria d'Egitto, è al Cairo, donde

invia a parecchi giornali italiani brillanti corrispon­

denze sull'Egitto e sugli Egiziani. Queste lettere dal­

l'Egitto, e poi da Massaua (giugno-luglio), da Kala-

meta, da Keren (agosto), da Cassala e finalmente da

Galabat (novembre-dicembre 1882) costituiscono la

materia del volumetto

Aure Africane

(Milano, Casa

editrice Galli di C. Chiesa e F. Guindani, pagg. 149)

che Augusto Franzoi pubblicò nel 1892, quando buona

parte di quei paesi, percorsi e descritti dieci anni

prima, era entrata nella sfera d'azione dell'Italia. Il

volumetto porta questa dedica: « Al colonnello Fede­

rico Piano - ad Ugo Ferrandi - con affetto fraterno

dedico queste povere pagine - le quali riassumono i

miei primi passi - sul continente africano - che essi

illustrano col coraggio e colla scienza». Il colonnello

Federico Piano, capo di stato maggiore del generale

Baldissera, ebbe una parte onorevole nella storia

della conquista dell'Eritrea; del capitano Ugo Fer­

randi, novarese, tratteremo in seguito (23).

L'avventuroso suo viaggio nell'Abissinia Augusto

Franzoi lo descrisse nel volume

Continente Nero,

pub­

blicato aTorino nel 1885 (Roux e Favaie, pagg. XXX,

350), che comincia con queste parole: « Fino al

Galabat ho mandato lettere ai giornali d'Italia. E sic­

come non ho il tempo di cercarle per appiccicarle

qui in cima, così lascio alla buona memoria od alla

buona volontà- del lettore di procurarsele o farne

senza, lo comincio le mie note di viaggio, così come

le trovo sul mio giornale, dalla partenza dal Galabat,

ove ero giunto passando per Massaua, pel Bogos,

per Cassala e per Gedarif». In questi periodi vi è

10 stile del Franzoi: spezzato, agile, senza lenocini

di forma, ma spesso colorito e sempre vigoroso.

« Chi ha, come te - gli scriveva il Carducci - da rac­

contare fatti veri, nuovi e mirabili, basta che li rac­

conti con attenzione e rilievo d'uomo onesto e di

osservatore sperimentato, e fa un libro che si legge

da capo a fondo con allettamento, con piacere, con

vantaggio grande. La forma vien da sè a una materia

ben compresa e ben maneggiata » (24).

Ci è impossibile seguire il Franzoi nella sua lunga

e avventurosa peregrinazione durata circa due anni

attraverso le terre dell'Abissinia: non ci resta che

raccomandare la lettura del suo volume

Continente

Nero,

troppo poco noto al così detto gran pubblico,

eppure anche oggi ricco d'interesse, e quanto mai

utile per penetrare nell'anima dei popoli che abitano

l'Abissinia. Brevi e rapide sono le pennellate che il

Franzoi dedica al paesaggio; ma nella rappresentazione

degli uomini, grandi e piccoli, con cui viene a con­

tatto. e nella narrazione delle sue avventure, egli è

qualche volta insuperabile, per la vivacità della forma

e per l'efficacia dell'espressione.

Uno dei primi capi abissini con cui entra in rela­

zione è il governatore di Fenda, capoluogo di Cilga,

1 gran

xium

Danascium Fencia. Interessante è la

narrazione dei suo colloquio con questo capo.

« — Sei giunto bene? —mi domandò: dopo aver

palpato fn'minuzioso esame il mio abbigliamento.

« — Sono giunto benissimo.

« — E il tuo re sta bene?

« — L'ultima lettera che mi scrisse porta eccel­

lenti notizie di lui e tanti saluti per te — risposi

imperturbabilmente.

« — Come passa il suo tempo?